Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.553 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26679-2019 proposto da:

I.P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 16/D, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SALVATORI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIORGIO FRUS, ANDREA BUCHICCHIO;

– ricorrente –

contro

BAOMARC AUTOMOTIVE SOLUTIONS SPA, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati RUGGERO PONZONE, GIOVANNA PACCHIANA PARRAVICINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 256/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/10/2021 dal Presidente Relatore Dott. LUCIA ESPOSITO.

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza impugnata, ha respinto le domande avanzate dall’ing. I.P.V. nei confronti di Baomarc Automotive Solutions s.p.a., già Emarc s.p.a., dirette alla declaratoria di nullità del patto di prova e all’impugnazione del recesso datoriale, con l’adozione dei provvedimenti conseguenti.

2. Il ricorrente aveva dedotto di essere stato assunto con lettera ***** e decorrenza ***** con contratto di lavoro a tempo indeterminato e qualifica di dirigente; che l’assunzione era subordinata all’esito favorevole di un periodo di prova della durata di sei mesi; che le mansioni e l’oggetto della prova erano state individuate contrattualmente come “direzione supply Chain”; che con lettera del ***** la società gli aveva comunicato il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova.

3. Rilevava la Corte territoriale, per quanto in questa sede interessa, che la previsione del patto di prova era sufficientemente determinata, facendo rinvio al contratto collettivo di riferimento e alla qualifica di dirigente rivestita e non potendosi ritenere generica la dizione direzione supply Chain quale concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa, trattandosi di funzione alla quale il ricorrente si era espressamente candidato, allegando anche il proprio curriculum nel quale compariva pregressa esperienza specifica in tale ruolo.

4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione I.P.V. sulla base di due motivi, illustrati con memoria.

5. La società resiste con controricorso.

6. La proposta del relatore, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata è stata notificata alla controparte.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2096, e del combinato disposto degli artt. 1346,1418 e 1419 c.c., rilevando l’erroneità dell’affermazione secondo cui la sintetica espressione “Supply Chain”, per di più anglosassone, in assenza di indicazione delle mansioni concretamente o astrattamente riconducibili alla relativa nozione, concreterebbe l’indispensabile descrizione della specificità delle mansioni assegnate al lavoratore assunto in prova, richiesta dalla legge. Soggiunge che il richiamo a criteri soggettivi, quali la conoscenza da parte del ricorrente delle mansioni assegnate in considerazione del pregresso bagaglio lavorativo e dell’apprendimento in corso d’opera dei compiti richiestigli grazie all’inserimento nell’organico aziendale e alle occasionali visite in azienda nel periodo compreso tra la stipulazione del patto di prova e l’inizio dell’attività lavorativa, è privo di rilievo giuridico, mentre la clausola contrattuale era da reputare nulla per indeterminatezza e indeterminabilità del suo oggetto, in violazione dell’art. 1346 c.c., e dell’art. 1418 c.c., comma 2, avendo la Corte colmato la lacuna contrattuale attingendo a elementi esterni al patto di prova la cui forma scritta è richiesta ad substantiam.

2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 132c.p.c., e degli artt. 24 e 11 Cost., e nullità della sentenza per carenza del requisito della motivazione, avendo la Corte d’appello ignorato, senza confutarle, le ragioni fattuali, logiche e giuridiche espresse dal Tribunale a fondamento della propria decisione.

3. Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento, poiché l’indicazione delle mansioni da svolgere nel corso del periodo di prova soddisfa il requisito della specificità, nei termini in cui essa è richiesta con riferimento alle mansioni dirigenziali, per le quali non necessitano indicazioni di dettaglio (Cass. n. 1957 del 27/01/2011, Cass. n. 17591 del 04/08/2014), essendo sufficiente che, in base alla formula adoperata nel documento contrattuale, le stesse siano determinabili.

4. Tanto ricorre nel caso in esame, non potendosi ritenere condizionante in senso negativo l’espressione anglosassone utilizzata nel contratto (direzione supply Chain), intesa a significare l’attività relativa alla direzione degli acquisti e della catena di distribuzione, espressione evidentemente di uso comune, posto che era stata utilizzata anche dal ricorrente nella mail di presentazione all’azienda, mentre i compiti spettanti al dirigente, nell’ambito del settore così delimitato, risultano specificati mediante rinvio alla declaratoria del contratto collettivo, individuandosi nelle mansioni assegnate un contenuto di attribuzione del ruolo di responsabile del settore (Cass. n. 9597 del 13/04/2017).

5. Per altro verso, appare corretto anche il richiamo, ai fini dell’interpretazione del contratto, ad altri elementi extratestuali ricavabili dalla condotta delle parti, quali il pregresso bagaglio lavorativo esplicitato nel curriculum, ritenuto consentito dalla giurisprudenza di legittimità anche con riferimento al patto di prova (Cass. n. 24560 del 01/12/2016, Cass. n. 16181 del 28/06/2017).

6. Manifestamente infondato e’, poi, il secondo motivo di ricorso, integrando l’iter motivazionale il nucleo minimo essenziale utile a far comprendere il contenuto della decisione nei termini indicati da Cass. 8053/2014.

7. Il ricorso, conclusivamente, deve essere rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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