Fermo amministrativo illegittimo, sì al danno per la svalutazione del mezzo

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.13173 del 15/05/2023

L'Agenzia delle Entrate-Riscossione è tenuta a risarcire il danno subito dal proprietario di un veicolo che viene illegittimamente sottoposto a fermo amministrativo, nonostante l'ordine di sospensione del fermo emesso dal giudice di pace. Al proprietario spetta anche il danno per la svalutazione del mezzo, subito a causa della prolungata indisponibilità.

Lo ha stabilito la Cassazione, sezione III, con l'ordinanza n.13173 del 15 maggio 2023.

La Corte chiarisce che il danno derivante da un fermo amministrativo illegittimo corrisponde a una situazione in cui il bene è fisicamente indisponibile. Questa situazione può portare a diverse tipologie di danni, per le quali può essere richiesto un risarcimento. Questo non riguarda un danno in re ipsa, ma un danno che richiede prova sia della sua esistenza che della sua quantità, secondo i normali oneri della prova. Tale prova può essere fornita anche attraverso presunzioni, le quali possono rafforzare l'affermazione dell'intenzione del proprietario di usufruire del proprio bene secondo il suo uso abituale.

Nel caso di specie, la richiesta di risarcimento non era circoscritta alla mera indisponibilità del veicolo, ma si focalizzava soprattutto sulla documentata perdita di valore del mezzo dovuta alla sua prolungata indisponibilità. Questo aspetto del danno emergente, seppure trascurabile in situazioni di fermo temporaneo dovuto a un incidente, acquista una tangibile importanza quando la perdita di disponibilità di un veicolo si protrae per anni. Qualora tale danno sia dimostrato - come nel caso in questione, in cui il ricorrente aveva presentato prove del valore dell'autoveicolo al momento del fermo e del suo prezzo di vendita una volta recuperata la piena disponibilità del veicolo con l'annullamento del fermo amministrativo - deve essere riconosciuto e risarcito.

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Cassazione civile sez. III, Ordinanza 15/05/2023, (ud. 31/01/2023, dep. 15/05/2023), n.13173

FATTI DI CAUSA

1. L'avvocato M.N. nel 2015 conveniva in giudizio Equitalia Sud s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento del danno per aver illegittimamente sottoposto a fermo amministrativo un autoveicolo di sua proprietà nonostante l'ordine di sospensione del fermo emesso dal giudice di pace, e per aver protratto per vari anni tale comportamento antigiuridico, sottraendogli la disponibilità del bene; chiedeva la condanna di Equitalia al risarcimento del danno nella misura di 25.000,00 Euro, pari alla diminuzione di valore subita dalla propria autovettura dal giorno della trascrizione del fermo, 27 settembre 2004, a quella di vendita del veicolo, avvenuta nel 2010. Evidenziava che il danno era comprensivo della perdita di valore del mezzo per il non uso durante il periodo di sottoposizione a fermo e della privazione dell'esercizio del proprio diritto di proprietà sull'automobile per quell'ampio arco di tempo.

2. Il tribunale accoglieva la domanda.

3. La Corte d'appello accoglieva l'appello di Equitalia e rigettava integralmente la domanda di condanna: pur confermando che il fermo amministrativo e la sua iscrizione fossero stati in effetti illegittimi ed illeciti, riteneva che la domanda risarcitoria dell'appellato fosse rimasta sprovvista di prova sia in ordine alla sussistenza sia in ordine alla quantificazione del danno patito, in mancanza di prova dell'acquisizione di un veicolo sostitutivo per il periodo di blocco del mezzo e del costo legato al noleggio del veicolo sostitutivo, utilizzando i criteri applicati in caso di fermo tecnico del veicolo.

4. L'avvocato M.N. propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi nei confronti della sentenza n. 1024 del 2019 emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro il 25 Marzo 2019, depositata il 14 maggio 2019 e non notificata.

5. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate Riscossione.

6. La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

7. Il Procuratore generale non ha depositato conclusioni scritte.

8. Il ricorrente ha depositato in via telematica in data 20.1.2023 non una memoria ex art. 378 c.p.c. ma una semplice "nota di trattazione", in cui si limita a richiamare le conclusioni, non considerabile ai fini della liquidazione delle spese di lite in caso di accoglimento del ricorso perché mancante di ogni contenuto argomentativo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., ed evidenzia l'irriducibile contraddittorietà del provvedimento impugnato laddove accoglie le doglianze dell'appellante in relazione al metodo adottato per il risarcimento del danno da deprezzamento del bene sottoposto a fermo amministrativo illegittimo, e laddove afferma che il primo giudice abbia errato nel valutare "gli effetti reali subiti dalla persona danneggiata" senza specificare quali siano i vizi della sentenza di primo grado.

Sostiene il ricorrente che il giudice di primo grado aveva convenuto sulla sua ricostruzione, individuando gli eventuali effetti dannosi nella privazione dell'esercizio del diritto di proprietà per un arco di tempo di sei anni sull'automobile, la quale, rimanendo inutilizzata per lungo tempo, subiva inesorabilmente un degrado dal punto di vista della funzionalità e del valore economico.

La Corte d'appello, al contrario, pur dando atto che il vincolo sul veicolo è stato apposto il 27 settembre 2004 ed è stato rimosso soltanto il 20 settembre 2010 soltanto a seguito di due diffide inviate dal ricorrente, afferma che il danno non era stato correttamente quantificato e che esso, in mancanza di prova, non doveva essere risarcito.

