LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19864-2016 proposto da:
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ROMA, rappresentata e difesa dagli avvocati NICOLO’ PEDRAZZOLI, ALBERTO PIZZOFERRATO e LUCIA BOBBIO;
– ricorrente principale –
contro
P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI, 24, presso lo studio dell’avvocato CARLO CONTALDI LA GROTTERIA, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO DE NARDIS;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 17/2016 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 25/02/2016 R.G.N. 58/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/10/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.
RILEVATO
CHE:
1. la Corte d’Appello di Trento, pronunciando sull’appello principale della Provincia Autonoma di Trento e sull’impugnazione incidentale di P.G., ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in applicazione del principio di non discriminazione, aveva accertato il diritto del P., insegnante della scuola provinciale assunto a tempo determinato con decorrenza dall’anno scolastico 1995/1996 ed immesso in ruolo il 1 settembre 2011, a percepire il medesimo trattamento retributivo riservato agli assunti a tempo indeterminato, condannando di conseguenza l’amministrazione provinciale al pagamento delle differenze maturate;
2. il giudice d’appello, in particolare, ha fatto decorrere il passaggio nella seconda posizione stipendiale dal 9 settembre 1999, anziché dal 1 settembre 1997, e quello nel terzo gradone dal 23 maggio 2006 e non dal 1 settembre 2004, ed ha quantificato le differenze retributive in complessivi Euro 17.596,07, sulla base dei conteggi effettuati dal consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale;
3. la Corte territoriale, ricostruito il quadro normativo, ha evidenziato che la del sistema di reclutamento scolastico rileva ai fini della valutazione sulla sussistenza o meno di una reiterazione abusiva, ma non giustifica la disparità di trattamento giuridico ed economico collegato all’anzianità di servizio, la cui legittimità va verificata alla luce della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 6 che quel principio ha recepito;
4. ciò premesso, ha evidenziato che la Provincia non aveva allegato e provato modalità di esecuzione della prestazione che consentissero di distinguere l’attività del personale di ruolo da quella degli assunti con contratto a termine e, quindi, di ritenere giustificata da ragioni oggettive la disparità di trattamento ed ha aggiunto che la valorizzazione dell’anzianità di servizio a fini retributivi si fonda sulla progressiva acquisizione di una maggiore professionalità, che si verifica in egual misura in entrambi i tipi di rapporto;
5. ha escluso che l’anzianità utile ai fini retributivi dovesse essere quantificata sulla base dei criteri, parzialmente innovativi, stabiliti dal CCNL del 2011 ed ha precisato che, una volta ritenuta non giustificata la disparità di trattamento, la disciplina applicabile è quella vigente per i dipendenti a tempo indeterminato nel momento in cui il rapporto a termine si svolge;
6. da ciò ha tratto l’ulteriore conseguenza dell’infondatezza della tesi, sostenuta dall’appellante incidentale, secondo cui il servizio utile ai fini della maturazione dell’anzianità doveva essere calcolato sulla base dei criteri più favorevoli previsti per la ricostruzione della carriera dopo l’immissione in ruolo ed ha ritenuto corretto il calcolo effettuato dal CTU che aveva, appunto, sommato i periodi di servizio inferiori all’anno;
6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Provincia Autonoma di Trento sulla base di due motivi, illustrati da memoria, ai quali ha opposto difese P.G., che ha notificato ricorso incidentale affidato ad un’unica censura.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo la Provincia Autonoma di Trento denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 312 del 1980, art. 53, del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485 e 526 della clausola n. 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, degli artt. 83 e 86 CCPL 29.11.2004 per il personale docente della Provincia di Trento, dell’art. 3 dell’accordo provinciale 15.5.2001 per il biennio economico 2000-2001, dell’art. 22 dell’accordo provinciale per il biennio economico 2008-2009;
1.1. richiamato il quadro normativo e contrattuale sostiene la ricorrente principale che il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio ai fini retributivi, lungi dall’essere discriminatorio, è giustificato da ragioni oggettive ed in particolare dalle peculiarità proprie del sistema di reclutamento del personale docente che, attraverso il cosiddetto doppio canale, consente ai supplenti di acquisire punteggi ai fini della definitiva immissione in ruolo, possibile a prescindere dal superamento di un concorso pubblico;
2. aggiunge che la differenziazione del trattamento retributivo è solo momentanea in quanto, all’esito della stabilizzazione, i docenti possono ottenere la ricostruzione della carriera ed il riconoscimento dell’anzianità pregressa;
1.3. rileva che ai rapporti a termine stipulati con il personale scolastico non si applica il D.Lgs. n. 368 del 2001 e deduce che ogni nuovo incarico, conferito secondo modalità che escludono la discrezionalità da parte del datore, comporta la costituzione di un rapporto distinto ed autonomo rispetto al precedente;
