Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.6 del 04/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 19328/15 R.G., proposto da:

Z.S., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’avv.to Marino Marinelli e dall’avv.to Emanuele Coglitore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Confalonieri n. 4, presso lo studio dell’avvocato Coglitore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/29/15 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata in data 22 gennaio 2015, non notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita nella camera di consiglio del 26 ottobre 2021;

viste le conclusioni del sostituto procuratore generale, Dott. Roberto Mucci, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, con. conv. con mod. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, di rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Dalla sentenza impugnata risulta che, in data 27 settembre 2006, la società Apinox s.r.l. stipulò con la società statunitense Woodrow Mckinney & C. LLC un contratto denominato “impegno irrevocabile allo sconto pro soluto di crediti commerciali” (irrevocable commitment to purchase without recourse contract), per il quale la società Apinox s.r.l. contabilizzava, per l’anno di competenza 2006, un costo di Euro 134.904,00 a fronte di un versamento conseguente all’impegno irrevocabile dello sconto pro-soluto per Euro 59.976,17. Nella stessa annualità la società Woodrow Mckinney & C. LLC retrocesse alla società Apinox s.r.l., la somma di Euro 37.825,00 su conto corrente cifrato presso una banca di Lugano intestato a Z.S., legale rappresentante e socio di Apinox.

2. L’Agenzia delle entrate notificò a Z.S., avviso di accertamento, per l’anno 2006, per dividendi non dichiarati recuperando a tassazione maggiore imponibile Irpef di Euro 10.316,00.

3. Z.S. proponeva istanza di annullamento in autotutela rilevando la preclusione derivante dalla presentazione di dichiarazione riservata, ai sensi del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 13 bis, conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102. Poiché l’Ufficio rigettò l’istanza, il contribuente impugnò l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Treviso che, con sentenza n. 77/9/2013, rigettò il ricorso.

4. Il contribuente propose appello avverso tale sentenza che veniva respinto dalla CTR del Veneto; con la sentenza in epigrafe, i giudici di appello hanno superato le questioni preliminari sollevate dal contribuente, negando l’effetto preclusivo del cd. scudo fiscale per l’avvio di un procedimento penale a carico del Z. già prima della dichiarazione riservata da questi effettuata ai sensi del citato D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis e ritenendo la legittimità dell’avviso sulla base della presunzione di distribuzione degli utili occulti ai soci di società a ristretta base.

5. Z.S. ha proposto ricorso in cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi ed ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

6. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 13 bis, conv. L. 3 agosto 2009, n. 102 e del D.L. 25 settembre 2001, n. 350, art. 14, conv. L. 23 novembre 2001, n. 409, là dove la CTR ha ritenuto che la conoscenza, derivante da una perquisizione, dell’esistenza di un procedimento penale non consente al contribuente di opporre gli effetti del cd. scudo fiscale; secondo l’assunto del ricorrente in base alla lettera della norma (D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis), non può riconnettersi valenza impeditiva di ogni effetto del cd. scudo fiscale alla formale conoscenza dell’avvio di un procedimento penale anteriormente alla presentazione della dichiarazione riservata, dovendosi distinguere tra effetti favorevoli al contribuente di tipo amministrativo (art. 13 bis, comma 1, lett. a) e b)) ed effetti favorevoli di tipo penale (art. 13 bis, comma 1, lett. c), sicché l’avvio del procedimento penale (perquisizione del 2009) a carico del ricorrente prima della dichiarazione riservata (2 febbraio 2010) non può incidere sull’efficacia dello scudo fiscale a fini tributari (accertamento notificato il 29 ottobre 2010), operando per i primi la notifica formale dell’atto fiscale.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Il D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis, conv. in L. n. 102 del 2009, ha introdotto una forma (definita dalla dottrina “atipica”) di condono fiscale mediante l’istituzione di un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute al di fuori del territorio dello Stato in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale. Tale emersione risulta dalla presentazione, ad opera di un intermediario, di una dichiarazione riservata. Sul piano degli effetti, la dichiarazione riservata determina, da un lato, l’estinzione delle sanzioni amministrative, di natura tributaria e previdenziale, in relazione agli importi dichiarati, con riferimento ai periodi di imposta per i quali non erano ancora scaduti i termini per l’accertamento, dall’altro, l’inibizione dei poteri di accertamento dei competenti Uffici in materia tributaria e previdenziale per tutti gli imponibili correlati alle somme o alle attività oggetto della sanatoria per i periodi d’imposta che avevano termine al 31 dicembre 2008. La peculiarità di tale disciplina era quella di poter opporre lo scudo fiscale a qualunque tipo di accertamento.

