Il correntista, sin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso: e potrà farlo, se al conto accede un'apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli.
Vedi anche:
Cassazione civile sez. I, ordinanza 27/02/2024 (ud. 21/02/2024) n. 5118
FATTI DI CAUSA
1. – Con atto di citazione del 20.9.2012 la Ad.An. Srl convenne in giudizio davanti al Tribunale di Cagliari la Banca Nazionale del Lavoro Spa e, premesso che dal 1992 era titolare dei rapporti bancari di conto corrente nn. (Omissis), nei quali erano state riconosciute due linee di credito, dedusse l'applicazione, sulle aperture di credito, di tassi di interesse usurari e di commissioni di massimo scoperto eccedenti i limiti stabiliti dalla Banca d'Italia.
2. – La società attrice espose di aver consegnato alla Kipling s.a.s gli estratti conto dal 30.9.2001 al 28.9.2008 quanto al c/c n. (Omissis), e dal 8.10.2007 al 2.2.2012 quanto al c/c (Omissis), e che detta società aveva rilevato, limitatamente ai predetti periodi, l'applicazione di interessi usurari, di aliquote di commissione di massimo scoperto eccedenti i limiti di legge, di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e, rideterminati i conti, era emerso un credito a favore della correntista. Il che induceva a ritenere che, presumibilmente, l'intero rapporto bancario proiettava un ingente credito a favore di essa attrice, mentre la banca alla attualità stava proseguendo nella applicazione di clausole nulle.
3. – La attrice, pertanto, chiese la condanna della Banca convenuta alle restituzioni delle somme che fossero risultate indebitamente pagate ed al risarcimento dei danni.
4. – Il Tribunale adito dichiarò la inammissibilità della domanda di ripetizione. Al riguardo il primo giudice osservò che in un rapporto bancario di conto corrente la annotazione in conto di una posta passiva non può mai comportare un pagamento in senso tecnico, in quanto non corrisponde mai, sul piano fattuale, ad un esborso del correntista in favore della banca, ad eccezione dei pagamenti solutori, nella specie neppure allegati; di conseguenza, la domanda di ripetizione di somme indebitamente contabilizzate nell'ambito di un rapporto di conto corrente ancora in essere è inammissibile fino alla sua chiusura. Analogamente inammissibile era la domanda di rideterminazione del saldo, trattandosi di domanda non autonoma, ma strettamente connessa alla successiva e conseguenziale domanda di ripetizione di indebito; saldo che, comunque, non avrebbe potuto nemmeno essere determinato mancando gli estratti conto integrali dalla data di apertura del conto a quella del suo preteso accertamento.
5. – L'attuale ricorrente ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Cagliari che con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l'appello.
6. – Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
a) dagli esiti probatori non risulta alcuna allegazione sulla denunciata chiusura dei conti in oggetto;
b) il dedotto precetto riguardava un rapporto di finanziamento diverso dai conti correnti;
c) che l'appellante aveva espressamente fatto riferimento al protrarsi anche al momento della citazione delle condotte contestate;
d) Gli ulteriori motivi di gravame erano del tutto generici e non collegati con uno specifico motivo di gravame;
7. - Ad.An. Srl ha presentato ricorso per cassazione con un unico motivo articolato in una pluralità di doglianze.
Banca Nazionale del Lavoro Spa è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
8. - Con il primo motivo deduce testualmente:
“1. Il ricorrente interpone ricorso per Cessazione avverso la sentenza della corte d'appello di Cagliari perché ha ritenuto infondato il primo motivo di gravame in secondo grado laddove.
2. È certificato ed incontestata la produzione degli estratti conto indicati in citazione e nella memoria ex 183 c.p.c., il cd risulta inserito per comodità di lettura, in primo grado e contiene tutti gli atti del fascicolo per il conto corrente (Omissis); gli estratti conti decorrono dal 2008 perché' in tale data fu aperto.
3. È falso ed è una erronea valutazione delle prove in violazione degli articoli 115 e 11 c.p.c., stante l'incantazione affermare che il conto 2138 fosse stato aperto nel 1992.
4. È falso affermare che nelle domanda di mediazione e nel verbale relativo si parli genericamente di rapporti bancari e chiusura, relative date, preso atto che sono allegati gli atti di causa e si chiede l'accertamento del sardo dare avere.
