LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34386/2019 proposto da:
N.O., elettivamente domiciliato in Roma Via Teofilo Folengo, 49, presso lo studio dell’avvocato Facilla Giovanni Maria, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– resistente con atto di costituzione –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 25/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/11/2021 da Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.
RILEVATO
che:
1. N.O., proveniente dalla Nigeria, con ricorso affidato a 5 motivi, ha impugnato il decreto del Tribunale di Venezia, comunicato il 24 settembre 2019, che rigettava l’opposizione proposta avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.
2. L’intimato Ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
3. In via preliminare ed assorbente (ciò che esime il Collegio di dar contezza dei motivi di ricorso), il ricorso deve esser dichiarato inammissibile per mancanza di valida procura speciale ai sensi dell’art. 365 c.p.c. (e a prescindere, dunque, dalle ulteriori specifiche previsioni dettate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis).
Infatti, la procura alle liti, allegata al ricorso, è priva di qualsivoglia indicazione in ordine al decreto impugnato e contiene espressioni incompatibili con la proposizione del ricorso per cassazione siccome riferibili ad un giudizio di merito (“…conferendogli le più ampie facoltà, comprese quelle di conciliare, transigere, quietanzare, rinunziare, proporre eventuali impugnazione in appello e reclamo, intimare precetto, procedere agli atti esecutivi etc.”).
Tale tipo di procura, estesa non al margine o in calce del ricorso, bensì su un foglio separato e materialmente congiunto a quello, non è una procura speciale, poiché affatto generica e non specificamente riferibile al provvedimento impugnato.
L’orientamento di questa Corte è consolidato nel ritenere “inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni generiche ed incompatibili con la specialità richiesta per la proposizione dell’impugnazione in cassazione” (Cass. n. 1525/2020).
Il ricorso, comunque, sarebbe ugualmente inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, in quanto l’esposizione del fatto è del tutto inidonea allo scopo.
Come affermato da questa Corte il requisito prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, deve consistere in una esposizione che garantisca alla Corte di Cassazione di avere una chiara e completa conoscenza dei fatti sostanziali e/o processuali che hanno originato la controversia senza dover attingere ad altre fonti o atti dei gradi precedenti, non si tratta, pertanto, di un mero formalismo, ma di elemento indispensabile per consentire alla Corte di ben intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. Sez. Un. n. 11653 del 2006).
Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Nel caso di specie tale requisito è del tutto carente e manca una esposizione delle ragioni che hanno portato il richiedente ad abbandonare il paese d’origine, del rischio di persecuzione e del grado di integrazione nel territorio italiano.
4. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile. L’indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.
5. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022
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