L’accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità.
È quanto ribadito dalla Seconda sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 34301 del 7 dicembre 2023.
Nel caso di specie, un avvocato aveva richiesto al Tribunale di Monza il pagamento dei compensi per servizi legali forniti a una banca in quattro procedimenti. L’istituto di credito, costituitosi in giudizio, aveva eccepito che per la ricorrente dovesse valere la "convenzione operativa e tariffaria con i legali fiduciari", che tuttavia il legale non aveva sottoscritto. Sulla base di taluni elementi presuntivi, il tribunale aveva ritenuto che tra le parti fosse applicabile la convenzione tariffaria, respingendo così la domanda dell’avvocato.
La Suprema Corte ha precisato che, anche successivamente alla riforma dell'ordinamento forense (Legge n. 247 del 2012), i compensi per l'attività dell'avvocato debbono essere pattuiti per iscritto, a pena di nullità, dovendosi escludere la tacita abrogazione dell'art. 2233 c.c.
La ratio della prescrizione codicistica, come notato dalla dottrina, risiede nell'esigenza di attribuire certezza e univocità alla pattuizione, nell'interesse dei contraenti, al fine di evitare che sorgano contestazioni e conflitti tra avvocato e cliente.
Di conseguenza:
Nella vicenda in esame, da Cassazione, data l’estraneità dell’avvocato rispetto alla convenzione tariffaria, ha accolto il ricorso.
Ai sensi dell'art. 2233 c.c., comma 3 (come sostituito dall'art. 2, comma 2-bis del D.L. n. 223 del 2006), l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2 della Legge n. 247 del 2012, (nuova disciplina sull'ordinamento professionale forense), che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.
Cassazione civile, sezione II, ordinanza 7 dicembre 2023 n. 34301
(Presidente Giusti – Relatore Guida)
Rilevato che:
1. con ricorso al Tribunale di Monza ex art. 702-bis c.p.c., D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, l'avv. C.V. ha chiesto la condanna della Banca di Credito Cooperativo di Milano Soc. Coop ("BCC") al pagamento di compensi professionali, nella misura di Euro 242.848,34, oltre interessi moratori, per l'assistenza e la difesa legale svolta in quattro vertenze (azioni revocatorie ordinarie) promosse davanti all'intestato Tribunale nei confronti dei garanti della società Icos, contro i quali la banca aveva ottenuto il Decreto Ingiuntivo n. 686 del 2015, per Euro 3.925.072,43. A sostegno della domanda, la ricorrente ha dedotto che le azioni revocatorie ordinarie si erano estinte a seguito di conciliazione e che erano stati inutili i suoi tentativi di ottenere dalla cliente il pagamento del dovuto. Costituendosi in giudizio, BCC ha contestato la domanda e ha eccepito che per la ricorrente dovesse valere la medesima "convenzione operativa e tariffaria con i legali fiduciari" sottoscritta, in data 11/04/2013, dalla banca e dall'avv. G.R. , collega di studio e convivente more uxorio dell'avv. C. ; in subordine, la parte ha lamentato l'eccessività del compenso richiesto rispetto ai parametri del D.M. n. 55 del 2014;
2. il Tribunale di Monza, in composizione collegiale, con l'ordinanza sopra indicata, in parziale accoglimento della domanda, ha liquidato in favore della ricorrente, come compenso residuo, la somma di Euro 17.396,00, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo, IVA e CPA;
3. la decisione poggia sui seguenti argomenti: (i) è controverso esclusivamente se il compenso debba essere determinato secondo i parametri del D.M. n. 55 del 2014, come sostiene la ricorrente, o secondo i parametri delle tabelle allegate alla convenzione tariffaria dell'11/04/2013, come sostiene BCC; (ii) risulta per tabulas che la convenzione tariffaria è stata sottoscritta dall'avv. G. e non dall'avv. C. ; (iii) tuttavia, "svariati indici" consentono di ritenere che la ricorrente abbia inteso richiedere, almeno in prima battuta, alla banca convenuta, la liquidazione dei compensi sulla base della convenzione dell'11/04/2013. Innanzitutto, è pacifico in causa l'espletamento congiunto del mandato da parte dei difensori; in secondo luogo, a riprova della solidarietà attiva tra i due professionisti, rileva il fatto che essi hanno inviato a BCC le stesse note proforma oggetto del presente giudizio; terzo, il dato più persuasivo da cui si evince che la parte ha accettato che il suo compenso venisse calcolato in base ai parametri della convenzione tariffaria risiede nella corrispondenza tra gli importi di due delle quattro fatture emesse dalla ricorrente - asseritamente a titolo di acconto - e gli importi delle due