2.2. Il citato D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis – applicabile ratione temporum alla fattispecie in esame – al comma 5, rinvia alla disciplina di cui al D.L. 25 settembre 2001, n. 350, art. 14, che aveva introdotto, per la prima volta, tale (atipica) forma di condono, secondo cui le operazioni di emersione non potevano produrre gli effetti (e, per quanto qui rileva, l’opponibilità all’accertamento) qualora, alla data di presentazione della dichiarazione riservata (D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 7), “una delle violazioni delle norme indicate al comma 1 è stata già constatata o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza. Il rimpatrio non produce gli effetti estintivi di cui al comma 1, lett. c), quando per gli illeciti penali ivi indicati è già stato avviato il procedimento penale, di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza”.

3. Sostiene il ricorrente che, non essendo stato notificato alcun atto contenente una contestazione fiscale, non ricorrono le condizioni previste dalla norma per escludere l’opponibilità delle dichiarazioni riservate, sicché la perquisizione penale effettuata a suo carico e prima della dichiarazione riservata (2 febbraio 2010), non può incidere sull’efficacia dello scudo fiscale a fini tributari (accertamento notificato il 29 ottobre 2010), anche considerando che non aveva avuto formale conoscenza del procedimento penale.

3.1. L’assunto del ricorrente non è condivisibile.

3.2. Va osservato, innanzitutto, che la disposizione in parola, quanto al regime di opponibilità dello scudo, non distingue tra procedimenti penali o tributari, previdenziali e sanzionatori, ma pone il requisito della “formale conoscenza” che gli interessati abbiano avuto dell’accertamento tributario (attraverso constatazione, accessi, ispezioni e verifiche o altre attività) o del procedimento penale a loro carico, come preclusivo degli effetti delle operazioni di emersione.

3.3. L’utilizzo della locuzione “formale conoscenza”, e non quella di “formale notifica”, porta ad escludere una piena equipollenza tra i due concetti (v. Sez. 5, 08/10/2020, n. 21697).

3.4. La formale conoscenza legata alla notificazione, infatti, è il frutto di uno specifico procedimento, che ha un regime proprio a seconda del tipo di notifica che viene effettuato e che ha il precipuo scopo di assicurare la legale conoscenza al destinatario dell’atto.

Viceversa, la “formale conoscenza” come intesa dal citato D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis, per effetto del rinvio alla normativa previgente, richiede che la conoscenza dell’interessato sia sorta in relazione al compimento di un atto procedimentale che lo abbia coinvolto. Proprio in virtù di tale coinvolgimento, è principio condiviso in dottrina e in giurisprudenza, che i benefici dello scudo fiscale si estendono ai soli soggetti che decidano “spontaneamente” di aderire all’istituto, ovvero a quei soggetti che non vi aderiscono perché già venuti a conoscenza di indagini tributarie o penali.

3.5. Ciò comporta che la “formale conoscenza” può derivare sia dalla notifica di un atto, sia dal compimento di altre attività procedimentali che, tuttavia, siano in diretto collegamento con il destinatario (partecipazione al contraddittorio, presenza fisica al compimento di un accesso o di una ispezione, contestazione in sede penale, l’avvenuta risposta ad un questionario, perquisizioni e sequestri preventivi) e ciò anche nel caso in cui manchi la prova di una pregressa notifica di tali atti.

3.6. D’altro canto, è la stessa norma che collega la formale conoscenza anche agli accessi, verifiche, ispezioni, ossia ad iniziative che non postulano la pregressa notificazione di un atto, bensì il compimento di attività su specifici atti di un procedimento. In tal senso, dunque, l’Amministrazione finanziaria può utilizzare, ai fini dall’accertamento, fonti diverse, compreso quelli derivanti da indagini penali in corso, come consente espressamente il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis e come avvenuto nella specie.

4. Da tanto ne deriva che, al fine di operare l’esclusione dell’opponibilità all’Amministrazione dello scudo, non occorre alcuna notificazione di atti fiscali, essendo sufficiente che il contribuente abbia avuto, prima della presentazione della dichiarazione riservata, “formale conoscenza” della procedura, fiscale o penale, a suo carico. In tal senso, la formale conoscenza può derivare anche da iniziative che non postulano la pregressa notificazione di un atto, ma riguardano il compimento di attività proprie del procedimento (tributario o penale), rientrando tra esse l’effettuazione di una perquisizione penale, in quanto tipico atto del procedimento penale ed in quanto fonte dell’accertamento tributario alla stregua del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis.

