Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.86 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17423/2015 proposto da:

Banca Popolare di Ancona S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Ombrone n. 14, presso lo studio dell’avvocato Cipolla Luciana, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

nonché contro Fallimento ***** S.p.a., in persona del curatore Dott. B.F., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n. 38, presso lo studio dell’avvocato De Marchis Carlo, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Valdina Pier Francesco, Valdina Rodolfo, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Banca Popolare di Ancona S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Ombrone n. 14, presso lo studio dell’avvocato Cipolla Luciana, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato il 01/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/10/2021 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

RILEVATO

CHE:

1. – La Banca Popolare di Ancona S.p.A. ricorre per cinque mezzi, nei confronti del Fallimento ***** S.p.A., contro il decreto del 1 giugno 2015 con cui il Tribunale di Perugia, provvedendo in parziale accoglimento della sua opposizione allo stato passivo, ed in parziale accoglimento della revocatoria incidentale ordinaria del Fallimento, ha ammesso in chirografo i crediti della banca di Euro 89.297,50 e di Euro 725.490,84, con compensazione di spese.

2. – Il Fallimento resiste con controricorso e propone ricorso incidentale per un mezzo, il tutto illustrato da memoria, resistito dalla Banca con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo mezzo del ricorso principale denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 39, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 66 e art. 2901 c.c., censurando il decreto impugnato per avere “sostanzialmente inteso attribuire al mutuo fondiario la natura di mutuo di scopo, così escludendo… il “consolidamento breve” previsto dall’art. 39" citato in rubrica, pur escludendo “la sussistenza di profili di nullità in relazione al mutuo fondiario di cui è causa”, con conseguente “impossibilità di limitare la revoca alla sola ipoteca iscritta”.

Il secondo mezzo denuncia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando, in breve, che il Tribunale abbia accolto la domanda di revoca limitatamente all’ipoteca volontaria e non anche al mutuo fondiario stipulato tra la banca e la società in bonis, come invece richiesto dal Fallimento.

Il terzo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., art. 66 e rt. 2901 c.c., censurando il decreto impugnato per aver accolto la domanda di revoca in mancanza di “alcuna motivazione circa la variazione quantitativa del patrimonio del debitore nei termini specifici richiesti dall’orientamento di legittimità sopra richiamato”, con conseguente esclusione della configurabilità tanto dell’eventus damni che del consilium fraudis.

Il quarto mezzo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 censurando il decreto impugnato per aver “completamente omesso di argomentare in merito all’effettiva sussistenza del presupposto dell’eventus damni”.

Il quinto mezzo denuncia nuovamente omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 lamentando che il Tribunale non abbia motivato in ordine alla conoscenza dei crediti pregiudicati dall’atto assoggettato a revoca, nonché alla consistenza quantitativa e qualitativa del patrimonio del debitore.

4. – L’unico mezzo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 1344 c.c. e L.Fall., art. 216.

RITENUTO CHE:

5. – Il ricorso principale va respinto.

5.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

Vale premettere che la controversia ha ad oggetto il tema, ampiamente approfondito nella giurisprudenza di questa Corte, del mutuo fondiario stipulato dal debitore, poi fallito, di una banca al fine del ripianamento di debiti pregressi, con l’effetto di dotare della garanzia ipotecaria un credito che, altrimenti, non ne disponeva.

In particolare, nella specie, effettuata dalla banca odierna ricorrente insinuazione al passivo della somma di Euro 725.490,84 (quella ulteriore cui si è fatto cenno in espositiva non è attinta dai motivi di ricorso né principale, nei incidentale), credito ipotecario derivante da un contratto di mutuo fondiario stipulato da un pool di banche, tra cui la ricorrente, con la società in bonis, il giudice delegato ha negato l’ammissione per essere il contratto di mutuo: a) nullo per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 38, comma 2, e della Delib. CICR 22 aprile 1995; b) nullo per illiceità e/o difetto della causa, poiché illecitamente finalizzato a sostituire preesistenti crediti chirografari con altro assistito da garanzia ipotecaria; c) inefficace ai sensi della L.Fall., art. 66 e art. 2901 c.c. poiché stipulato in frode ai creditori della società fallita.

Dopo di che, proposta opposizione allo stato passivo dalla banca, nel contraddittorio con la procedura, quest’ultima, secondo quanto ritenuto dal giudice di merito, ha spiegato revocatoria ordinaria in via incidentale al fine di paralizzare la pretesa creditoria per ottenere l’esclusione del credito e/o della prelazione. Ed in proposito il Tribunale, esclusa, per quanto rileva, la nullità del contratto per illiceità della causa nonché per motivo illecito comune, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’accoglimento della spiegata revocatoria, aggiungendo, infine, che “nessun ostacolo… deriva dal cosiddetto “consolidamento breve” dell’ipoteca opponibile solo nelle ipotesi in cui lo scopo complessivo del negozio posto in essere dalle parti sia quello di consentire al mutuatario l’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili; in caso contrario viene meno natura fondiaria dell’ipoteca e con essa la ratio della particolare tutela accordata all’art. 39 tub non sussistendo, a tutti gli effetti, una vera operazione di mutuo fondiario”.

A fronte di detta motivazione, la censura della Banca ricorrente si riassume in ciò, che il Tribunale avrebbe accolto una nozione di mutuo fondiario quale mutuo di scopo che non ha alcuna base normativa, stando al tenore dell’art. 38 del testo unico bancario, D.Lgs. n. 385 del 1993.