precedenti fatture dell'avv. C. , e pagate dalla banca subito dopo la chiusura delle vertenze, per un ammontare quantificato dal legale in modo conforme alle tariffe della convenzione dell'11/04/2013. Si tratta delle note proforma riguardanti le cause BCC - Co. e BCC - Z. , nell'ambito delle quali la ricorrente indica come "acconti" gli importi di Euro 8.698,00, che erano già stati indicati come "importo compensi", nelle fatture nn. (OMISSIS) , a ridosso dell'estinzione dei relativi giudizi; (iv) è probabile che le fatture nn. (OMISSIS) fossero a saldo dell'intera prestazione e che soltanto in un secondo momento l'avv. C. abbia inteso imputare il pagamento a titolo di acconto, anche perché gli stessi documenti fiscali non recano la dicitura "acconto" ma la locuzione "importo compensi". Ed è proprio la corrispondenza tra gli importi delle fatture che induce a ritenere che entrambi i legali abbiano concordato con la banca che l'onorario loro spettante per le quattro revocatorie venisse liquidato sulla base della convenzione tariffaria del 2013; (v) infine, la riprova di tale ricostruzione dei fatti si trae dal testo dell'accordo liquidatorio del 29/04/2015, pacificamente sottoscritto dall'avv. G. per la liquidazione dei suoi compensi, nel quale espressamente è prevista la facoltà che le fatture vengano "emesse anche dall'avv. C.V. - qualora ad essa conferito mandato congiunto e disgiunto - e ciò senza modificare il contenuto dell'accordo"; (vi) sulla base di tali elementi presuntivi - gravi, precisi e concordanti - circa l'esistenza di un accordo tra le parti sul compenso del difensore, la domanda, nei termini in cui è proposta, non può essere accolta. E, quindi, prosegue l'ordinanza, per le due cause anzidette l'obbligazione di pagamento è estinta in conseguenza del saldo delle fatture nn. (OMISSIS) , mentre per ciascuna delle altre due vertenze, secondo i parametri della convenzione tariffaria, spetta alla ricorrente l'importo di Euro 8.698,00, oltre agli accessori e agli interessi legali, dalla pronuncia (trattandosi di credito litigioso) al saldo; (vii) per completezza, il compenso richiesto per le quattro vertenze appare incongruo ed esorbitante anche nell'ipotesi di applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014;
4. per la cassazione dell'ordinanza del Tribunale di Monza, ricorre l'avv. C.V. , sulla base di dieci motivi (e non undici motivi, secondo l'erronea numerazione del ricorso), illustrati da memoria; BCC resiste con controricorso.
Considerato che:
1. il primo motivo di ricorso ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, e in relazione all'art. 2233 c.c. e art. 1350 c.c., n. 13, ed al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 2, convertito con modifiche, nella L. 4 agosto 2006, n. 248. Ed in relazione all'art. 1418 c.c.") denuncia che il Tribunale ha ritenuto che tra le parti fosse applicabile la convenzione tariffaria dell'11/04/2013, asseritamente sottoscritta dal collega di studio avv. G. , senza considerare che sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti tra gli avvocati e i clienti che stabiliscono i compensi professionali, e che la ricorrente non ha mai sottoscritto alcuna convenzione tariffaria con BCC;
2. il secondo motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e in relazione all'art. 2233 c.c., e art. 1350 c.c., n. 13, ed al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 2, convertito con modifiche, nella L. 4 agosto 2006, n. 248. Ed in relazione all'art. 115 c.p.c."), correlato al primo, denuncia l'erronea applicazione del principio di non contestazione benché, dagli atti di causa, risultasse che, contrariamente a quanto asserito dalla banca e riconosciuto dal Tribunale, nessuna convenzione era mai stata stipulata, in data 11/04/2013, tra l'avv. G. e BCC, ferma la considerazione che, in ogni caso, tale ipotetica convenzione, qualora fosse stata stipulata, sarebbe stata valida esclusivamente tra le parti che l'avevano sottoscritta, ma non certo vincolante per la ricorrente, che non aveva firmato nessun patto sul compenso;