5. In primo luogo la mediazione è avvenuta in corso di causa ed a nulla rileva l'erronea valutazione della decisione di secondo grado circa il verbale di mediazione, la domanda di mediazione rileva ed ha ad oggetto la chiusura del rapporto ed i rapporti reciproci dare avere, con pretesa restitutoria, verbale in atti nel fascicolo di primo grado.
6. La valutazione che non è contestata dal giudice che non ha ritenuto la domanda improcedibile per omessa mediazione.
7. La sentenza di secondo grado viola, quindi, non valutando i documenti in atti e le contestazioni.
8. Viola gli articoli 112-115 e 116 c.p.c.D.Lgs. n. 28/2010, art. 5 comma laddove considera la domanda di mediazione non volta alla definizione dei rapporti tra le parti ed alle restituzioni e risarcimento del danno, preso atto che altrimenti il giudice di primo grado, investito dopo la mediazione, avrebbe dovuto rimandare in mediazione le parti circa l'oggetto della lite, in difetto dichiarando improcedibile la domanda.
9. La decisione, quindi, viola gli articoli 112,114 e 115 c.p.c. laddove il giudice di secondo grado ritiene ancora aperti in corso di causa i conti (Omissis) presso BNL, errando nella valutazione della relazione Kipling fino al febbraio 2012 non considerando appunto la domanda di mediazione volta alle restituzioni e risarcimento del danno relativamente a condotte illecite sulle operazioni dare avere relative a tali conti ed imputate alla BNL resistente.
10. La decisione non valutando ex articolo 112-114-115 c.p.c. i documenti in atti e la “incontestazione” della chiusura ad opera di parte avversa merita riforma.
11. Di importante rilievo come elemento non valutato in alcun modo dal giudice di secondo grado e appunto la mancata rimessione davanti al mediatore, ad opera del giudice di primo grado qualora la domanda di mediazione ed i fatti allegati alla citazione in primo grado non avesse avuto coincidenza, così come le “richieste-conclusioni della domanda di mediazione.
12. Risulta violata il D.Lgs. n. 28/2010, art. 5 comma.
13. Di nessun rilevo è la sentenza relativa al rigetto dell'opposizione al precetto relativa ad un finanziamento che nulla ha a che vedere, come detto in decisione, con l'oggetto della presente lite.
14. È erroneo valutare e considerare aperti i conti per la produzione di estratti conti al 2008, è falso perché' gli estratti conto sono prodotti fino al 2011 come la illogica motivazione di secondo grado afferma a pagina 5.
15. Non è in alcun modo contestata la chiusura dei conti da parte della BNL a nulla rileva la locuzione “ ancora oggi continuano le condotte, contestate” come se voglia attribuirsi a tale argomento un valore confessorio, non accusatorio, cioè che la banca ancora oggi, ancora oggi avviene, non restituisca e non risarcisca il danno, trattenendo ancora oggi somme che competono al ricorrente.
16. Il concetto di locuzione è strumentalizzato e risulta decontestualizzato dall'intera espositiva dell'atto, dire che continuano le condotte illecite non significa ammettere che i conti siano aperti, circostanza appunto non contestata dalla parte avversa, che in nessun atto afferma i conti 35076 e 2138 ancora in essere.
17. Pertanto la decisione impugnata viola gli articoli 115-116 c.p.c. non valutando appunto i documenti in atti, le mancate contestazioni circa la chiusura di conti ad opera della convenuta”.
8.1 – Tutte le sopra trascritte censure mirano ad ottenere in sede di legittimità una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità e della coerenza delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La denuncia delle violazioni, ivi formalmente ma non sempre linearmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), “non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative” (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022). Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023); ii) questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023).
Il motivo omette di considerare, così, che il predetto apprezzamento è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove, ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a fondare la sua decisione (Cass., n. 16467/2017; Cass., n. 11511/2014; Cass., n.13485/2014; Cass., n. 16499/2009)
Compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile (Cass., n. 7523/2022).
Non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell'ambito interpretative ed applicativo della norma di legge;
Anche in queste censure le doglianze sono attinenti non già all'erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all'erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, che ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass., n. 13238/2017; Cass., n. 26110/2015). I vizi dedotti non può essere mediati dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotti, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell'art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass., n. 7993/ 2023; Cass., n. 35041/2022).
Il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 35041/2022; Cass., SU, n. 34476/2019; Cass. n. 27686/2018; Cass., Sez. U, n. 7931/2013; Cass. n. 14233/2015; Cass. n. 26860/ 2014).
