LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8754/2016 proposto da:
CASFIM SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI MEO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COSTANTINO MURGIA;
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M.
CLEMENTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RAGUSO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO VILLA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 558/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/01/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Roma respingeva le impugnazioni delle delibere condominiali assembleari del 2 luglio del 23 ottobre 2007 proposte da Costantino Murgia, dalla società Casfim e da C.L., nella loro qualità di condomini dello stabile sito in *****.
2. Gli Attori proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
3. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione. In particolare, la Corte d’Appello di Roma rilevava che l’assemblea del condominio di ***** aveva approvato i bilanci preventivi 2007/2008 e il consuntivo 2006/2007 relativo alla gestione del riscaldamento, sulla base delle tabelle originarie allegate al regolamento condominiale, aventi natura contrattuale.
Secondo la parte appellante le tabelle da applicare dovevano essere, invece, quelle successivamente redatte dalla società costruttrice dello stabile in conformità al mandato irrevocabile ricevuto dai proprietari degli appartamenti in sede di stipula dei singoli atti di acquisto e sancito, comunque dal regolamento.
Infatti, l’art. 23 del regolamento condominiale conferiva alla società costruttrice la facoltà di depositare atti modificativi delle tabelle millesimali che si fossero resi necessari per altre diverse esigenze che l’esperienza dei primi periodi di gestione condominiale avesse fatto emergere.
Negli atti di acquisto delle singole unità immobiliari risultava che gli acquirenti avevano conferito alla parte venditrice mandato irrevocabile, non oltre la vendita dell’ultimo bene rimasto in capo alla costruttrice, di apportare modifiche alle tabelle millesimali ove necessario in conseguenza di errori ed omissioni ovvero utili per un miglior uso dell’intero complesso.
Come osservato dal Tribunale il presupposto concordato era la necessità di provvedere ad una migliore gestione delle cose comuni e di porre riparo ad errori ed omissioni, dunque, non era automatica la possibilità di modificare le tabelle millesimali. In ossequio alla distribuzione dell’onere della prova la parte che invocava l’applicazione delle nuove tabelle doveva dimostrare che la relativa approvazione era avvenuta nel rispetto dei requisiti previsti dal regolamento e dagli atti di acquisto. Nel caso in esame, invece, gli asseriti errori che avrebbero giustificato la modifica delle tabelle non erano stati posti a base dell’impugnazione delle delibere, tanto che il ricorso in primo grado risultava incentrato sulla violazione della norma pattizia di conferimento del mandato irrevocabile. L’esigenza di rettificare le tabelle risultava dedotta solo in fase di appello e dalla relazione tecnica allegata nel giudizio di primo grado non era possibile trarre adeguati riscontri in merito all’effettiva necessità di modificare le tabelle.
4. Casfim Srl e Costantino Murgia hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
5. Il condominio di ***** si è costituito.
6. All’adunanza in Camera di consiglio del 22 gennaio 2021 si è disposta l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di C.L. e la trattazione del ricorso è stata rinviata alla pubblica udienza per il rilievo nomofilattico della questione posta dal ricorso ed avente ad oggetto la validità di un mandato irrevocabile al costruttore per la modifica delle tabelle millesimali.
7. Con avviso notificato alle parti il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, senza la partecipazione delle parti che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
8. L’ufficio della Procura Generale ha presentato conclusioni scritte D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
I ricorrenti evidenziano che, in base alla norma del regolamento condominiale riportata anche nei singoli contratti di acquisto, la società costruttrice vittoria immobiliare Srl era legittimata ad apporre ogni necessaria modifica alle tabelle millesimali precedentemente in vigore. Si trattava di un mandato irrevocabile conferito alla suddetta società da tutti i condomini. Tale mandato era stato esercitato sul presupposto del grave errore riscontrato nelle precedenti tabelle del 2005 che avevano posto a carico dei condomini interessati il costo derivante dall’uso delle motoventilanti.
Pertanto, una volta che le nuove tabelle erano state introdotte dalla Vittoria Immobiliare sulla base delle prerogative e dei presupposti sopra indicati non era richiesta alcuna ratifica dei condomini interessati ed anzi vi era l’obbligo della loro osservanza stante l’immediata efficacia delle nuove tabelle.
