Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.726 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10000/2020 R.G. proposto da:

C.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Molaro;

– ricorrente –

contro

D.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Bruno Sellitti, con domicilio eletto in Roma, Via A. Locatelli, n. 1, presso lo studio dell’Avv. Roberto Valentino;

– controricorrente –

e contro

Società Cattolica di Assicurazione S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Federico Maria Corbò, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via A. Bertoloni, n. 55;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, n. 4405/2019, depositata l’11 settembre 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 novembre 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO

che:

con sentenza n. 4405/2019, depositata l’11 settembre 2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado che – pronunciando sulla domanda risarcitoria da responsabilità professionale proposta da C.C. nei confronti dell’Avv. D.A., in contraddittorio con la Cattolica Assicurazioni S.p.a., chiamata in garanzia dal convenuto – aveva rigettato la domanda “in ragione del difetto di allegazione e prova in ordine all’esistenza di un nesso di causalità tra i dedotti inadempimenti ed il paventato danno”;

per la cassazione di tale sentenza il C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono entrambi gli intimati, depositando controricorsi;

essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte;

il ricorrente e il controricorrente hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

il controricorrente, Avv. D.A., ha preliminarmente eccepito, nel proprio controricorso, l’inammissibilità del ricorso in quanto tardivamente proposto al di là del termine breve per impugnare;

l’eccezione, che oppone peraltro fatto processuale rilevabile anche d’ufficio, deve ritenersi fondata;

e’ documentato in atti che la sentenza è stata notificata, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3-bis, a mezzo p.e.c. in data 16 ottobre 2019 all’odierno ricorrente, nel domicilio digitale del difensore per esso costituito in grado d’appello (Avv. Anita Taglialatela): domicilio digitale espressamente indicato come domicilio eletto, senza alcun’altra specificazione, in alternativa a quello fisico in Napoli, nella procura conferita a margine dell’atto d’appello;

non può dunque dubitarsi che tale notifica sia idonea a far decorrere il termine breve per impugnare ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 170,285 e 325 c.p.c.;

e’ sufficiente rimarcare al riguardo che la L. 21 gennaio 1994, n. 53, come modificata dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 46, comma 1, lett. a), convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, consente liberamente “la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo di posta elettronica certificata” (art. 1) e condiziona tale modalità di notifica unicamente al fatto che l’indirizzo del destinatario risulti da pubblici elenchi (art. 3-bis), situazione certamente sussistente nel caso di specie perché, come attestato nella stessa relata, l’indirizzo p.e.c. dell’Avv. Taglialatela venne ricavato dal Registro INI-PEC (cioè, l’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico) e corrisponde del resto a quello indicato come domicilio eletto dalla stessa parte nella procura conferita per l’atto di appello (cfr. Cass. 11/05/2017, n. 11759);

tale idoneità (a far decorrere il termine breve per impugnare) va affermata anche a favore della compagnia d’assicurazioni chiamata in garanzia e per ciò stesso litisconsorte necessaria processuale (v. Cass. Sez. U. 04/12/2015, n. 24707);

deve, infatti, trovare applicazione il principio secondo cui “nei processi con pluralità di parti, quando si verta in ipotesi di litisconsorzio necessario o processuale, è applicabile la regola (propria delle cause inscindibili) dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica eseguita a istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e di quella destinataria della notificazione, l’inizio del termine breve per la proposizione dell’impugnazione contro tutte le altre parti, sicché ove, a causa della scadenza del termine, sia intervenuta la decadenza dall’impugnazione, questa esplica i suoi effetti non solo nei confronti della parte che ha assunto l’iniziativa di notificare la sentenza, ma anche nei confronti di tutte le altre parti” (Cass. 19/04/2002, n. 5697; 18/07/2003, n. 11237; 19/11/2015, n. 23662) considerata dunque la validità ed efficacia di detta notifica ai fini in questione, il termine (breve) per impugnare, pari a sessanta giorni (art. 325 c.p.c., comma 2), veniva a scadere il 16 dicembre 2019;

il ricorso è stato proposto, con atto notificato il 5 e 10 marzo 2020, ben al di là di tale termine e deve essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese in favore di entrambi i controricorrenti, liquidate come da dispositivo;

va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuno, in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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