Procedimento civile, valutazione delle prove, giudice di merito, insindacabilità del “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.5732 del 22/02/2022

Pubblicato il
Procedimento civile, valutazione delle prove, giudice di merito, insindacabilità del “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre

In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28412/2016 proposto da:

D.M.C., F.A., DE.MA.CA., elettivamente domiciliati in ROMA, Via T. Monticelli, 12, presso lo studio dell’avvocato Corrado Matera, rappresentati e difesi dagli avvocati Pasquale Villani, Matilde Grimaldi;

– ricorrenti –

contro

R.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via Alessandro Volta 45, presso lo studio dell’avvocato Raffaele Benevento, rappresentata e difesa dall’avvocato Gaetano Bruno;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 378/2016 della Corte d’appello di Salerno, depositata il 19/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2021 dalla Consigliera Dott. Annamaria Casadonte;

atteso che il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. R.M. ha convenuto in giudizio con atto di citazione notificato nel 2004 i confinanti sigg.ri D.M.C., F.A. e De.Ma.Ca. al fine di sentir accertare l’illegittimità delle opere dagli stessi realizzate e sentirli condannare alla loro eliminazione.

2. Ella ha, in particolare, esposto di essere proprietaria in ***** di un vano terraneo, sottoposto alla proprietà di D.M.C., F.A. e De.Ma.Ca., con annesso spiazzo antistante; aggiungeva che tale vano era provvisto, fin dalla sua costruzione, di una veduta diretta e obliqua verso il fondo confinante di D.M.C., F.A. e De.Ma.Ca..

3. L’attrice contestava a questi ultimi di aver illegittimamente occupato il piccolo spiazzo esclusivo di proprietà con una scala in ferro che raggiungeva il piano superiore e avevano realizzato in aderenza all’esistente unica veduta del vano terraneo della R., una costruzione che non rispettava le distanze prescritte dall’art. 907 c.c., dalla veduta diretta e obliqua esistente nel predetto vano e di cui non era stato possibile ottenere l’eliminazione in via bonaria.

4. L’adito tribunale di Nocera Inferiore accoglieva la domanda limitatamente alla scala a chiocciola esterna posizionata sul terreno di proprietà della R. rigettando nel resto le domande attoree.

5. Avverso la pronuncia di primo grado i convenuti hanno proposto appello contestando l’esistenza di un giudicato precedente che aveva accertato la comproprietà dello spazio antistante in capo ai medesimi D.M.C., De.Ma.Ca. e A. in forza di titolo di provenienza da P.S..

6. R.M. proponeva appello incidentale con riferimento alla domanda sull’illegittimità della nuova costruzione realizzata dai convenuti senza il rispetto della distanza dalla veduta.

7. La corte d’appello di Salerno ha rigettato l’appello principale e confermato la sentenza di prime cure in punto illegittimità della scala a chiocciola, ricostruendo sulla base dei titoli di trasferimento la proprietà esclusiva in capo alla R. dello spiazzo su cui la scala era stata realizzata.

8. La corte territoriale ha poi accolto l’appello incidentale proposto dalla R. ritenendo, diversamente dal primo giudice, la preesistenza della veduta rispetto alla costruzione realizzata dai coniugi D.M. e F. non prima dell’anno 2002 a distanza inferiore ai tre metri dalla veduta stessa, pervenendo a detta conclusione in forza delle dichiarazioni rese dai testi S. e V..

9. La cassazione della sentenza d’appello è chiesta da D.M.C., F.A. e De.Ma.Ca. con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso R.M..

10. Fissato all’udienza pubblica del 20 ottobre 2021, il ricorso è stato tuttavia trattato in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, e del D.L. n. 105 del 2021, art. 7, convertito nella L. n. 126 del 2021, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

11. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso venga respinto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

12. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1058 c.c., per non avere la corte territoriale riconosciuto in capo ai ricorrenti il diritto reale sullo spiazzo sul quale era stata realizzata la scala.

12.1. La censura è inammissibile perché i ricorrenti si erano opposti alla domanda di condanna alla demolizione proposta dalla R. eccependo il loro diritto di proprietà o di comproprietà sull’area in questione; con il ricorso allegano, invece, l’esistenza a loro favore di una servitù prediale costituita per testamento/contratto, diritto che pur appartenendo alla categoria dei diritti c.d. autodeterminati costituisce nondimeno un diritto reale diverso da quello di proprietà inizialmente eccepito in primo ed in secondo grado e pertanto oggetto di eccezione non ammessa per la prima volta avanti al giudice di legittimità.

13. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 1478 c.c. per avere la corte territoriale ritenuto, alla stregua delle risultanze documentali, che la signora R.M. fosse divenuta proprietaria esclusiva dello spiazzo sul quale era stata installata la scala, nonostante i suoi danti causa non ne fossero proprietari.

13.1. La censura è infondata perché prospetta una questione non evidenziata in sede di appello ove la corte territoriale ha, invece, all’esito di approfondita valutazione dei titoli di proprietà ritenuto che la scala a chiocciola in ferro si trova nella proprietà esclusiva della signora R. riportata in catasto come foglio 5 n. 204 sub 3 oggetto degli atti di trasferimento specificamente esaminati (cfr. pag. 5 della sentenza).

14. Con il terzo motivo si deduce, in relazione alla pronuncia di condanna degli appellanti principali all’arretramento del capannone in lamiera di loro proprietà sino al punto in cui rispetti la distanza di metri 3 dalla veduta diretta ed obliqua appartenente a R.M., la violazione dell’art. 902 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente valutato le risultanze della ctu e le fotografie ad essa allegate, dalle quali ad avviso dei ricorrenti si ricaverebbe che l’apertura è fornita internamente di una grata ed esternamente di una rete metallica e che, pertanto, avrebbe dovuto essere qualificata come luce irregolare.

14.1. La censura è infondata.

14.2. La corte territoriale ha precisato che sulla scorta di quanto evidenziato dal ctu a pag. 5 della relazione datata aprile 2008 l’apertura in questione è una veduta e tale specifico riferimento non è oggetto di censura.

14.3. Si tratta, peraltro, di apprezzamento riservato al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se correttamente ed adeguatamente motivato (cfr. Cass. 1232/1982).

14.4. Peraltro la stessa corte territoriale ha argomentato che la qualificazione dell’apertura in termini di veduta non era stata oggetto di impugnazione (cfr. pag. 7, secondo cpv.).

15. Con il quarto motivo si deduce, sempre con riguardo alla condanna al rispetto delle distanze dall’asserita veduta, la violazione dell’art. 907 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto la preesistenza della veduta con il conseguente diritto sul fondo vicino nei confronti della costruzione realizzata.

15.1. La censura è inammissibile perché riguarda un apprezzamento di fatto svolto dalla corte sulla base delle dell’esame delle deposizioni testimoniali, insindacabile nei termini formulati dalla corte di legittimità (cfr. Cass. sez. Un. 8053/2014).

15.2. In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (cfr. Cass. 21187/2019).

15.3. La corte d’appello ha proceduto alla valutazione delle prove entro il confine dell’apprezzamento di fatto ad essa rimesso, spiegando anche con riguardo alle deposizioni testimoniali i motivi del maggior rilievo attribuito a quelle dei testi S. e V. rispetto a quella del Fa. (cfr. pag. 6 della sentenza).

16. In definitiva il ricorso è destinato al rigetto.

17. In applicazione della soccombenza i ricorrenti vanno dichiarati tenuti alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti nella misura liquidata in dispositivo.

18. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in Euro 1430,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472