In secondo luogo, la Corte d’Appello pur avendo riconosciuto che le tabelle millesimali approvate dalla vittoria immobiliare erano effettivamente intervenute, erroneamente contestava ai ricorrenti di non aver evidenziato nel giudizio gli asseriti errori che avrebbero giustificato la modifica delle tabelle. In realtà i condomini avevano chiesto l’applicazione delle nuove tabelle e non dovevano provare i presupposti della loro approvazione. Peraltro, la controparte non aveva mai impugnato le tabelle adottate dalla Vittoria Immobiliare nel 2007, e dunque le stesse dovevano ritenersi perfettamente valide ed efficaci.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, art. 2697 c.c., artt. 163 e 164 del c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La censura attiene al fatto che i ricorrenti già nel giudizio di primo grado avevano fornito ampia prova dell’errore delle tabelle millesimali del 2005 e della necessità di rimediarvi. In particolare, era stata allegata la relazione tecnica dell’architetto B. dalla quale risultava la presenza degli errori con riferimento alle motoventilanti che riscaldavano gli appartamenti dove le stesse erano collocate. Il ricorrente, pertanto, aveva fornito la prova dell’errore delle tabelle del 2005 e peraltro era onere della controparte di fornire la prova che le nuove tabelle non si giustificavano stante la mancanza di errori in quelle precedenti. Pertanto, l’azione era stata legittimamente proposta con riferimento all’intervenuta adozione del 2007 di nuove tabelle millesimali che dovevano essere applicate, risultando differenti e contrastanti con quelle originali del 2005 di cui invece era stata fatta applicazione.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 1123,1135,1137 c.c., in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
I ricorrenti hanno impugnato due delibere condominiali la prima, del 2 luglio 2007, con la quale si erano fatte rivivere le tabelle millesimali esistenti prima della modifica disposta dalla società Vittoria e la seconda, del 23 ottobre 2007, recante l’approvazione dei bilanci in applicazione delle tabelle del 2005.
Su tali domande i giudici avrebbero omesso di pronunciarsi. La sentenza, dunque, avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., e, peraltro, le nuove tabelle erano indiscutibilmente affette da nullità in quanto senza il consenso di tutti i condomini ed anzi con maggioranze assolutamente relative avevano modificato i criteri legali ex art. 1123 c.c.. E’ pacifico che le deroghe venendo ad incidere sul diritto individuale del singolo condomino attraverso un mutamento di valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. Sarebbero dunque stati violati anche gli artt. 1123,1135,1137 c.c..
4. I tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.
La fattispecie in esame può riassumersi nel senso che l’assemblea del condominio di *****, con la prima delle due delibere impugnate, ha approvato i criteri di riparto delle spese relative al riscaldamento sulla base delle tabelle allegate al regolamento predisposto dalla Società Vittoria srl, unica proprietaria venditrice di tutti gli appartamenti, senza tener conto delle modifiche unilateralmente apportate dalla medesima società, in esecuzione del mandato irrevocabile rilasciato dai singoli condomini al momento dell’acquisto dell’appartamento. Con la seconda delibera impugnata l’assemblea del condominio di ***** ha confermato la decisione di rifarsi alle tabelle originarie, approvando il bilancio consuntivo 2006/2007 e quello preventivo 2007/2008 sempre sulla base delle tabelle del 2005 e non di quelle modificate dalla Vittoria srl nel 2007.
Le suddette modifiche sono state predisposte unilateralmente la sentenza e il ricorso non chiariscono con quali modalità – dalla Società Vittoria sulla base di una clausola contrattuale presente anche nel regolamento condominiale secondo la quale: la parte acquirente degli immobili conferisce alla parte venditrice che accetta mandato irrevocabile ai sensi dell’art. 1723 c.c., comma 2, affinché non oltre la vendita dell’ultimo unità immobiliare di residua proprietà della parte venditrice abbia ad apportare al predetto regolamento di condominio e tabelle millesimali le modifiche o integrazioni che si rendessero necessaria in conseguenza di errori od omissioni, ovvero che risultassero utili per un miglior uso dell’intero complesso.
Nella specie la società venditrice, in forza del mandato ricevuto al momento della vendita e su espressa richiesta di un condomino (Casfim), ha dato mandato ad un architetto ( B.) di rideterminare le tabelle millesimali e successivamente ha fatto proprie le proposte del tecnico.
4.1 Il Procuratore Generale ritiene fondata la prospettazione dei ricorrenti perché le modifiche del 2007 sarebbero immediatamente efficaci in forza del mandato irrevocabile rilasciato dagli acquirenti delle singole unità immobiliari. Di conseguenza non sarebbe necessaria la ratifica da parte dell’assemblea condominiale, essendo, invece, sufficiente la mera manifestazione di volontà della società mandataria. Pertanto, i ricorrenti, nell’invocare l’applicazione delle nuove tabelle millesimali, non dovevano allegare o provare il rispetto da parte della mandataria dei criteri di modifica previsti nel mandato irrevocabile.
4.2 La questione principale posta dal ricorso, come evidenziato anche dal Procuratore Generale, riguarda l’immediata operatività delle modifiche alle tabelle predisposte dalla Società Vittoria o la necessità di una loro ratifica o approvazione da parte dell’assemblea. Ciò implica necessariamente una pregiudiziale interpretazione della clausola con la quale i condomini al momento dell’acquisto degli appartamenti hanno dato mandato irrevocabile alla modifica o integrazione delle tabelle condominiali, anche al fine di stabilirne la validità.
