LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 648/2021 proposto da:
L.L. e D.V.C., elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’avv.to FEDERICA MAZZONI rappresentati e difesi dall’avvocato CIRO DI VUOLO;
– ricorrenti –
contro
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CIPRIANI che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso l’ordinanza n. 25160/2020 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONI, depositata il 10/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.
RILEVATO
che:
con ordinanza resa in data 10/11/2020 (n. 25160/2020), la Terza Sezione Civile della Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da L.L. avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione del giudice di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta dall’Inps, ha condannato il L. al pagamento, in favore dell’istituto previdenziale, di una somma di denaro;
a sostegno della decisione assunta, la Corte di cassazione ha rilevato come il ricorso per cassazione del L. fosse stato proposto in difetto di una valida procura ad litem, non essendo ricavabile, dal testo di detta procura, alcun elemento idoneo a consentirne il riferimento diretto al giudizio di cassazione così introdotto o alla sentenza d’appello impugnata;
con la stessa decisione, la Corte di cassazione ha condannato l’avvocato D.V.C. (difensore del L.) al rimborso, in favore di controparte, delle spese del giudizio di legittimità, oltre al pagamento in proprio del doppio contributo, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater;
avverso l’ordinanza della Corte di cassazione, L.L. e l’avvocato D.V.C. propongono ricorso per revocazione sulla base di un unico, articolato, motivo d’impugnazione;
l’Inps ha depositato memoria;
a seguito della fissazione della Camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
L.L. e l’avvocato D.V.C. hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
con il motivo di revocazione proposto, i ricorrenti censurano l’ordinanza impugnata per avere la corte di legittimità erroneamente fondato la propria decisione (circa l’invalidità della procura ad litem rilasciata a fondamento del ricorso per cassazione proposto dal L.) sull’affermazione di fatti – l’apposizione della procura su un foglio aggiunto al ricorso, e l’esistenza, nel testo di detta procura, di espressioni incompatibili con il giudizio di legittimità – viceversa incontestabilmente contrastati dall’esame della stessa procura alle liti, dal testo del ricorso e dalla notifica degli atti eseguita telematicamente e prodotta agli atti del giudizio;
in ogni caso, i ricorrenti contestano l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di legittimità nella parte in cui non avrebbe consentito alla parte, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., di avvalersi di un termine per la sanatoria della procura, sollevando, al riguardo, questione di legittimità costituzionale della norma richiamata (in relazione ai parametri di cui agli artt. 24 e 111 Cost.) nella parte in cui dovesse ritenersi non applicabile al giudizio di cassazione;
da ultimo, i ricorrenti contestano la mancata preliminare sottoposizione al contraddittorio delle parti delle questioni concernenti l’invalidità della procura, sollevando, infine, questione di costituzionalità (in relazione ai parametri di cui agli artt. 25 e 111 Cost.) delle norme (ritenute asseritamente esistenti dal giudice di legittimità, e da quest’ultimo) poste a fondamento della contestata condanna pronunciata a carico del difensore del L. in proprio, tanto in relazione al rimborso delle spese del giudizio in favore di controparte, quanto con riguardo al pagamento del doppio contributo ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002;
osserva preliminarmente il Collegio, in termini puramente fattuali, come debba escludersi la sussistenza di alcuna difformità, quanto alla ricostruzione degli atti processuali, tra la lettura fatta propria dalla Corte di cassazione nel provvedimento impugnato (circa l’apposizione della procura ad litem su foglio separato materialmente congiunto al ricorso) e la ricostruzione proposta in questa sede dai ricorrenti, avendo questi ultimi a loro volta confermato di aver provveduto alla confezione del “binomio” ricorso/procura attraverso la congiunzione materiale e telematica della procura ad litem all’atto d’impugnazione;
proprio sul presupposto di tali premesse in fatto, i ricorrenti richiamano in questa sede il valore da attribuire, sul punto, alla disposizione legislativa che impone di “considerare” come apposta in calce all’atto cui si riferisce, la procura rilasciata su foglio separato materialmente congiunto a tale atto, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici (cfr. l’art. 83 c.p.c.);
sempre in linea preliminare, varrà ricordare come, sulla base del consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (insegnamento affermatosi in epoca largamente precedente la pronuncia qui impugnata per revocazione), in materia di ricorso per cassazione, l’esigenza della specialità della procura rilasciata per la proposizione di quest’ultimo (cfr. art. 365 c.p.c.), impone di ritenere inammissibile il ricorso allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Sez. L, Ordinanza n. 28146 del 05/11/2018, Rv. 651515 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18257 del 24/07/2017, Rv. 645155 01; Sez. 1, Sentenza n. 6070 del 21/03/2005, Rv. 580207 – 01);
sulla base di tali premesse, la Corte di legittimità, nella sentenza impugnata in questa sede, ha rilevato come la procura rilasciata dal L. per la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, fosse stata apposta su foglio separato e materialmente congiunto, e contenesse espressioni del tutto incompatibili con la specialità richiesta dalla legge, e dirette piuttosto allo svolgimento di attività proprie di altri giudizi e fasi processuali, da tanto desumendo (proprio in applicazione del surriferito insegnamento della giurisprudenza di legittimità) la nullità della procura speciale esaminata;
ciò posto, deve ritenersi che, attraverso le doglianze avanzate in questa sede, gli odierni ricorrenti – lungi dal contestare l’effettiva sussistenza di un errore di fatto rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (come asseritamente indicato nella rubrica del motivo di impugnazione) – si siano limitati alla mera contestazione, in iure, dell’indirizzo interpretativo fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità (più sopra richiamato), da ritenersi, a giudizio degli istanti, sin troppo restrittivo ai fini della riferibilità della procura ad litem all’atto cui materialmente (o telematicamente) viene congiunta, proponendo, in alternativa, la valorizzazione di ulteriori elementi di fatto (la data, la relazione di notificazione, il contesto documentale) suscettibili (sempre secondo l’interpretazione fatta propria dai ricorrenti) di attestare, per altra via, la sicura riferibilità della procura all’atto al quale la stessa fu materialmente unita;
in forza di tali premesse, appare chiaro come le censure in esame debbano ritenersi dirette ad evidenziare la supposta sussistenza, nel provvedimento impugnato, di un errore di diritto connesso all’interpretazione del rapporto tra il ricorso, illo tempore proposto dal L., e la procura ad litem sottoposta ad esame, con la conseguente inammissibilità dell’odierno ricorso per revocazione, in assenza di alcuno dei vizi tassativamente previsti dall’art. 395 c.p.c.;
al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione o interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20635 del 31/08/2017, Rv. 645048 – 01);
parimenti inammissibili devono ritenersi, in questa sede, le contestazioni afferenti alla pretesa violazione dell’art. 182 c.p.c., (per la mancata concessione di un termine per la sanatoria della procura) e all’asserita violazione del principio del contraddittorio delle parti (per la mancata previa sottoposizione, all’esame delle parti, della questione concernente la validità della procura), trattandosi di censure evidentemente dirette a contestare la supposta sussistenza, nel provvedimento impugnato, di errores in iure;
sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
la rilevata inammissibilità dell’impugnazione per revocazione esclude la possibilità di considerare rilevanti, in questa sede, le questioni di legittimità costituzionale sollevate con il ricorso;
non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, attesa la mancata tempestiva costituzione dell’Inps;
dev’essere viceversa attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022
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