3. il terzo motivo ricorso ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e in relazione all'art. 2233 c.c., e art. 1350 c.c., n. 13, ed al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 2, convertito con modifiche, nella L. 4 agosto 2006, n. 248. Oltre che in relazione all'art. 115 c.p.c., ed all'art. 1292 c.c. e all'art. 12 preleggi"), correlato ai precedenti, assume che il Tribunale ha negato il diritto al compenso sulla base dell'esistenza di indici presuntivi di un accordo tra le parti per il compenso spettante al legale e ha ritenuto che per le vertenze n. 1 (BCC - Co. ) e n. 3 (BCC - Z. ) l'obbligazione fosse stata estinta con il pagamento, da parte della resistente, delle fatture nn. (OMISSIS) , attribuendo valore a note proforma inviate alla banca prima dall'avv. G. e poi dall'avv. C. , a riprova dell'unicità della prestazione professionale e del vincolo di solidarietà tra i due difensori, ai sensi dell'art. 1292 c.c.. La ricorrente rimarca l'errore di diritto commesso dal Tribunale, il quale non ha compreso che la solidarietà attiva tra concreditori rileva ai fini dell'estinzione dell'obbligazione, ma non è un indice idoneo al fine di affermare che due creditori (nella specie, due avvocati) siano legati dal medesimo contratto;
4. il quarto motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e in relazione all'art. 2233 c.c., e art. 1350 c.c., n. 13, ed al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 2, convertito con modifiche, nella L. 4 agosto 2006, n. 248. Ed in relazione all'art. 115 c.p.c."), correlato ai precedenti, denuncia l'erronea applicazione del principio di non contestazione. La ricorrente lamenta che il Tribunale, quale indice più convincente del fatto che essa aveva accettato la liquidazione del compenso secondo i parametri allegati alla convenzione con i legali fiduciari dell'11/04/2013, ha apprezzato la circostanza che due fatture in acconto (per le vertenze BCC - Co. e BCC - Z. ), emesse dalla ricorrente, erano per la stessa somma (Euro 8.698,00) già indicata come "importo compensi" nelle fatture nn. (OMISSIS) , in prossimità dell'estinzione dei due giudizi. La parte sottolinea l'inconsistenza del dato valorizzato dal giudice di merito e aggiunge che il relativo ragionamento inferenziale è smentito dagli atti di causa dai quali risulta che, in realtà, era previsto che l'avv. G. emettesse una fattura proforma secondo convenzione e, successivamente all'incasso del credito, una fattura a conguaglio complessivo;
5. il quinto motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione al D.L. n. 148 del 2017, art. 13 bis (decreto fiscale) convertito con la L. 172/17 ed in relazione all'art. 1418 c.c., e art. 112 c.p.c."), in subordine, per l'ipotesi che la presunta convenzione tariffaria sia ritenuta applicabile tra le parti, denuncia che il Tribunale, incorrendo nei vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione, non ha tenuto conto delle eccezioni della ricorrente in punto di mancanza di un equo compenso e circa il carattere vessatorio della contestata clausola pattizia;
6. il sesto motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 1362 c.c. e segg., sull'interpretazione del contratto ed agli artt. 112 e 115 c.p.c."), in subordine, in caso di mancato accoglimento dei motivi precedenti, denuncia che il Tribunale ha erroneamente ritenuto applicabile la convenzione tariffaria senza le integrazioni e le modifiche di cui missiva del 12/06/2013, inviata dall'avv. G. a BCC;
7. il settimo motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all'art. 2909 c.c."), in subordine, per l'ipotesi che la presunta convenzione tariffaria sia ritenuta applicabile tra le parti, deduce l'esistenza di un giudicato sostanziale - costituito dal decreto ingiuntivo del Tribunale di Monza n. 1395/2018 - che sancisce la validità e l'efficacia di un contratto, risalente agli anni ‘90, tra l'avv. G. e BCC, diretto a regolamentare il compenso del professionista per l'attività di recupero crediti svolta a favore dell'istituto bancario;
8. l'ottavo motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 1362 c.c. e segg., sull'interpretazione del contratto ed agli artt. 112 e 115 c.p.c.. Ed altresì in violazione al D.M. n. 55 del 2014"), subordinatamente al mancato accoglimento dei precedenti motivi, denuncia che il Tribunale ha erroneamente determinato i compensi, per tutte e quattro le vertenze in contestazione, sia in relazione ai parametri allegati alla menzionata convenzione tariffaria del 2013 (come integrata dalla lettera dell'avv. G. del 12/06/2013), sia in relazione ai parametri del D.M. n. 55 del 2014, dato che l'attività svolta si era concretizzata nel recupero di crediti per un ammontare di Euro 2.620.000,00;
9. il nono motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione all'art. 112. In relazione alle norme di cui al D.M. n. 238 del 1992"), censura l'errore di diritto del Tribunale che ha condannato la banca al pagamento degli interessi legali, mentre la ricorrente aveva chiesto la condanna di BCC al pagamento degli interessi moratori;
