LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15756-2020 proposto da:
S.A., D.M.N., entrambi in proprio e nella qualità di eredi di D.M.A., nonché D.M.C., D.M.M., nella qualità di eredi di D.M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VAGLIA 37 SC E, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MARANO, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIOLINO CONTE;
– ricorrenti –
contro
G.R., T.V., SA.AS.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 586/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 21/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA GRAZIOSI.
RILEVATO
che:
Con atto di citazione del ***** Sa.As. e T.V. convenivano davanti al Tribunale di Cosenza D.M.A. e G.R. per ottenerne il risarcimento dei danni che avrebbe cagionato a immobile di loro proprietà un incendio il ***** in un appartamento condotto da G.R. e di proprietà di D.M.A..
Si costituiva D.M.A., ottenendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti della comproprietaria S.A., la quale, peraltro, si costituiva dopo la sopravvenuta morte del marito D.M. unitamente ai suoi figli ed eredi D.M.N., D.M.C. e D.M.M..
Si costituiva anche G.R., che otteneva la riunione con un’altra causa instaurata da D.M.N. per chiedere appunto al conduttore il risarcimento dei danni, e nella quale in via riconvenzionale il conduttore G. aveva chiesto il risarcimento dei danni al locatore; in quest’ultima causa erano stati chiamati pure D.M.A. e S.A..
Dopo avere svolto istruttoria con prove orali ed espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale, con sentenza del 16 novembre 2015, accoglieva la domanda di Sa.As. e di T.V., condannando solidalmente i convenuti a risarcirli nella misura di Euro 8741,97, oltre accessori.
Proponevano appello principale S.A., D.M.N., D.M.C. e D.M.M.; proponeva appello incidentale G.R.; restavano contumaci Sa.As. e T.V..
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 21 marzo 2019, rigettava l’appello principale, assorbito l’incidentale.
S.A., D.M.N., D.M.C. e D.M.M. hanno proposto ricorso, da cui gli intimati non si sono difesi.
CONSIDERATO
che:
Il ricorso è composto da tre motivi.
1.1 Il primo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1588 e 2051 c.c..
Illustrato ampiamente il contenuto dell’art. 1588 c.c. – norma che prevede la responsabilità del conduttore anche nel caso di incendio salvo questo sia derivato da causa a lui non imputabile -, e rimarcata la sua diversità rispetto agli artt. 2043 e 2051 c.c., si conclude nel senso che sarebbe incomprensibile il motivo per cui il risarcimento non sia stato reso soltanto dal conduttore e perché la responsabilità di quest’ultimo “acclarata” non valga nei confronti dei terzi ai sensi dell’art. 2051 c.c., come responsabilità da omessa custodia.
1.2 In realtà, il giudice d’appello indica e illustra chiaramente le fonti delle rispettive responsabilità di locatore e condutture: e si è dinanzi ad una valutazione fattuale della loro sussistenza – in particolare il conduttore viene ritenuto responsabile per non adeguata manutenzione, mentre il locatore, come risulta da pagina 14 della sentenza, responsabile per essere la canna fumaria affetta da vizio di costruzione -.
La censura, dunque, sarebbe ammissibile soltanto se proposta in un gravame.
2.1 I secondo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, motivazione manifestamente e irriducibilmente contraddittoria nonché omesso fatto discusso e decisivo.
Il giudice d’appello ha ritenuto responsabile il locatore perché la canna fumaria da cui si è sprigionato l’incendio avrebbe avuto un vizio di costruzione; il proprietario, conservando la disponibilità giuridica del bene e quindi la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse inseriti, secondo il giudice d’appello è responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c., dell’incendio.
Oppongono i ricorrenti che questa impostazione confliggerebbe con S.U. 12019/1991, per cui è custode chi ha il governo della casa come potere giuridico e di fatto, cioè di poter intervenire per evitare pregiudizi ai terzi. Il giudice d’appello estrapolerebbe in modo distorto e incompleto dalla consulenza tecnica d’ufficio quanto concerne la posizione della canna fumarla, aggiungendo che essa sarebbe stata “conglobata all’interno dell’immobile”: da qui la responsabilità del locatore. Invece il consulente tecnico d’ufficio avrebbe qualificato la canna fumaria come “non incassata” nella muratura, con conseguente obbligo di custodia esclusivamente del conduttore.
2.2 Il giudice d’appello, invero, non afferma che la canna è “incassata”, ma soltanto (pagina 14 della sentenza) si riferisce genericamente alla responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., per “la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati”; e ciò dopo aver osservato che il consulente tecnico d’ufficio aveva “ravvisato una concausa dell’incendio nell’errata o mancata coibentazione della canna fumaria con le strutture in adiacenza”, dando così per possibile anche la “mancata coibentazione”, il che conduce la questione anche su un piano inammissibilmente fattuale.
Il motivo, quindi, in parte è inammissibile, in parte infondato.
2.3 Il terzo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione al riguardo di un fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’appello sulla domanda di risarcimento proposta dal locatore nei confronti del conduttore avrebbe rigettato travisando i fatti: ha ritenuto che correttamente il giudice di prime cure avesse rigettato per una transazione stipulata da locatore e condutture, in cui il locatore rinunciava soltanto al pagamento dei canoni se il conduttore tinteggiava i muri interni danneggiati dall’acqua utilizzata per spegnere l’incendio. Nel verbale dell’udienza del ***** il conduttore avrebbe riconosciuto che la ristrutturazione del tetto era stata compiuta dal proprietario.
3.2 Questo motivo appare riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, in ordine al contenuto della transazione: al riguardo, a pagina 15 della sentenza, la corte territoriale ne ha infatti indicato, in modo oggettivo e non interpretativo, un diverso contenuto, laddove afferma: “Quanto alla domanda di risarcimento danni da mancato guadagno dei canoni di locazione da maggio 2007 a gennaio 2008, correttamente il giudice di prime cure ha disposto il rigetto in considerazione dell’avvenuta transazione tra le parti, transazione nella quale il locatore ha espressamente rinunziato agli stessi a fronte dell’impegno del G. di ripristinare lo stato dell’immobile danneggiato”.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato; non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non essendovi stata difesa degli intimati.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a provvedere sulle spese processuali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022
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