2. Anche con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza e la violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. laddove il provvedimento impugnato richiama il danno da fermo tecnico e i criteri di liquidazione utilizzati per tale situazione, escludendo la risarcibilità del danno per via equitativa ed escludendo che esso possa ritenersi un danno in re ipsa. Sottolinea di non avere affatto chiesto il ristoro delle spese sostenute per l'utilizzo di altre autovetture ma di aver chiesto i danni conseguenti al deprezzamento della propria autovettura, oggetto di un illegittimo provvedimento di fermo per quasi sei anni.

3. Anche con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, numero 4 c.p.c. in relazione all'art. 360 numero 4 c.p.c.: il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per irriducibile contraddittorietà laddove ritiene che il danno dovesse essere parametrato alla perdita subita per la mancata utilizzazione del veicolo e non alla perdita di valore del bene, riscontrabile in sede di alienazione.

Il ricorrente sottolinea che al momento dell'atto introduttivo della causa l'autovettura era stata già da lui alienata e che, sulla scorta della valutazione di essa ottenuta al momento della vendita, aveva chiesto il risarcimento del danno in misura pari alla diminuzione del relativo valore, agevolmente quantificabile prendendo in considerazione la differenza tra il valore originario del veicolo e il ricavato della vendita.

4. Infine, con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza per violazione dell'art. 116 c.p.c. e degli artt. 2043 e 1218 c.c. perché essa non riconosce il risarcimento del danno da fatto illecito o quantomeno da comportamento illegittimo dell'ente concessionario pur avendo comunque ritenuto illegittima ed anche illecita la procedura di iscrizione del fermo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto illustrano, sotto diverse prospettive, un'unica censura, sotto il duplice profilo della violazione di legge e della assoluta contraddittorietà della motivazione: il ricorrente si duole che la Corte d'appello, pur avendo affermato che si è di fronte a un atto illegittimo ed illecito del concessionario della riscossione (che ha provveduto alla iscrizione del fermo, in data 27 settembre 2004, nonostante il giudice avesse, con il provvedimento di sospensione del preavviso di fermo, interrotto l'iter procedimentale destinato alla efficace e legittima costituzione del fermo amministrativo sospeso, e lo ha mantenuto fino al 2010, provvedendo alla cancellazione solo a seguito di diffide del proprietario), ha rigettato la domanda di risarcimento ritenendo non fosse stato provato il danno, non avendo l'attore - appellato fornito la prova di aver sostenuto spese per sostituire il veicolo in esame.

2. I motivi sono fondati, non in relazione al denunciato vizio di motivazione ma per violazione di legge: nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione il ricorso è infondato, in quanto la corte d'appello ha esaminato la domanda attorea e l'ha rigettata perché ha ritenuto non provata la sussistenza dei danni da questa reclamati.

3. La corte d'appello è invece incorsa in violazione di legge là dove, ai fini della prova del danno da illegittimo fermo amministrativo del mezzo, si è limitata a trasporre, automaticamente, alla fattispecie concreta, i criteri di liquidazione del danno indicati da questa Corte a proposito della situazione di danno da fermo tecnico del veicolo, non coincidente sotto il profilo fattuale e dell'area del danno risarcibile.

4. Il danno da fermo amministrativo illegittimo coincide con una situazione di materiale indisponibilità del bene, a fronte della quale varie sono le voci di danno delle quali può essere chiesto il risarcimento. Si tratta, come in ogni ipotesi di illegittima sottrazione della materiale disponibilità di un bene, non di un danno in re ipsa, ma di un danno la cui esistenza ed il cui ammontare sono sottoposti agli ordinari oneri probatori, che possono essere soddisfatti anche con il ricorso alle presunzioni, dalle quali si può trarre conferma della volontà della parte di godere materialmente del proprio bene secondo il suo uso normale.

Se il ricorrente si fosse limitato a chiedere il risarcimento del danno per aver dovuto provvedere altrimenti, negli anni in cui si è protratta l'indisponibilità del bene, al proprio autotrasporto, in difetto di una prova delle spese sostenute, sarebbe stato legittimo da parte della corte d'appello il rigetto della domanda per mancata prova del danno, in applicazione dell'ormai consolidato orientamento di legittimità per cui, da Cass. n. 20260 del 2015 in poi, si afferma che il danno da "fermo tecnico" di veicolo incidentato non è in re ipsa, ma esso deve essere allegato e dimostrato e la relativa prova non può avere ad oggetto la mera indisponibilità del veicolo, ma deve sostanziarsi nella dimostrazione o della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero della perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall'uso del mezzo (nello stesso senso, da ultimo, Cass. n. 27389 del 2022 e Cass. n. 5447 del 2020).

Ma il danno patrimoniale il cui risarcimento è stato chiesto nel caso di specie non era limitato alla lamentata indisponibilità del bene, bensì era riferito in principalità alla documentata perdita di valore del mezzo a causa della prolungata indisponibilità: questa componente del danno emergente, se nel caso del fermo tecnico per incidente, di durata circoscritta, è normalmente trascurabile, nel caso della perdita di disponibilità di un autoveicolo protrattasi per anni emerge in tutta la sua tangibilità, e, ove provata (e nel caso di specie il ricorrente aveva allegato il valore dell'autovettura al momento del fermo, e ne aveva documentato il prezzo di vendita, effettuata non appena aveva recuperato la disponibilità materiale e giuridica del bene con l'eliminazione del fermo amministrativo), deve essere riconosciuta. Il ricorso è pertanto accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 31 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2023

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