Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.996 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 926/2017 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO N. 265, presso lo studio dell’avvocato AVV. DI DOMENICANTONIO SONIA, rappresentato e difeso dall’AVV. ANTONIO ANGELO SCARANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PE. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL SEMINARIO N. 85, presso lo studio dell’avvocato GAIA FABBRI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRA MARINA CAPALBO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

PE.PA., P.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2167/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 31/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. P.V. conveniva in giudizio Pe.Pa. proponendo domanda di risoluzione del contratto di vendita concluso nel novembre del 2008, avente ad oggetto un quadro rivelatosi non autentico, trattandosi di vendita di un aliud pro alio ed altresì domanda di condanna del venditore alla restituzione del prezzo (Euro 75.000).

Il convenuto Pe. si costituiva e deduceva che il dipinto era stato a lui ceduto dalla società Pe. s.r.l.” che a sua volta lo aveva acquistato nel 1989 da P.C., fratello dell’attore e socio insieme a lui della Galleria P., e che il venditore aveva garantito l’autenticità del quadro; chiedeva di chiamare in causa la società Pe. perché lo manlevasse in caso di condanna.

Si costituiva la società Pe., chiedendo a sua volta di chiamare in causa P.C., per essere da quest’ultimo manlevata.

Si costituiva P.C., anzitutto deducendo la prescrizione dell’azione proposta nei suoi confronti, in quanto il dipinto era stato venduto nel 1989.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 5382/2915, ha accolto la domanda di P.V. e la domanda di manleva del convenuto Pe. nei confronti della società Pe. s.r.l., mentre ha rigettato la domanda proposta dalla Pe. s.r.l. nei confronti di P.C., essendo l’azione prescritta.

2. La sentenza veniva impugnata da Pe.Pa. in via principale e dalla società Pe. s.r.l. in via incidentale.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 31 maggio 2016, n. 2167, ha dichiarato totalmente infondato l’appello di Pe.Pa.; ha invece ritenuto fondato l’appello incidentale della Pe. s.r.l., laddove la sentenza impugnata aveva rigettato la domanda di manleva nei confronti di P.C., in quanto il dies a quo della prescrizione andava individuato non nel momento del perfezionamento della compravendita, ma nel momento in cui il consulente tecnico d’ufficio aveva depositato la propria relazione nel 2011 o quanto meno nel momento in cui l’attore aveva denunciato per truffa Pe.Pa.. La Corte d’appello ha così condannato P.C. a tenere indenne la società Pe. nei limiti del corrispettivo della prima vendita, pari a Lire 33.500.000.

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello ricorre per cassazione P.C., che ha depositato memoria.

Resiste con controricorso la Pe. s.r.l..

Gli intimati Pe.Pa. e P.V. non hanno proposto difese.

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in un motivo, che denuncia “violazione degli artt. 2935 e 2946 c.c.”: il termine di prescrizione decennale del diritto alla risoluzione del contratto e quello conseguente al risarcimento del danno decorrono dal momento dell’inadempimento, che nel caso di specie coincide con il momento della consegna del quadro, pacificamente avvenuta il *****, senza che possa essere attribuito alcun rilievo al fatto che l’acquirente si sia accorto della non autenticità dell’opera solo dopo circa vent’anni; condizione necessaria e sufficiente della decorrenza della prescrizione è infatti che il titolare del diritto si astenga dall’esercitarla pur avendone giuridicamente la possibilità; pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha ritenuto che la prescrizione delle azioni spettanti alla Pe. s.r.l. decorresse dall’accertamento della non autenticità dell’opera invece che dalla consegna della medesima.

Il motivo è fondato. Come ha affermato questa Corte, il diritto di richiedere la risoluzione e il conseguente diritto al risarcimento dei danni sono soggetti alla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c. e il termine di prescrizione incomincia a decorrere dal momento in cui si è verificato l’inadempimento, momento che coincide con la consegna del quadro; condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo, si astenga dal farlo, rilevando solo la possibilità legale e non influendo per contro, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto in cui il detto titolare venga a trovarsi, con la conseguenza che ove il termine di prescrizione decorra senza che il compratore (il titolare del diritto) si attivi (sebbene sia in buona fede o ignori i propri diritti), questi non potrà agire nei confronti del “venditore scorretto” (così Cass. 19509/2012, nonché più recentemente Cass. 1889/2018). Come ha infatti più volte evidenziato questa Corte, l’impossibilità di far valere il diritto è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolano l’esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali l’art. 2941 c.c., prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto e il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (v. in particolare Cass. 3584/2012).

II. Il ricorso è quindi fondato, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Milano, che si atterrà ai principi di diritto sopra ricordati; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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