Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.843 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16735/2017 proposto da:

O.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Teulada n. 55, presso lo studio dell’avvocato De Baggis Alessandra, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.D., elettivamente domiciliata in Roma, Via Alberico II n. 10, presso lo studio dell’avvocato Scorsone Francesco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Zuardi Scorsone Caterina, giusta procura in calce al controricorso;

-controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 7739/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 28/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2021 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7739/2016, depositata in data 28/12/2016, ha, in dispositivo, “respinto” l’appello proposto da O.M., nei confronti di B.D., avverso sentenza del Tribunale del 2015 che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra le parti, nel *****, determinando l’assegno divorzile a carico dell’ O. nell’importo di Euro 500,00 mensili.

Tuttavia, i giudici d’appello, mentre hanno, in motivazione, ultimo periodo della pag. 4, e in dispositivo, ritenuti sussistenti i presupposti (“a seguito di rigetto integrale dell’appello”) per il “versamento a carico dell’appellante” dell’ulteriore importo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, hanno poi condannato la B. (appellata) al rimborso delle spese processuali e, in motivazione, hanno sostenuto che l’appello era “fondato” e doveva essere “accolto”, in punto di non debenza dell’assegno divorzile, considerato che: in sede di separazione, i coniugi avevano analiticamente provveduto alla divisione degli arredi della casa nonché ad effettuare conguagli in denaro, non prevedendo alcun contributo al mantenimento della moglie, la quale pure pacificamente all’epoca non lavorava; l’ O., al momento del divorzio, aveva un reddito mensile, ridotto rispetto al passato, di Euro 2.000,00, gli era nato un figlio, al cui mantenimento doveva provvedere, e doveva versare un’indennità di occupazione, per l’immobile che abitava, alla curatela fallimentare proprietaria del bene, mentre la B. era divenuta, nel *****, proprietaria di una quota di un appartamento, per successione, era pienamente idonea al lavoro, per età e mancanza di figli, e percepiva, dal *****, un reddito mensile di circa Euro 500,00.

Avverso la suddetta pronuncia, oggetto di successiva istanza di correzione di errore materiale, respinta con ordinanza della Corte d’appello depositata il 6/4/2017, O.M. propone ricorso per cassazione, notificato il 26/6/2017, affidato a due motivi, nei confronti di B.D. (che resiste con controricorso e ricorso incidentale notificato il 4/9/2017). Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente principale lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 287 e 288 c.p.c., per avere la Corte territoriale respinto l’istanza di correzione degli errori materiali presenti in sentenza, mediante l’ordinanza del 22/3/2017, ritenendo che “il contrasto tra dispositivo (rigetto dell’appello) e motivazione (basata su accoglimento dell’impugnazione)” non potesse essere sanato tramite il procedimento di correzione di errore materiale, non essendovi nel dispositivo alcuna espressa pronuncia di accertamento o di condanna, dovendosi, invece, evidenziare che, in motivazione, vi erano plurime affermazioni sulla fondatezza dell’appello e delle ragioni poste a sostegno dell’impugnazione, mentre in dispositivo vi era comunque la condanna dell’appellata alle spese del grado; con il secondo motivo, si denuncia poi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per contraddittorietà insanabile tra dispositivo e motivazione ed all’interno dello stesso dispositivo, così da rendere il provvedimento impugnato inidoneo a consentire l’individuazione del comando giuridico, laddove le incongruenze rilevate nella sentenza impugnata non siano suscettibili del procedimento di correzione ex art. 288 c.p.c..

2. La ricorrente incidentale, la quale contesta, peraltro, la fondatezza di entrambi i motivi del ricorso principale, denuncia: a) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 898 del 1970, art. 5 nonché dell’art. 115 c.p.c. e 2729 c.c., in relazione all’erronea ricognizione operata nella sentenza impugnata sui presupposti dell’assegno divorzile; 2) con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 4, l’erroneo esame delle prove documentali in ordine alle rispettive capacità reddituali degli ex coniugi; 3) con il terzo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, delle acquisizioni probatorie effettuate in primo grado ed acquisite dal giudice di primo grado, con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2702 c.c.; 4) con il quarto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli art. 91 e 92 c.p.c., in riferimento alla condanna alle spese di essa B., appellata.