1.4. infine evidenzia che gli incarichi vengono conferiti per garantire la costante erogazione del servizio scolastico e, quindi, sono giustificati da ragioni oggettive;
2. con la seconda censura la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione della L. Provinciale n. 18 del 2011, art. 17 della Delib. Giunta Provinciale n. 744 del 2012, dell’art. 2 del CCNL 2011, del D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 17, convertito dalla L. n. 106 del 2011, ed assume, in sintesi, che solo gli assunti a tempo indeterminato alla data del 1 settembre 2010 sono stati esclusi dalla rimodulazione delle fasce stipendiali e, pertanto, il giudice del merito non poteva disporre la ricostruzione della carriera, della quale non ricorrevano i presupposti, senza tener conto dell’avvenuto accorpamento delle due fasce 0-2 e 3-8, nell’unica fascia 0-8;
3. il ricorrente incidentale censura il capo della sentenza inerente le modalità di calcolo dell’anzianità di servizio nel periodo pre ruolo e denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 469 e della L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, nonché dell’art. 54 del CCPL 15.10.2007, da interpretare in conformità alla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE;
3.1. sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nel non tenere conto degli intervalli di tempo non lavorati, ivi comprese le sospensioni estive degli incarichi non annuali, perché occorreva applicare il criterio di miglior favore previsto dal D.Lgs. n. 297 del 1994, richiamato art. 489 e quindi equiparare ad un intero anno il servizio prestato per almeno 180 giorni oppure ininterrottamente dal 1 febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale;
preliminarmente rileva il Collegio che deve essere disattesa la richiesta, annulata dalla ricorrente principale nella memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., di rimessione alle Sezioni Unite, giacché sul carattere discriminatorio delle disposizioni, legali e contrattuali, che non riconoscono il necessario rilievo, a fini economici, dell’anzianità di servizio maturata, in ambito scolastico, dagli assunti a tempo determinato, questa Corte si è già espressa a partire da Cass. n. 22558/2016 e l’orientamento, ormai consolidato, non è mai stato disatteso dalle successive pronunce, né emerge alcun contrasto fra il principio affermato e la soluzione data da Cass. n. 31149/2019 alla questione, analoga ma non coincidente, della ricostruzione della carriera successiva all’immissione in ruolo;
4.1. per le medesime ragioni non si ravvisano ragioni idonee a giustificare il rinvio a nuovo ruolo della causa per la successiva trattazione in udienza pubblica;
4.2. il procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice, disciplinato (all’esito delle modifiche apportate al codice di rito dal D.L. n. 168 del 2016, convertito nella L. n. 197 del 2016) dall’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., non va confuso con quello previsto dall’art. 376, art. 375, comma 1, e art. 380 bis, per i casi di inammissibilità o di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso, perché il legislatore ha affiancato alla procedura camerale, finalizzata ad accertare la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 375, comma 1, nn. 1 e 5, la pronuncia con ordinanza in camera di consiglio, alla quale la sezione semplice può fare ricorso “in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’art. 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio” (art. 375 c.p.c., u.c.);
4.3. nessuna delle condizioni ostative ricorre nella fattispecie, giacché entrambe le impugnazioni si prestano ad essere decise sulla base dei principi già affermati per il personale del comparto della scuola assoggettato alla disciplina statale ed alla contrattazione nazionale, dalla quale non si differenzia, negli aspetti essenziali, la normativa provinciale che viene qui in rilievo;
5. il primo motivo del ricorso principale è inammissibile nella parte in cui denuncia in via diretta la violazione dei contratti collettivi della Provincia Autonoma di Tento, giacché, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi di lavoro è consentita dall’art. 360 c.p.c., n. 3 soltanto in relazione alle fonti della autonomia collettiva di carattere “nazionale”, con esclusione dei contratti provinciali, anche delle province autonome, senza che tale limitazione possa dar luogo ad un dubbio di costituzionalità, atteso che il rilievo nazionale della disciplina, che giustifica l’intervento nomofilattico di questa Corte, rappresenta, altresì, l’elemento differenziale tra le fattispecie sufficiente a giustificare l’esercizio della discrezionalità del legislatore statale nel disciplinare i rimedi giurisdizionali (ex plurimis: Cass. n. 551/2021 e giurisprudenza ivi citata);
5.1. per il resto la censura è infondata, perché la stessa Provincia ricorrente non contesta che il sistema di progressione economica in ragione dell’anzianità di servizio riconosciuto in ambito provinciale al personale di ruolo sia sovrapponibile a quello previsto per i docenti della scuola statale e, così come accade per questi ultimi, non sia esteso anche agli assunti a tempo determinato;
