LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23992/-2017 proposto da:
S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GIAN MARCO GREZ, rappresentata e difesa dall’avvocato LEONARDO LASCIALFARI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MONACO SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1498/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 28/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/12/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con citazione del 21 giugno 2005 S.F. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Pistoia, sezione di Monsummano terme, la Monaco S.r.l. affinché fosse condannata ad arretrare il corpo di fabbrica costruito in violazione delle distanze legali, al risarcimento del danno derivante dalla relativa violazione, ad eliminare le vedute dirette poste a distanza inferiore a quella di legge, al risarcimento del danno per la violazione delle norme urbanistiche in materia di indici di edificabilità, ed al pregiudizio alla cubatura indebitamente sottrattale, oltre al danno da perdita di luce, aria ed amenità.
Evidenziava di essere proprietaria di alcuni locali commerciali, in *****, di cui uno con ingresso da *****, e altri due con accesso da *****, tutti compresi in un’area del PRG sottoposta a progetto unitario concordato (PUC) da realizzarsi tramite piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata.
La convenuta, proprietaria del fabbricato storico denominato ***** aveva presentato un piano unitario concordato per la ristrutturazione urbanistica del complesso, che era stato approvato dal Comune con due successive delibere. Aveva poi fatto richiesta di concessione per l’esecuzione dei lavori che però non contemplavano anche i locali dell’attrice, che come anche atri proprietari di locali lungo *****, non era stata chiamata a prendere parte alla convenzione.
Rilasciata la concessione, la quale secondo quanto previsto all’art. 3 della convenzione intercorsa con il Comune avrebbe esaurito la volumetria sull’area di intervento, a prescindere dalla possibilità di realizzarne ulteriori, la società aveva realizzato un edificio in violazione delle distanze minime previste dal codice civile e dall’art. 19 delle NTA, che imponevano il rispetto della distanza di metri 10 tra pareti entrambe finestrate di edifici antistanti e di metà dell’altezza dell’edificio più alto, ridotta sei metri nel caso di pareti prive di finestre tra edifici confinanti, ed almeno di metà dell’altezza dell’edificio più alto.
Secondo l’attrice nella specie non poteva essere invocata la deroga di cui dell’art. 19, comma 7 delle NTA, in quanto gli immobili di sua proprietà non erano inclusi nel PUC presentato dalla società, così che aveva diritto a conseguire l’arretramento del fabbricato della società, anche in ragione della creazione di vedute dirette sui propri beni sempre in violazione delle distanze legali.
Inoltre, per effetto del progetto presentato dalla Monaco, le era stato rifiutato il rilascio della concessione per l’ampliamento dei suoi locali, ritenendo il Comune che fossero state esaurite le volumetrie ammissibili nell’area, e cioè sebbene per la cessione di cubatura si imponga il consenso del cedente, che nella specie non era stato prestato.
Ciò aveva determinato un evidente diminuzione di valore di propri beni che andava del pari ristorato.
Nella resistenza della società che contestava la fondatezza della domanda attorea, facendo richiamo al contenuto dell’atto con il quale l’attrice aveva acquistato i beni dalla comune dante causa, all’esito dell’istruttoria, il Tribunale adito con la sentenza del 29 luglio 2010 n. 195, in accoglimento della domanda, condannava la convenuta ad arretrare i primi tre piani del fabbricato denominato blocco E2 sino alla distanza di metri 10 rispetto alla parete ovest retrostante ai fabbricati di proprietà dell’attrice, oltre al risarcimento dei danni per il periodo intermedio, ed accertava altresì la violazione delle distanze quanto alle vedute sulla parete est del blocco E2, rigettando le altre domande attoree.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Monaco S.r.l., cui resisteva l’attrice con appello incidentale.
La Corte d’Appello di Firenze con la sentenza n. 1498 del 28 giugno 2017 ha accolto l’appello principale, rigettando tutte le domande dell’attrice.
Secondo i giudici di appello alla fattispecie doveva trovare applicazione la previsione derogatoria delle distanze di cui all’art. 19, comma 7 delle NTA del PRG del Comune di ***** e del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 3.
Infatti, alla luce della L. n. 457 del 1978, è prevista la disciplina dei piani di recupero e delle zone di recupero.
Il primo è uno strumento esecutivo di carattere esecutivo finalizzato al recupero del patrimonio edilizio esistente che è equiparato al pano particolareggiato; lo stesso inoltre viene preceduto dall’individuazione delle zone di recupero comprendenti le aree, edificate e non, nelle quali si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio esistente.
Una volta quindi individuate le aree di recupero, in sede di programmazione urbanistica generale, è poi necessaria l’adozione di piano di recupero ai sensi dell’art. 28 della Legge, i quali possono essere presentati o dai proprietari singoli o riuniti in consorzio ovvero direttamente dai comuni, anche a mezzo di apposite convezioni con i soggetti interessati, mentre l’art. 30, disciplina poi i piani di recupero dei privati.
Alla luce della giurisprudenza costituzionale, sebbene la disciplina delle distanze rientri nella materia dell’ordinamento civile, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, tuttavia in ragione del concorrente interesse delle regioni alla disciplina del territorio, comprensiva dell’urbanistica e dell’edilizia, le Regioni possono intervenire, sia pure nel rispetto dei principi della legislazione statale.
In tal senso rilevava, secondo la corte d’Appello, la previsione di cui al D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, che consente di fissare distanze inferiori a quelle dettate dalla legislazione statale, nel caso di gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planivolumetriche.