3. La prima censura del ricorso principale, in quanto rivolta, in realtà, avverso ordinanza di rigetto dell’istanza di correzione di errore materiale ex art. 288, che, a differenza dell’ordinanza di accoglimento dell’istanza, non integra il provvedimento corretto e non ne diviene parte integrante (cfr. Cass. 26047/2020), è inammissibile.

Questa Corte invero ha da tempo chiarito (Cass. 16205/2013; conf. Cass. 5733/2019; Cass.20309/2019) che “in tema di procedimento di correzione di errori materiali, l’art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via del provvedimento a lume del disposto dell’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 3, a tenore del quale non sono modificabili né revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. Pertanto, il principio di assoluta inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per l’ordinanza di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull’istanza di correzione di una sentenza all’esito del procedimento regolato dall’art. 288 c.p.c. è sempre privo di natura decisoria, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti, in quanto funzionale all’eventuale eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione. Per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, merce’ il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio “.

Nel motivo, si svolgono unicamente censure verso l’ordinanza del 22/3/2017 con la quale la Corte d’appello ha respinto l’istanza di correzione di errore materiale della sentenza n. 7739/2016, ordinanza di rigetto che, essendo privo di natura decisoria, non è impugnabile neppure con il ricorso straordinario per cassazione, e art. 111 Cost., comma 7.

3. La seconda censura e’, invece, fondata.

Invero, mentre l’errore materiale della sentenza, suscettibile di correzione ai sensi degli artt. 287 c.p.c. e segg., è quello dovuto ad una mera svista del giudice, che non incide sul contenuto concettuale sostanziale della decisione, e si concreta soltanto in un difetto di corrispondenza tra l’ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica (Cass. 1203771993; Cass. 17977/2005), il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, tale da non consentire di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando invece la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, (Cass. 29490/2008; Cass. 11299/2011; Cass. 5939/2018).

Nella specie: a) vi sono, nella sentenza della Corte territoriale, affermazioni del tutto antitetiche tra loro, anzitutto, all’interno del corpo motivazionale: l’appello dell’ O., basato sulla non debenza dell’assegno divorzile all’ex coniuge B., viene, prima, ritenuto fondato ed accolto, con argomentazioni sulle capacità reddituali degli ex coniugi, alle pagg. 2,3, ma poi, senza espressa statuizione di riforma della decisione di primo grado e di revoca dell’assegno, si afferma che “a seguito del rigetto integrale dell’appello”, sono ritenuti sussistenti i presupposti per il “versamento a carico dell’appellante” – l’ O. – dell’ulteriore importo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater; b) vi sono poi contrasti inconciliabili ulteriori all’interno del dispositivo: si “respinge l’appello” e si dà atto della sussistenza dei presupposti per il “versamento a carico dell’appellante” – l’ O. – dell’ulteriore importo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, ma si condanna l’appellata B. alle spese processuali; c) vi sono contrasti tra motivazione, nella parte contenente le argomentazioni a sostegno della non debenza dell’assegno divorzile, come sostenuto dall’appellante O., e dispositivo, laddove si respinge l’appello.

La nullità della sentenza può essere esclusa solo a fronte di “una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo” e laddove “la motivazione inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (si da potersi escludere l’ipotesi di un ripensamento del giudice)” (Cass. 27591/2005; Cass. 11020/2007).

Nella specie, non è proprio possibile l’individuazione del concreto comando giudiziale e la ricostruzione della statuizione del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo.

4. Il ricorso incidentale, fondato, essenzialmente, sul presupposto dell’accoglimento dell’appello dell’ O. e quindi sul rigetto della domanda della stessa B. di riconoscimento dell’assegno di mantenimento, e’, di conseguenza, assorbito.

5. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, inammissibile il primo motivo ed assorbito il ricorso incidentale, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, inammissibile il primo motivo ed assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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