individua, inoltre, la ragione obiettiva che giustificherebbe tale disparità di trattamento nella peculiarità della disciplina di reclutamento dei docenti a tempo indeterminato e di conferimento delle supplenze nella Provincia Autonoma di Trento – (L. PAT 7 agosto 2006 n. 5 e, per le assunzioni a termine, Regolamento di cui al Decreto del Presidente della Provincia 24 giugno 2008 n. 23-130/Leg.), che delinea un sistema del tutto omogeneo a quello previsto per i docenti dello Stato dal T.U. n. 297 del 1994;
5.2. devono, pertanto, essere ribaditi, in riferimento ai docenti a termine della Provincia Autonoma di Trento, i medesimi principi affermati in relazione al trattamento economico dei docenti a termine della scuola statale dalla giurisprudenza di questa Corte, ormai consolidata nel ritenere il carattere discriminatorio di tale trattamento, nella parte in cui non prevede, in ragione della natura a termine del rapporto di lavoro, alcuna progressione economica legata all’anzianità di servizio acquisita nel corso dei precedenti rapporti di lavoro (ex plurimis Cass. n. 15352/2020 e i precedenti ivi richiamati);
5.3. invero la Corte di Giustizia da tempo ha affermato che:
a) la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact; 13.9.2007, causa C-307/05, Del Cerro Alonso; 8.9.2011, causa C-177/10 Rosado Santana);
b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell’art. 137, n. 5 del Trattato (oggi 153 n. 5), “non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione” (Del Cerro Alonso, cit., punto 42);
c) le maggiorazioni retributive che derivano dall’anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 20.6.2019 in causa C-72/18, Ustariz Arostegui; Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata).
d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55; negli stessi termini Corte di Giustizia 5.6.2018, in causa C677/16, Montero Mateos, punto 57 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi);
5.4. i richiamati principi sono stati tutti ribaditi dalla Corte di Lussemburgo nella sentenza del 20.6.2019 in causa C-72/18, Ustariz Arostegui, secondo cui “la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che riserva il beneficio di un’integrazione salariale agli insegnanti assunti nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in quanto funzionari di ruolo, con esclusione, in particolare, degli insegnanti assunti a tempo determinato come impiegati amministrativi a contratto, se il compimento di un determinato periodo di servizio costituisce l’unica condizione per la concessione di tale integrazione salariale”;
5.5. le considerazioni svolte dalla Provincia ricorrente prescindono dalle caratteristiche intrinseche delle mansioni e delle funzioni esercitate dai docenti a termine e fanno leva sulla natura non di ruolo del rapporto di impiego e sulla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, argomenti già ritenuti dalla Corte di Giustizia non idonei a giustificare la diversità di trattamento (si rimanda alle sentenze richiamate nella lettera d del punto 5.3.) nonché sulle modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico e sulle esigenze che il sistema mira ad assicurare, ossia sulle ragioni oggettive del ricorso al contratto a tempo determinato, che rilevano ai sensi della clausola 5 dell’Accordo quadro e non sul piano delle ragioni richiamate nella clausola 4 (che attengono, invece, alle condizioni di lavoro che eventualmente distinguano i due tipi di rapporto in comparazione);
5.6. né il carattere discriminatorio del trattamento riservato agli assunti a tempo determinato in pendenza del contratto a termine può essere escluso facendo leva sulla circostanza che, in ambito scolastico, al personale successivamente immesso in ruolo è assicurato il riconoscimento dell’anzianità pregressa attraverso l’istituto della ricostruzione della carriera, posto che detta ricostruzione, in relazione alla quale valgono i principi affermati da Cass. n. 31149/2019, opera per il periodo successivo alla instaurazione del rapporto a tempo indeterminato e non elimina la disparità di trattamento pregressa;
6. è infondato anche il secondo motivo del ricorso principale perché il giudice d’appello ha deciso la controversia in conformità al principio di diritto affermato da Cass. n. 2924/2020, ribadito da Cass. n. 3180/2021 nonché da Cass. n. 8157/2021;
6.1. con le richiamate pronunce, alle quali il Collegio intende dare continuità, si è osservato che l’art. 2 del CCNL 4 agosto 2011, nella parte in cui limita il mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento ad personam, fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva, ai soli assunti a tempo indeterminato, viola la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e pertanto deve essere disapplicato in parte qua con conseguente estensione della medesima misura transitoria di salvaguardia anche al lavoratore a termine;
6.2. infatti, una volta esclusa, per le ragioni evidenziate nei punti che precedono, la legittimità del trattamento differenziato in ambito scolastico dell’assunto a tempo determinato rispetto al docente di ruolo comparabile, il diritto dell’Unione impone di estendere al primo le medesime condizioni di impiego riservate al personale a tempo indeterminato e fra queste rientra una disposizione transitoria, qual è quella che qui viene in rilievo, che nel passaggio ad un diverso sistema che valorizza in misura minore l’anzianità di servizio, salvaguarda il diritto già acquisito, limitando l’applicazione della nuova progressione stipendiale solo ai nuovi assunti;
