Il delitto di favoreggiamento personale postula che il soggetto attivo non sia stato coinvolto oggettivamente né soggettivamente nella realizzazione del reato presupposto, sicché il contributo prestato attraverso la ricezione e la spedizione di parte del denaro destinato a un'illecita operazione d'importazione di sostanze stupefacenti nel territorio nazionale costituisce un'ipotesi di concorso nell'art. 73 del d.P.R. 309/1990.
Cassazione penale sez. II, 17/02/2023, (ud. 17/02/2023, dep. 16/03/2023), n.11305
RITENUTO IN FATTO
1.1 La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 26 ottobre 2021, confermava la sentenza del tribunale di Cremona dell'8 marzo 2019 che aveva condannato M.C. alle pene di legge in quanto ritenuto colpevole dei delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e art. 648 c.p..
1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato, tramite il proprio difensore avv.to Morelli Luisa, deducendo con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. c.p.p.:
- carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all'art. 192 c.p.p., comma 3 quanto alla ritenuta attendibilità intrinseca ed estrinseca del coimputato chiamante in correità M.; al proposito si evidenziava che la dichiarazione accusatoria mancava di qualsiasi specificazione dei tempi e dei modi della consegna della sostanza stupefacente, peraltro ceduta per un corrispettivo assai ridotto di Euro 430 e ciò pur a fronte dei rilevanti quantitativi sequestrati al M. stesso in seguito; evidenziate ulteriori criticità delle dichiarazioni accusatorie tali da dovere ritenere l'inattendibilità intrinseca si contestava poi la sussistenza dei riscontri individualizzanti posto che la relazione di servizio cui facevano riferimento le pronunce di merito, aveva soltanto accertato l'incontro tra ricorrente e coimputato e che dalle intercettazioni era emerso come M. avesse continuato a rifornirsi da altro spacciatore, il B., così che erano state valorizzate mere congetture;
- violazione di legge, carenza ed illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del concorso tra il reato di ricezione di sostanza stupefacente e la ricettazione ex art. 648 c.p. sussistendo un'evidente unitarietà del fatto consumato nella stessa circostanza di tempo e luogo;
- carenza ed illogicità della motivazione in punto determinazione della pena;
- violazione di legge ed assenza di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) con riferimento alla revoca della sospensione condizionale della pena disposta con sentenza del G.U.P. di Cremona 21-3-2014 disposta dalla corte di appello su richiesta del P.G.; al proposito si segnalava che il beneficio era stato subordinato all'obbligo di prestare attività lavorativa regolarmente assolto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1 Il primo motivo di ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.
Invero, la valutazione della corte di corte di appello circa l'attendibilità intrinseca del M. e la sussistenza di riscontri estrinseci alla accusa mossa nei riguardi del M. appare esente dai vizi dedotti; il giudice di appello con valutazione conforme a quello di primo grado, ha spiegato come l'attendibilità intrinseca debba ricavarsi alla luce della spontanea confessione da parte del M. di condotte illecite per le quali non era sospettato e dalla accurata descrizione delle stesse. Inoltre, con le specifiche osservazioni svolte a pagina 13 della motivazione, la corte di appello spiegava come l'attendibilità intrinseca del dichiarante risulta confortata dalla coincidenza delle sue dichiarazioni con le immagini ritratte dalle telecamere e dalle macchine fotografiche oltre che con i dati emergenti dalle relazioni di servizio.
Il giudizio sull'attendibilità intrinseca risulta pertanto svolto correttamente dalla corte di appello che ha valorizzato una serie di dati probatori dei quali il ricorso propone una lettura alternativa non deducibile nella presente sede.
Analogamente deve ritenersi quanto ai riscontri esterni di tipo individualizzante a carico specifico del M.; a sostegno della veridicità dell'accusa di cessione di sostanza stupefacente proprio a M., la corte di appello bresciana ha sottolineato come il coinvolgimento del ricorrente nei fatti si ricavi dalla visita del M. ricevuta da M. proprio il giorno della sottrazione dello stupefacente dall'Ufficio Corpi di Reato, dall'accertata costante frequentazione tra i due, dalla stabile dedizione del ricorrente al consumo di sostanza stupefacente dello stesso tipo di quella trafugata da M..
Orbene, deve al proposito essere ricordato come in tema di chiamata in correità, i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, purché la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all'imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019 Rv. 276744 - 01). Posto quindi che il riscontro non deve avere natura di prova autonoma, deve affermarsi che, in tema di accusa proveniente dal coimputato di traffico di stupefacenti, costituiscono riscontri di tipo individualizzante l'accertata frequentazione costante tra i due soggetti, la dedizione all'uso di stupefacente da parte dell'imputato, il contatto tra il soggetto cedente e l'imputato accertato in occasione del rinvenimento del primo in possesso di un rilevante quantitativo di droga.
Trattasi infatti di elementi che, pur non risultando da soli idonei a fornire prova della responsabilità del M., collegano indubbiamente lo stesso al fatto-reato.
2.2 Fondato è invece il secondo motivo non essendo prospettabile un concorso tra la condotta di ricezione della sostanza stupefacente prevista e punita dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e quella di ricettazione di cui ai distinti capi di imputazione contestati al M.; al proposito infatti deve essere ricordato come la condotta prevista e punita dal citato art. 73 comprenda un vasto campo di attività che spaziano dalla semplice ricezione, all'acquisto, detenzione illecita ed al commercio di droga, comportando l'irrogazione della sanzione penale per tutti i soggetti che illecitamente abbiano ad inframettersi nell'attività aventi ad oggetto il trasferimento illecito di sostanza stupefacente. Ne consegue che correttamente il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge in punto qualificazione giuridica del reato di cui al capo h) quanto alla ritenuta ipotesi di ricezione di beni provento di delitto, non essendo tale condotta punibile ex art. 648 c.p. ove la medesima condotta, la ricezione appunto, è già punita autonomamente quale condotta illecita in relazione al precedente capo g) della rubrica ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.