4.3 Ritiene il collegio che la suddetta clausola possa ritenersi valida solo se interpretata nel senso che il mandato che gli acquirenti degli appartamenti hanno dato alla società venditrice sia limitato alla mera predisposizione tecnica di eventuali modifiche alle tabelle millesimali, modifiche che, tuttavia, per essere efficaci necessitano dell’approvazione del condominio. Deve, infatti, farsi applicazione del criterio ermeneutico secondo il quale nell’interpretazione di una clausola contrattuale deve preferirsi il significato in relazione al quale la clausola acquisti un significato rispetto a quello che ne determini la nullità.
La suddetta clausola, interpretata come mandato irrevocabile a predisporre modifiche alle tabelle da intendersi già preventivamente approvate dai condomini, sarebbe nulla vista la sua genericità e comunque invalida e inopponibile ai medesimi condomini.
Infatti, la delega conferita al costruttore dell’edificio per la successiva redazione del regolamento e delle tabelle millesimali che sia contenuta nell’atto di acquisto dell’immobile per essere valida deve avere un contenuto specifico e determinato, mentre quella in esame, volta solo alla futura ed eventuale necessità di apportare modifiche, ha un contenuto del tutto generico e indeterminato. La clausola, infatti, è in parte riproduttiva dell’art. 69 disp. att. c.c., con riferimento alla correzione degli errori e, in altra parte, è di contenuto assolutamente indeterminato, visto il generico riferimento al miglior uso dell’intero complesso.
Inoltre, secondo il consolidato orientamento di questa Corte: “La clausola con la quale gli acquirenti di un’unità immobiliare di un fabbricato assumono l’obbligo di rispettare il regolamento di condominio – (del quale le tabelle costituiscono allegato: art. 68 disp. att. c.c., comma 1) – che contestualmente incaricano il costruttore di predisporre non può valere quale approvazione di un regolamento allo stato inesistente, in quanto è solo il concreto richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento già esistente che consente di ritenere quest’ultimo come facente parte per relationem di ogni singolo atto, sicché quello predisposto dalla società costruttrice in forza del mandato ad essa conferita non è opponibile agli acquirenti” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 3058 del 2020).
La clausola di conferimento del mandato irrevocabile, infatti, non implica l’accettazione preventiva di una disciplina derogatrice non ancora venuta, ad esistenza, mancando, al momento dell’acquisto da parte dei condomini, uno schema definitivo suscettibile di essere compreso, per comune volontà, nell’oggetto del negozio. Se dunque, non può darsi per approvato un regolamento inesistente, allo stesso modo non possono darsi per approvate modifiche future alle tabelle, anche in presenza di un generico mandato irrevocabile ad effettuarle per la correzione di errori o per un miglior uso dell’intero complesso.
Il riferimento del mandato a condizioni di modifiche che non rispecchiafno le sole condizioni poste dall’art. 69 disp. att. c.c. e fanno riferimento al miglior uso dell’intero complesso determina una situazione analoga a quella dei condomini che assumono l’obbligo di rispettare le tabelle da predisporsi in futuro con un contenuto atipico potenzialmente anche limitativo dell’estensione dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano nel condominio degli edifici il diritto di ciascun condomino o l’applicazione di criteri che deroghino quelli legali. In tali casi questa Corte ha ritenuto necessaria la preventiva predisposizione del regolamento da approvare perché il costruttore o venditore non ha il potere di redigere un qualunque regolamento, né è possibile approvare un regolamento (con le tabelle allegate) attualmente inesistente, atteso che solo il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto di uno specifico regolamento, già esistente, consente di considerarlo, per relationem, parte di tale atto (Sez. 2, Sent. n. 5657 del 2015).
In proposito, questa Corte ha avuto modo anche di chiarire che “le pattuizioni, contenute nell’atto di acquisto di un’unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini ovvero di quelle relative alle parti condominiali dell’edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunziate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche, oneri reali o, quanto meno, obbligazioni propter rem. Ne consegue che devono ritenersi invalide quelle clausole che, con formulazione del tutto generica, limitino il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali ed attribuiscano all’originario proprietario il diritto non sindacabile di apportare modifiche alle parti comuni” (Sez. 2, ord. n. 5336 del 2017).
La medesima statuizione di invalidità deve affermarsi con riferimento al mandato “in bianco” contenuto negli atti di acquisto di un’unità immobiliare compresa in un edificio condominiale all’unica parte venditrice a modificare le tabelle già predisposte “per correggere errori tecnici o per un miglior uso della cosa comune”.
