LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14041-2020 proposto da:
CONSORZIO FARMACEUTICO INTERCOMUNALE, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA, 32, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO SANTORIELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCELLO MUROLO;
– ricorrente –
contro
M.A., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO DELLA PORTA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 561/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 23/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’Appello di Salerno, con la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibile per tardività il gravame proposto dal Consorzio Farmaceutico Intercomunale nei confronti di M.A. avverso la decisione del Tribunale di Nocera Inferiore n. 797/2018 che aveva rigettato la domanda del Consorzio volta alla ripetizione di talune indennità corrisposte alla dipendente;
2. la Corte territoriale ha così argomentato: l’appello “e’ stato proposto solo con ricorso depositato in data 29/10/2018, oltre il termine c.d. “lungo” previsto ex art. 327 c.p.c., decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza in data 26/04/2018"; “nella fattispecie in esame la sentenza risulta appunto pubblicata tramite deposito cartaceo in cancelleria con contestuale inserimento telematico nel SICID (art. 133 c.p.c., comma 1) in data 26/04/2018”; contrariamente all’assunto dell’appellante “la sentenza era stata depositata in forma cartacea con timbro di depositato fisicamente apposto dalla cancelleria ed immediato inserimento telematico nel SICID nello stesso giorno, il che rendeva la detta sentenza ancora più agevolmente e direttamente consultabile tramite modalità telematica, pure in orari di chiusura della cancelleria”;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente Consorzio con un motivo; ha resistito con controricorso M.A.;
4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale; la controricorrente ha comunicato memoria che sana il difetto dell’avviso di fissazione dell’adunanza camerale nei suoi confronti.
CONSIDERATO
che:
1. con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione del D.L. n. 179 del 2021, art. 16 bis, del D.M. (Giustizia) 21 febbraio 2011, n. 44, art. 15, dell’art. 133 c.p.c., con conseguente falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c.; si eccepisce che la Corte territoriale sarebbe incorsa in “errore di fatto”, allorquando ha ritenuto che “la sentenza del giudice del lavoro di Nocera Inferiore sarebbe stata inserita telematicamente nel ***** in data *****”; si deduce che tale è “la data nella quale il giudice di primo grado ha trasmesso alla cancelleria il provvedimento redatto in formato cartaceo” e che la cancelleria avrebbe provveduto ad inserirlo nel fascicolo informatico solamente il *****; si argomenta che solo da quest’ultima data la sentenza sarebbe divenuta “conoscibile da terzi”, con conseguente decorrenza del termine semestrale cd. “lungo” per impugnare, nella specie rispettato dal Consorzio appellante;
2. il motivo è infondato;
non è in contestazione che la sentenza di primo grado sia stata redatta in forma cartacea e che sia stata depositata in cancelleria, lamentando piuttosto parte ricorrente che la stessa sarebbe stata inserita nel SICID solo in data 4 luglio 2018, data da cui il Consorzio ritiene debba essere computato il termine per l’impugnazione in appello;
l’assunto non può essere condiviso dovendosi dare seguito all’orientamento in base al quale, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, in caso di provvedimento giudiziale in formato cartaceo, cui sia applicabile ratione temporis il termine semestrale di decadenza ex art. 327 c.p.c., nel testo modificato dalla L. n. 69 del 2009, il dies a quo coincide con l’attestazione dell’avvenuto deposito; non trova, infatti, applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elettronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica, mediante PEC, che il procedimento decisionale si completa, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui alla summenzionata norma (v. Cass. n. 9546 del 2020 con la giurisprudenza ivi richiamata);
3. pertanto il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
non può trovare accoglimento, invece, la richiesta di condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, formulata dalla controricorrente; come noto detta disposizione prevede una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata previste dallo stesso art., commi 1 e 2, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente (Cass. n. 20018 del 2020 e Cass. n. 3830 del 2021); reputa il Collegio che tale abuso non sia ravvisabile nella specie, non ricorrendo un’ipotesi assimilabile ad una di quelle esemplificativamente previste da questa Corte, quali la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi palesemente inammissibili, oppure incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privi di autosufficienza oppure contenenti la mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia, oppure fondati sulla deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, ove sia applicabile, ratione temporis, l’art. 348 ter c.p.c., u.c. (v. Cass. n. 22208 del 2021);
occorre poi dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%, con attribuzione al procuratore della controricorrente, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022