Al proposito va ricordato come il tema del concorso tra reati che vengono consumati dopo una fattispecie presupposto e la disciplina dettata dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 sia stato già oggetto di diverse pronunce che hanno escluso tale possibilità con riferimento alle fattispecie di favoreggiamento personale e reale; risulta invero affermato che in forza dell'espressa clausola "fuori dei casi di concorso" contenuta nell'art. 378 c.p., il delitto di favoreggiamento personale presuppone che il soggetto attivo non sia stato coinvolto, né oggettivamente né soggettivamente, nella realizzazione del reato presupposto; ed in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che il contributo prestato dalla ricorrente, attraverso la ricezione e la spedizione di parte del denaro che doveva servire ad un'illecita operazione d'importazione di sostanze stupefacenti nel territorio nazionale, ha integrato gli estremi del concorso nel reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, senza la necessità di ulteriori e diverse condotte di partecipazione (Sez. 6, n. 21439 del 18/02/2008, Rv. 240062 - 01). Ancora si è stabilito che la condotta di chi riceva denaro quale contropartita della consegna di un carico di droga integra, indipendentemente dal fatto che la ricezione sia antecedente, contestuale o successiva a detta consegna, una ipotesi di concorso nel reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, potendosi in generale ravvisare il diverso delitto di favoreggiamento reale solo nel caso in cui la condotta dell'agente non consista in un contributo alla diffusione della sostanza stupefacente (Sez. 3, n. 14747 del 22/01/2020, Rv. 278906 - 01). Il principio del resto risulta ribadito anche dalle Sezioni Unite proprio con riferimento alla fattispecie della detenzione illecita; invero è stato affermato che il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento alla illecita detenzione di sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché, nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve - salvo che non sia diversamente previsto - in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Rv. 253151 - 01).
Tali essendo i principi di riferimento gli stessi vanno ribaditi anche nel caso ipotizzato di concorso tra ricettazione e condotta di ricezione ed illecita detenzione di stupefacente; ed invero anche per l'ipotesi di cui all'art. 648 c.p. deve affermarsi che la clausola di riserva contenuta nella disposizione imponga ove la ricezione e successiva detenzione illecita abbia ad oggetto sostanza stupefacente ritenere sussistente la sola fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 che punisce appunto tutta la gamma delle attività illecite aventi ad oggetto droghe senza alcuna possibilità di configurare una diversa ipotesi di ricettazione per la sola circostanza che lo stupefacente sia stato sottratto ad altri enti o soggetti come nel caso di specie di provenienza dall'Ufficio corpi di reato, trattandosi sempre di ricezione illecita punita dall'art. 73 cit..
Ne' sussiste la possibilità di contestare la sola detenzione illecita e ritenerla fattispecie autonoma rispetto alla condotta di precedente ricezione della stessa sostanza poiché secondo il costante orientamento di questa Corte di cassazione le diverse condotte previste dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, sono alternative tra loro e perdono la propria individualità quando si riferiscono alla stessa sostanza stupefacente e sono indirizzate ad un unico fine, sicché, se consumate senza un'apprezzabile soluzione di continuità, devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato (Sez. 3, n. 3323 del 17/11/2021, Rv. 282699 - 01).
L'applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame deve pertanto fare ritenere che in relazione alla sostanza stupefacente contestata al capo g), M. debba essere chiamato a rispondere di un solo delitto e cioè della fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 poiché la condotta di ricezione illecita configura già tale fattispecie e non vi è possibilità di ritenere integrata un'autonoma ipotesi di ricettazione sussistendo proprio il concorso nel delitto presupposto.
Ne' decisiva appare la circostanza che il capo di imputazione faccia riferimento alla sola detenzione illecita di stupefacente del tipo cocaina poiché dalle pronunce di primo e. secondo grado risulta evidente che tutta la droga ceduta da M. a M. è stata oggetto della valutazione quali distinti reati tanto che, per le diverse tipologie di stupefacente (hashish e marjuana) il primo giudice trasmetteva gli atti al pubblico ministero per l'esercizio dell'azione penale; con la conseguenza che una statuizione di assorbimento limitata alla sola ricezione e detenzione di cocaina determinerebbe una illegittima duplicazione di procedimenti a carico del M. e si profila pertanto non ammissibile.
Alla luce delle suesposte considerazioni pertanto l'impugnata sentenza deve essere annullata in relazione al delitto di cui al capo h) perché assorbito nella fattispecie di cui al capo g). Sarà pertanto compito del giudice di rinvio rideterminare la pena escludendo la fattispecie di cui all'art. 648 c.p. che risulta essere stata individuata in sede di merito quale fattispecie più grave.
I restanti motivi, avendo ad oggetto statuizioni relative alla pena che andrà rimodulata in sede di rinvio, rimangono assorbiti.
P.Q.M.
Dichiarato assorbito il reato di cui al capo H) in quello di cui al capo G) annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Brescia per la rideterminazione della pena. Rigetta nel resto il ricorso e dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità quanto al capo g).
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2023.