D’altra parte, le modifiche alle tabelle millesimali di un condominio devono essere effettuate nel rispetto dell’art. 69 disp. att. c.c., tanto più in un caso come quello di specie ove è invocato un mero errore nella redazione delle tabelle da modificare. Infatti, secondo l’orientamento consolidatosi a partire dalle Sezioni Unite Sent. n. 6222 del 1997, l’errore che, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l’errore vizio del consenso, disciplinato dagli artt. 1428 c.c. e segg., ma consiste nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle, senza che in proposito rilevi il carattere negoziale della formazione delle stesse (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 3001 del 2010, Sez. 2, Sent. n. 4528 del 2001 Sez. 2, Sent. n. 4421 del 2001).
Deve anche evidenziarsi che, né dalla sentenza né dal ricorso, emerge la natura contrattuale o meno delle tabelle allegate al regolamento del condominio di *****. Infatti, le Sezioni Unite con la sentenza n. 18477 del 2010 hanno chiarito che ai fini dell’attribuzione alle tabelle condominiali della natura contrattuale non è sufficiente che le stesse siano allegate al regolamento di condominio e predisposte dall’unico originario proprietario ed accettate dagli iniziali acquirenti delle singole unità ovvero che abbiano formato oggetto di accordo da parte di tutti i condomini (Cass. 28.6.2004 n. 11960; Cass. 25.8.2005 n. 17276). La natura contrattuale delle tabelle millesimali discende dal fatto che risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’art. 1123 c.c., comma 1. La sostanza di una tale “diversa convenzione” è quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata, con cui i condomini programmano che la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio sia determinata in modo difforme da quanto previsto nell’art. 1118 c.c. e art. 68 disp. att. c.c.. Negli altri casi la tabella anche se approvata nel modo sopraindicato (allegata al regolamento di condominio, predisposta dall’unico originario proprietario ed accettata dagli iniziali acquirenti) non ha comunque natura contrattuale ma è meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, e quindi dell’esattezza delle operazioni tecniche di calcolo della proporzione tra la spesa ed il valore della quota o la misura dell’uso. Ne consegue che in tal caso la modifica della tabella può avvenire anche a maggioranza (qualificata) e non è necessaria l’unanimità.
Nella specie, come si è detto, non è dedotta la natura derogatoria e quindi contrattuale delle tabelle condominiali, al contrario la pretesa dei ricorrenti circa la necessità di apportare modifiche si fonda su presunti errori e, dunque, fa riferimento ai criteri legali, in conformità con quanto stabilito dall’art. 69 disp. att. c.c., il che lascerebbe intendere la natura non contrattuale delle tabelle in esame.
Ad ogni modo, sia che le tabelle millesimali in esame abbiano natura negoziale, sia che siano diretta applicazione dei criteri legali, il mandato generico alla revisione delle stesse per la correzione di errori o per il miglior uso del bene comune, per ritenersi valido deve intendersi come limitato alla predisposizione tecnica di modifiche da sottoporre all’approvazione dell’assemblea con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, o all’unanimità se si tratta di tabelle convenzionali.
I condomini ricorrenti non possono invocare l’operatività di modifiche alle tabelle condominiali di ripartizione delle spese del riscaldamento mai approvate dall’assemblea condominiale, peraltro senza neanche specificare se le stesse abbiano o meno natura contrattuale, nel senso chiarito dalla citata sentenza delle sezioni unite n. 18477 del 2010.
La Corte d’Appello, pertanto, sia pure in modo sintetico e fondandosi sulla decisione del Tribunale che aveva ritenuto necessaria la ratifica dell’assemblea della modifica unilaterale predisposta dalla Società Vittoria, ha correttamente affermato, in applicazione dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., che spettasse agli attori la prova della sussistenza delle condizioni che legittimavano la modifica delle tabelle. Di conseguenza risulta infondata anche la censura di violazione dell’art. 2697 c.c.; infatti, pur volendo interpretare l’originaria domanda dei ricorrenti di annullamento delle delibere condominiali come implicita richiesta di revisione delle tabelle perché errate, gravava su di essi l’onere di dimostrare in giudizio la sussistenza delle condizioni che giustificavano la modifica invocata.
La Corte d’Appello, peraltro, ha espressamente affermato che gli asseriti errori che avrebbero giustificato la modifica delle tabelle non erano stati posti a base dell’originaria impugnazione delle delibere, perché il ricorso risultava incentrato sulla violazione della norma pattizia di conferimento del mandato irrevocabile. I ricorrenti genericamente indicano di aver provato l’errore nella predisposizione delle tabelle, ma non offrono alcun elemento che possa supportare tale affermazione. Allo stesso modo risulta palese l’insussistenza della paventata violazione dell’art. 112 c.p.c..
5. Il ricorso è rigettato.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 5300 più Euro 200 per esborsi;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022
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