10. il decimo motivo ("Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 112 e 115 c.p.c. e al D.M. n. 55 del 2014") censura l'ordinanza impugnata che, "per completezza" (pur avendo utilizzato il diverso criterio di liquidazione della convenzione tariffaria), con motivazione inadeguata, per le quattro vertenze, ha ritenuto incongrui gli importi pretesi sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, senza considerare che il compenso richiesto, anche in relazione al valore delle liti, all'urgenza, all'importanza, alla natura, alla difficoltà delle cause e al risultato ottenuto, era perfettamente in linea con i parametri del menzionato decreto;
11. i primi quattro motivi, suscettibili di esame congiunto perché si muovono attorno al medesimo asse concettuale, sono fondati, il che comporta l'assorbimenti dei restanti motivi;
12. in relazione alla ricostruzione dell'esistenza di un accordo tra le parti sui compensi professionali come operata dal giudice di merito, in forza di un ragionamento basato su asseriti indici presuntivi, è il caso di richiamare Cass. 24/10/2023, n. 29432, che ha articolato "il principio di diritto alla stregua del quale, ai sensi dell'art. 2233 c.c., comma 3 (come sostituito del D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 2-bis, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006), l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dalla L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 2 (recante la nuova disciplina sull'ordinamento professionale forense), che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato (con la previsione di cui dello stesso art. 13, successivo comma 6) quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c. (cfr. Cass. n. 717/2023 e Cass. n. 16383/2023)";
13. pertanto, anche successivamente alla riforma dell'ordinamento forense (L. n. 247 del 2012), i compensi per l'attività dell'avvocato debbono essere pattuiti per iscritto, a pena di nullità, dovendosi escludere la tacita abrogazione dell'art. 2233 c.c., comma 3, che (appunto) impone la forma scritta ad substantiam. Come ha notato la dottrina, la prescrizione codicistica che il patto sul compenso del legale sia redatto per iscritto - la cui ratio probabilmente risiede nell'esigenza di attribuire certezza e univocità alla pattuizione, nell'interesse dei contraenti, al fine di evitare che sorgano contestazioni e conflitti tra avvocato e cliente - fa sì che l'accordo sugli onorari del difensore non possa dirsi raggiunto in mancanza della chiara esteriorizzazione, per iscritto, della comune volontà dei contraenti. Conseguentemente, a titolo di esempio, non sarebbero sufficienti ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam la predisposizione di una bozza di accordo sul compenso o la fattura - di acconto o a saldo - per il pagamento del compenso professionale, emessa e sottoscritta per quietanza da parte dell'avvocato, trattandosi di atti nei quali non è trasfusa la comune volontà del legale e del cliente di stabilire il compenso professionale. Al contrario, sarebbero idonei a soddisfare il requisito della forma scritta documenti separati, valevoli come proposta e accettazione, provenienti dalle parti e da esse firmati, recanti la disciplina dei compensi, come pure la sottoscrizione per accettazione, da parte di un contraente, del documento recante la regolamentazione degli aspetti economici del mandato professionale predisposto dall'altro;
14. tornando ai motivi di ricorso, l'ordinanza in esame non si è attenuta agli enunciati principi di diritto. È vero che esiste una pattuizione scritta del compenso, e cioè la convenzione tariffaria dell'11/04/2013, stipulata da BCC e dall'avv. G. . Si tratta però di un accordo al quale la ricorrente è rimasta estranea, a prescindere dalla circostanza, eccentrica rispetto al tema di indagine, che il legale che ha firmato il patto fosse collega di studio e convivente more uxorio della parte.
Neppure è sufficiente a supplire alla necessità che il patto sul compenso sia redatto per iscritto l'emissione, da parte dell'avv. C. , di due fatture di acconto di importo (Euro 8.698,00) uguale alla tariffa fissata dalla convenzione con i legali fiduciari intercorsa tra BCC e l'avv. G. , che evidentemente vincolava soltanto i firmatari della convenzione e non la ricorrente;
15. in conclusione, accolti il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo, assorbiti gli altri, l'ordinanza è cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Monza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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