Ma la doglianza omette di misurarsi con un dato evidente: ossia che il Tribunale ha espressamente qualificato la domanda della procedura come revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c., revocatoria inequivocabilmente estranea all’ambito di esenzione dettato dall’art. 39, comma 4 del citato testo unico bancario, il quale, nel testo vigente ratione temporis, stabiliva che: “Le ipoteche a garanzia dei finanziamenti non sono assoggettate a revocatoria fallimentare quando…”. E’ dunque palese che il motivo si appunta su un passaggio motivazionale in effetti scarsamente perspicuo, ma svolto ad abundantiam, e come tale irrilevante, versandosi in caso di revocatoria ordinaria e non fallimentare.

5.2. – Il secondo mezzo è infondato.

In effetti, il Fallimento aveva attaccato in se stesso il contratto di mutuo fondiario, tra l’altro in quanto stipulato – volendo utilizzare un sintagma talora impiegato nella giurisprudenza di questa Corte: v. p. es. Cass. 25 luglio 2018, n. 19746 – per un “uso distorto”, quale quello di trasformare un credito chirografario in ipotecario, con conseguente potenziale lesione della par condicio.

Il Tribunale ha escluso che il mutuo fosse nullo, ma ha ritenuto che fosse revocabile la garanzia, in concorso con i presupposti previsti dall’art. 2901, dal momento che “la concessione dell’ipoteca è di per sé atto di disposizione patrimoniale suscettibile di determinare una diminuzione della garanzia patrimoniale generale del debitore nei confronti di tutti gli altri creditori diversi dalle altre banche che hanno concorso a concedere il finanziamento ed hanno beneficiato della garanzia ipotecaria”.

E’ dunque palese che il giudice di merito, lungi dall’interferire con il potere dispositivo delle parti, alterando alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, così da attribuire o negare ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero dal rilevare d’ufficio un’eccezione in senso stretto o dal porre a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere (Cass. 19 giugno 2004, n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass. 11 gennaio 2011, n. 455; Cass. 24 settembre 2015, n. 18868), si è limitato a riconoscere alla parte un minus rispetto a quanto essa aveva richiesto: non la revoca del mutuo fondiario, ma solo dell’ipoteca.

E ovviamente nel parziale accoglimento non può ravvisarsi violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

5.3. – Il terzo mezzo è inammissibile.

Esso in realtà è per lo più fondato su un equivoco, laddove, dopo aver richiamato giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il Curatore fallimentare, nell’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, sarebbe onerato della prova, in capo al convenuto in revocatoria, della “consistenza quantitativa e qualitativa del patrimonio del debitore”, osserva, a pagina 21 del ricorso, che “nel caso di specie non consta alcuna motivazione circa la variazione quantitativa del patrimonio del debitore”, variazione quantitativa che, evidentemente, nel caso di operazione compiuta al fine di munire di garanzia ipotecaria un credito che ne è privo, non determina per definizione una variazione quantitativa del patrimonio del debitore.

Ciò detto, laddove – a dispetto della rubrica, riferita a violazione di legge, e senza considerare che il vizio motivazionale è oggi rilevante solo ove si traduca in violazione del “minimo costituzionale” – lamenta difetto di motivazione in ordine all’eventus damni ed al consilium fraudis, la censura prescinde dal concreto contenuto del decreto impugnato, nel quale, all’esito di una analisi dettagliata della vicenda, il Tribunale ha ritenuto provato: “che parte consistente del finanziamento… è stato utilizzato per estinguere anticipatamente posizioni debitorie pregresse che la ***** aveva maturato… che non è vero che tutti i creditori esistenti all’epoca del finanziamento sono stati pagati, posto che all’epoca della stipulazione del mutuo ***** spa presentava una rilevante esposizione debitoria verso dipendenti, fornitori, Erario e istituti previdenziali per complessivi Euro 3.466.137,02; debiti non estinti con il finanziamento tant’e’ che sono stati ammessi nello stato passivo del fallimento… vi è prova del pregiudizio alle ragioni degli altri creditori… il pool mutuante non poteva non essere consapevole di detto pregiudizio posto che un insieme di istituti di credito, a differenza di un privato, e maggiormente in grado di valutare i sintomi dello stato di dissesto… L’esame dei bilanci e dei dati della centrale rischi costituisce un vero e proprio onere posto a carico delle banche mutuanti”.

5.4. – Il quarto e quinto mezzo sono inammissibili.

Essi sono formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Ma detta norma consente di dolersi della omessa considerazione, da parte del giudice di merito, di un fatto (principale o secondario) decisivo e controverso: ossia di un fatto storico, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053). Nel caso di specie non vi è alcuna traccia di un qualche specifico fatto storico, tantomeno decisivo, che il Tribunale non avrebbe considerato, ma vi è un tentativo di rimettere in discussione il complessivo accertamento di merito svolto nel decreto impugnato, sollecitando un riesame dell’intero materiale istruttorio già considerato da quel giudice.

6. – Il ricorso incidentale è inammissibile.

Esso infatti manca di una specifica critica rivolta contro la sentenza impugnata, risolvendosi nella mera citazione della massima affermata da due sentenze della Cassazione penale, del 2 marzo 2004 e del 1 dicembre 1999.

7. – L’esito della lite giustifica compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità, ferma la statuizione in proposito adottata dai giudici di merito. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto a carico di ambo le parti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale, con compensazione di spese del giudizio di legittimità, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente e ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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