7. parimenti infondato è il ricorso incidentale, sia perché si incentra su una norma, il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 489 come integrato dalla L. n. 124 del 1999, art. 11 che non trova applicazione nella fattispecie, sia in quanto prospetta una modalità di calcolo dell’anzianità di servizio che finirebbe per determinare una “discriminazione alla rovescia” in danno degli assunti a tempo indeterminato;
8. quanto al primo profilo occorre ribadire, in continuità con quanto già affermato in più pronunce di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. n. 35569/2021; Cass. n. 35232/2021; Cass. 17314/2020; Cass. n. 31149/2019) che l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato può essere fatta valere dal personale docente ed amministrativo della scuola sia per rivendicare, in relazione ai contratti a termine intercorsi fra le parti, le maggiorazioni retributive connesse all’anzianità stessa, sia per richiedere, successivamente all’immissione in ruolo ed alla stipula del contratto a tempo indeterminato, la ricostruzione della carriera ed il riconoscimento, a fini giuridici ed economici, del servizio in precedenza prestato;
8.1. si tratta di pretese che, seppure fondate entrambe sulla clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 99/70/CE, non sono sovrapponibili, perché fondate su elementi costitutivi diversi (in un caso la sola successione dei contratti a termine, nell’altro la prestazione a tempo determinato seguita dall’immissione in ruolo) e perché non coincidenti sono le disposizioni legali e contrattuali che vengono in rilievo;
8.2. in particolare per la prima delle due azioni il quadro normativo e contrattuale interno è rappresentato dai CCNL succedutisi nel tempo che, nel ribadire un criterio già indicato dal D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 526 parametrano la retribuzione spettante all’assunto a tempo determinato a quella “iniziale” prevista per il personale di ruolo (cfr. Cass. n. 22558/2016, richiamata da numerose successive pronunce), mentre la ricostruzione della carriera successiva all’immissione in ruolo trova la sua disciplina nel D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485 e seguenti per il personale docente, e negli artt. 569 e seguenti del richiamato T.U. per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (cfr. Cass. n. 31149/ 2019 e Cass. n. 31150/2019);
8.3. il giudice, quindi, in un caso è tenuto a verificare la compatibilità con il diritto dell’Unione della disciplina contrattuale che, in pendenza di rapporto a termine, non assegna alcun rilievo all’anzianità di servizio maturata, nell’altro se sia giustificato l’abbattimento dell’anzianità stessa che il legislatore nazionale ha operato riconoscendo solo parzialmente l’anzianità medesima, una volta concluso il contratto a tempo indeterminato;
8.4. nella fattispecie, nella quale pacificamente l’azione proposta era quella volta ad ottenere la parificazione, quanto al trattamento retributivo, agli assunti a tempo indeterminato in pendenza di rapporto a termine, non può venire in rilievo il criterio di computo dell’anzianità previsto dal D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 489 come integrato dalla L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, che riguarda il diverso istituto della ricostruzione della carriera successiva all’immissione in ruolo, ricostruzione che opera per il futuro e che non incide sul trattamento retributivo del quale il supplente ha già goduto;
9. si deve, poi, aggiungere che questa Corte, sulla base delle indicazioni date dalla Corte UE, con la sentenza n. 31149/2019, seguita da altre numerose conformi alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., ha affermato, nel valutare la natura discriminatoria o meno della disciplina della ricostruzione della carriera dettata dal T.U., che un problema di trattamento discriminatorio può fondatamente porsi nelle sole ipotesi in cui l’anzianità effettiva di servizio, non quella virtuale D.Lgs. n. 297 del 1994, ex art. 489 prestata con rapporti a tempo determinato, risulti superiore a quella riconoscibile D.Lgs. n. 297 del 1994, ex art. 485 perché solo in tal caso l’attività svolta sulla base del rapporto a termine viene ad apprezzata in misura inferiore rispetto alla valutazione riservata all’assunto a tempo indeterminato;
9.1. non è consentito, pertanto, all’assunto a tempo determinato, successivamente immesso nei ruoli, pretendere, sulla base della clausola 4, una commistione di regimi, perché la disapplicazione non può essere parziale né può comportare l’applicazione di una disciplina diversa da quella della quale può giovarsi l’assunto a tempo indeterminato comparabile;
9.2. correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha considerato, ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio, i soli periodi nei quali la prestazione è stata resa sulla base dei contratti a termine intercorsi fra le parti;
10. in via conclusiva devono essere rigettate entrambe le impugnazioni, con conseguente integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità, in ragione della soccombenza reciproca;
11. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente principale e dal ricorrente incidentale.
PQM
La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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