Nella vicenda, il Comune di Montecatini Terme aveva previsto la zona di recupero *****, in ragione dell’importanza architettonica del sito, al fine del restauro dello storico edificio di epoca Liberty, e si era disposto che la concessione edilizia fosse subordinata, quanto al rilascio, alla formazione di un piano di recupero e cioè un PUC.
Sia il PRG che le NTA che il piano di recupero avevano incluso in detta area anche gli immobili dell’attrice, così che la convenuta, titolare di oltre 3/4 degli immobili ricadenti nella zona aveva predisposto un progetto unitario al fine di riqualificare l’area *****.
Il PUC della società era stato quindi approvato, così che, a detta della sentenza d’appello, doveva ritenersi validamente prevista anche la deroga alle distanze legali, come consentita dall’art. 19, comma 7 delle NTA, essendo erronea la decisione del Tribunale che aveva ritenuto inapplicabile la previsione perché i negozi dell’attrice non erano inclusi nel PUC; era quindi irrilevante che per tali immobili il PUC presentato dalla società non contemplasse alcun intervento né che i relativi proprietari non avessero partecipato alla convenzione.
Infatti, il PUC diviene opponibile erga omnes ed era onere dell’attrice opporsi preliminarmente al piano presentato.
Nelle vicenda non poteva ritenersi che vi fosse solo una controversia tra privati in merito al rispetto delle distanze, e ciò perché la deroga era stata predeterminata dal Comune nell’interesse pubblico ed in via generale.
All’accoglimento dell’appello principale conseguiva altresì l’infondatezza dell’appello incidentale, mancando il presupposto dell’illiceità dell’attività edificatoria della società.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso S.F. sulla base di due motivi.
L’intimata non ha svolto difese in questa fase.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 905 c.c., nonché del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 3, con violazione dell’art. 42 Cost.; in via subordinata l’illegittimità costituzionale degli artt. 873 e 905 c.c. e del D.M. n. 144 del 1968, art. 9, comma 3, per contrasto con l’art. 42 Cost..
Si rileva che come riscontrato dagli accertamenti svolti in primo grado la società aveva realizzato il suo fabbricato a 102 centimetri di distanza dalla proprietà attorea, ma che i giudici di appello hanno ritenuto che ciò fosse permesso per effetto di una deroga iscrivibile nella previsione di cui al D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 3, con la possibilità quindi di invocare la disposizione di cui all’art. 19, comma 7 delle NTA del Comune di Montecatini Terme, che per le zone sottoposte a piano particolareggiato, ove vengano disposti gruppi di edifici ben definiti nelle previsioni planivolumetriche, ammette distanze inferiori a quelle in precedenza indicate.
Nella sostanza si è ritenuto che il PUC approvato dal Comune su istanza della società abbia azzerato il diritto della ricorrente al rispetto delle distanze dalla propria costruzione, e che la pubblicazione del PUC, da reputare equivalente alla notificazione, imponesse la sua opposizione, in assenza della quale era dato comprimere il proprio diritto.
Va invece ribadito che la deroga alle distanze presuppone, anche in base alla normativa invocata dal giudice di appello, il consenso delle parti interessate, consenso che la S. non ha mai prestato.
Inoltre, la Corte d’Appello si è soffermata sulla sola deroga alla distanza di dieci metri tra pareti finestrate prevista dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 9.
La sentenza ha tratto l’erronea conclusione per cui, essendo gli immobili dell’attrice inclusi in un’area di recupero, l’approvazione del piano presentato dalla società abbia sottinteso anche valutazioni di merito volte alla tutela dell’interesse pubblico, attribuendo quindi tale connotazione al piano presentato solo dalla Monaco S.r.l..
Trattasi invece di un piano di iniziativa privata che non consente di assegnare al medesimo l’idoneità a derogare alla disciplina in materia di distanza anche in danno dei proprietari degli immobili confinanti a quelli interessati dal PUC, e che non erano nello stesso inclusi.
Ove si prescinda dal consenso del confinante, la deroga alla disposizione di legge, oltre che non essere consentita alla luce della giurisprudenza costituzionale, determina anche un ingiustificato sacrificio del diritto del vicino.
Inoltre, non è stato approvato alcun piano di recupero ad iniziativa comunale ma una sola iniziativa privata di trasformazione urbanistica che non sottende alcuna valutazione dell’interesse pubblico.
Ove dovesse reputarsi che la sola iniziativa della società, mediante la presentazione del PUC abbia pregiudicato il diritto della ricorrente, non può non dubitarsi della legittimità costituzionale delle norme così interpretate, in quanto idonee a determinare una vera e propria espropriazione del diritto del privato, senza alcuna indennizzo.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 872 c.c., ed in subordine dell’art. 2041 c.c., per avere i giudici di appello ritenuto erroneamente infondato l’appello incidentale volto a reclamare il danno da lesione al diritto allo sfruttamento della cubatura pertinente ai locali dell’attrice, in quanto era carente il presupposto dell’illiceità edificatoria dell’attività della società, è evidentemente assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
3. In data 1/12/2021 parte ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso, deducendo di avere raggiunto un accordo transattivo con la controparte.
In conseguenza di ciò, il processo va dichiarato estinto ex artt. 390 e 391 c.p.c..
Nulla per le spese, ex art. 391 c.p.c., comma 4, atteso che l’intimata non ha svolto difese in questa fase.
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022
Codice Civile > Articolo 872 - Violazione delle norme di edilizia | Codice Civile
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