4.1. Nel caso all’esame – ove è pacifico che il decreto di perquisizione e l’informazione di garanzia sono stati notificati al Z. in data precedente (05/11/2009) alla presentazione telematica della dichiarazione riservata (effettuata in data 02/02/2010) – l’effettuazione di una perquisizione penale, quale atto tipico del procedimento penale, ha determinato in Z. la formale conoscenza dell’avvio del procedimento penale nei suoi confronti, rendendo operativa l’ultima parte della norma in parola a prescindere dalle attività poste in essere per iniziativa dell’Amministrazione o della parte privata.

5. Il secondo motivo è articolato sotto più profili di censura. Con esso il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2 e 3, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, in combinato disposto con l’art. 156 c.p.c., comma 2, per non aver la CTR considerato che l’atto di accertamento era stato emesso in carenza di prova, senza allegazione del documento da cui avrebbe dovuto trarsi la riconducibilità del conto cifrato estero “Teatrale” alla persona fisica del ricorrente e per aver dato una motivazione meramente apparente circa la disponibilità di detto conto – sul quale sarebbero transitate le somme di denaro restituite da Woodrow McKinney & Company LLC ad Apinox s.r.l. – alla persona fisica di Sergio Z..

5.1. Il mezzo è infondato in tutti i suoi profili di censura.

5.2. La CTR ha affermato la fondatezza della pretesa fiscale con un espresso riferimento alla documentazione “proposta” dall’Ufficio siccome probante la disponibilità della somma di cui ai conti correnti oggetto di accertamento, direttamente in capo al contribuente (“Nel merito l’accertamento dell’Ufficio merita conferma in quanto la documentazione proposta dall’Ufficio dimostra la disponibilità in capo alla persona fisica Z. e quindi risulta corretta la ripresa a tassazione dell’intera somma in capo allo stesso”); rispetto a tali evidenze documentali, ha poi ritenuto la totale carenza di prova contraria del contribuente (“su tale punto la parte non ha fornito alcuna prova contraria”).

5.3. Tale accertamento di fatto è coerente con quanto risulta dalla stesso atto (segnalazione del 30/09/2010) riprodotto, in parte qua, dal ricorrente (v. pag. 18 del ricorso) per autosufficienza, secondo cui: “come si rileva dagli altri due files contenenti entrambi un ordine di bonifico sul conto contraddistinto dal numero ***** con denominazione Teatrale tenuto presso la Clariden Bank di Lugano e che tale conto corrente e senza dubbio riferibile a Z.”, il che basta per escludere la denunciata carenza motivazionale dell’avviso di accertamento, considerato che alla stregua del disposto del citato D.Lgs., art. 42, non ricorre la carenza di motivazione l’avviso di accertamento che, pur rinviando ad altro atto, non lo alleghi, allorquando se ne riproduca il contenuto essenziale, sì da consentire al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di conoscere le ragioni dell’atto richiamato (cfr., ex plurimis, Cass. Sez. 5, 23/02/2018, n. 4396; Sez. 6-5, 04/06/2018, n. 14275).

6. La dedotta extrapetizione e’, invece, inammissibile, in quanto volta a censurare un mero argomento utilizzato dalla CTR, e desumibile dagli atti, ai fini del ragionamento sulla congruità della motivazione.

7. Egualmente risultano inammissibili le ulteriori censure riguardanti la motivazione apparente della sentenza impugnata, in quanto si risolvono nella critica all’apprezzamento delle prove operato, sia pure sinteticamente, dalla CTR.

8. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727-2729 e 2697 c.c., del D.P.R. n. 600 de 1973, art. 38 e s.s. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 s.s., nonché nullità della sentenza per violazione e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in combinato disposto con l’art. 156 c.p.c., comma 2, per aver la CTR confermato la ripresa a tassazione dell’intera somma versata da Apinox s.r.l. alla società statunitense Woodrow McKinney & Co., laddove sarebbe recuperabile, a tutto concedere, la minor somma retrocessa da quest’ultima ad Apinox sul conto cifrato.

8.1. Anche tale mezzo è inammissibile.

8.2. La decisione con la quale la CTR ha ritenuto la riconducibilità al Z. dell’intero importo (59.976,17) e non di quello ridotto in sede di restituzione (37.826,00), in quanto implicante una valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di prove presuntive, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni non sono sindacabili in Cassazione, con conseguente inammissibilità della censura evocata (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4,) (sulla valutazione della prova presuntiva e sui limiti del sindacato di legittimità per vizio di sussunzione, cfr. Sez. 6-1, 17/01/2019, n. 1234; id., Sez. 6-3, 13/02/2020, n. 3541).

9. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna Z. Sergio al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessivi Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta sezione civile della Corte di Cassazione, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472