Alteris verbis, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017, Cass., SU, n. 34476 del 2019 e Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40493 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 3250 del 2002; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. 13408 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 21424 del 2022; Cass. n. 30435 del 2022; Cass. n. 35041 del 2022; Cass. n.35870 del 2022; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023).
9. – Il ricorrente deduce, inoltre, testualmente:
“18. Vi è una erronea valutazione dei documenti prodotti pronunciandosi sui primi due motivi dei tre motivi d'appello sui quali si pronuncia la decisione di primo grado che peraltro cita l'unico precedente che vieta di valutare condotte illecite alla Banca anche se i conti fossero aperti, motivazione che contraddice l'iter logico motivazionale tutto improntato nel non prendere posizione sui conti aperti o chiusi, la Giurisprudenza di merito e di legittimità consolidata ritiene doveroso che il giudice accerti condotte illecite nei rapporti bancari anche in essere”. A tale doglianza segue un punto 19 ove si riporta la giurisprudenza di questa Corte sulla possibilità di proporre azione di accertamento del saldo anche prima della chiusura dei rapporti.
“20. La sentenza pertanto viola gli articoli 111 Cost. 99,100 e 112 c.p.c. 1283,1418,1419,1421 e 2907 c.c. laddove non si pronuncia sulle domande attoree di restituzioni e risarcimento del danno. Ritenendo assorbente lacche i rapporti contestati sono ancora in essere e non chiusi.
21. E' interesse del correntista conoscere, anche per un conto in essere, la liceità delle condotte poste in essere dalla sua banca, nel caso di specie antagonista, le tre finalità' sono chiare, ripristino di un affidamento maggiore, eliminando addebiti illegittimi, riduzione e rielaborazione del saldo l'articolo 115 c.p.c. non valutando appunto le allegazioni di parte attrice le produzioni e non procedendo pertanto a verificare la presenza di condotte illecite, ritenendo erroneamente di non pronunciarsi perché i conti sarebbero ancora oggi aperti, affermazione erronea e contrastante con la legge e con l'orientamento ormai consolidati,
22. Affinché possa pronunciarsi già il giudice di legittimità preso atto che non pronunciandosi nel merito alla decisione d'appello viola gli articoli 112,113,114 e 115 c.p.c.”.
Il punto n. 19 deduce che la violazione di anatocismo bancario può essere dedotta anche prima della chiusura del conto.
9.1– Tali doglianze relative alla proposta azione di mero accertamento del saldo sono fondate, seppur espresse in modo non sempre lineare e comprensibile e sulla premessa che, dallo stesso svolgimento del processo esposto nella sentenza impugnata, si deduce che il Tribunale avesse statuito che: “Analogamente inammissibile era la domanda di rideterminazione del saldo, trattandosi di domanda non autonoma, ma strettamente connessa alla successiva e conseguenziale domanda di ripetizione di indebito; saldo che, comunque, non avrebbe potuto nemmeno essere determinato mancando gli estratti conto integrali dalla data di apertura del conto a quella del suo preteso accertamento”. I motivi di gravame in appello sul punto non erano stati valutati specificamente perché la Corte di merito aveva fondatamente respinto esclusivamente le doglianze relative alla chiusura del conto. La corte, per, ha omesso di considerare che in tema di conto corrente bancario, il correntista ha interesse all'accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell'entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetibilità delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente nell'esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, nel ripristino di una maggiore estensione dell'affidamento concessogli e nella riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto. (Cass., n. 21646/2018). Come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il correntista, sin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso: e potrà farlo, se al conto accede un'apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli (Cass., Sez. U., n. 24418/2010, in motivazione; nel medesimo senso, sempre in motivazione, Cass., 2013, n. 798/2013). Il correntista che agisce sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente o per addebiti non previsti in contratto - è onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” mediante deposito degli estratti periodici di tale conto corrente, riferiti all'intera durata del rapporto, con la conseguenza che, qualora egli depositi solo alcuni di essi, da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall'altro, tale omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell'avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato (ex multis Cass., n. 35979/2022).
10. – Per quanto esposto, il ricorso va accolto nei limiti delle motivazioni elencate sub 9.1. La sentenza impugnata va, pertanto cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio al giudice indicato in dispositivo. Nulla spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia al Tribunale di Cagliari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile il 21 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2024.
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