La Sezione Quinta penale della Cassazione, con l'ordinanza n. 46832 depositata il 21 novembre 2023, ha rimesso alle Sezioni Unite la sequente questione giuridica oggetto di contrasto giurisprudenziale:
"Se la disciplina del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all'art. 270 c.p.p., comma 1, - nel testo introdotto dal decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7 ed anteriore al decreto L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con modificazioni dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137 -, operi soltanto nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le captazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ovvero nel caso in cui solo quest'ultimo sia stato iscritto dopo tale data".
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Cassazione penale, sez. V, ordinanza 14/11/2023, (ud. 14/11/2023, dep. 21/11/2023), n.46832
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 1 marzo 2023 il Tribunale di Napoli, all'esito dell'appello interposto ex art. 310 c.p.p., dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza resa il 10 gennaio 2023 dal G.i.p. del Tribunale di Benevento, ha applicato:
- a B.G. gli arresti domiciliari in relazione al delitto di associazione per delinquere nonché a più ipotesi di falso in atto pubblico dotato di fede privilegiata consumato e tentato (incolpazioni di cui ai capi 1, 3 e 4);
- a N.G., M.M. e P.F. il divieto di esercitare la professione forense per la durata di un anno in relazione al delitto di associazione per delinquere nonché, per il primo, in relazione a più ipotesi di falso in atto pubblico dotato di fede privilegiata consumato e tentato (incolpazioni di cui ai capi 1, 5 e 6) e, per i secondi, a più ipotesi tentate di falso in atto pubblico dotato di fede privilegiata (rispettivamente, incolpazioni di cui ai capi 1 e 7; incolpazioni di cui ai capi 1 e 9).
In sintesi, i predetti indagati - tutti esercenti la professione forense sono stati ritenuti gravemente indiziati di essersi associati per la commissione di delitti contro la fede pubblica nonché per aver presentato numerosi ricorsi per decreto ingiuntivo presso diversi uffici del Giudice di pace, volti ad ottenere la consegna dei contratti di attivazione delle utenze da parte di compagnie telefoniche, falsamente attestando il rilascio delle necessarie procure da parte degli ignari soggetti per cui agivano, così inducendo in errore o compiendo atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore l'Organo giudicante.
2. Avverso il provvedimento collegiale i difensori degli indagati hanno proposto ricorso per cassazione.
2.1. L'avvocato Robustini Michele, difensore di N.G., ha articolato tre motivi.
2.1.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione di norme processuali poste a pena di inutilizzabilità, in particolare dell'art. 270 c.p.p., e la mancanza di motivazione, deducendo che:
- il Collegio di appello (contrariamente a quanto affermato dal G.i.p.) ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni telefoniche disposte nel procedimento n. 5995/2018 R.G.N. R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, originato dalle denunce della coindagata B.G. ed avente ad oggetto distinti delitti (commessi fino al (Omissis)); in particolare, il Tribunale ha assunto l'operatività dell'art. 270 c.p.p. cit. nel testo novellato dal decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, e dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 2020, n. 70, quantunque il presente procedimento sia stato instaurato successivamente al 31 agosto 2020 (a seguito di stralcio dal riferito precedente procedimento, dato che l'iscrizione del delitto di cui all'art. 416 c.p., rientrante nell'odierno disposto dell'art. 266 c.p.p., comma 1, ha avuto luogo il (Omissis));
- in tal modo avrebbe violato l'art. 270 c.p.p. cit. e reso una motivazione viziata a proposito della connessione tra i reati de quibus e dell'utilizzabilità nei confronti del ricorrente delle captazioni eseguite nel 2019 sull'utenza in uso alla B. sulla base di provvedimenti autorizzativi (e di notizie di reato) anteriori al 31 agosto 2020, in quanto il regime normativo applicabile non potrebbe mutare in ragione degli sviluppi procedimentali successivi, come chiarito - tra le altre - da Sez. 6, n. 9846 del 08/03/2023, De leso, Rv. 284256 - 01; con la conseguenza che il compendio acquisito tramite le intercettazioni avrebbe dovuto essere ritenuto inutilizzabile, in quanto per il delitto di cui all'art. 416 c.p. non è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
2.1.2. Con il secondo motivo sono stati prospettati la mancanza e l'illogicità della motivazione e il "travisamento delle prove" in ordine ai gravi indizi di colpevolezza.
2.1.3. Con il terzo motivo sono state addotte la violazione di norme processuali poste a pena di nullità, indicate negli artt. 274 e 292 c.p.p., nonché il vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari.
2.2. L'avvocato Girardi Mario, nell'interesse di M.M., ha presentato tre motivi.
2.2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione di norme processuali poste a pena di inutilizzabilità, in particolare dell'art. 270 c.p.p., e la mancanza di motivazione, per il medesimo ordine di ragioni esposte nel primo motivo di ricorso di N.G. (rispetto al quale ha puntualizzato che il primo provvedimento autorizzativo delle intercettazioni, reso nel proc. n. 5995/2018 R.G.N. R., è stato reso in data 8 gennaio 2019 e che in esso l'odierno ricorrente non era indagato né si procedeva per la fattispecie di cui è incolpato, bensì per ipotesi non connesse).
2.2.2. Con il secondo motivo sono stati prospettati la mancanza e l'illogicità della motivazione e il "travisamento delle prove" in ordine ai gravi indizi di colpevolezza.
2.2.3. Con il terzo motivo sono state addotte la violazione di norme processuali poste a pena di nullità, indicate negli artt. 274 e 292 c.p.p., nonché il vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari.
2.3. L'avvocato Dello Iacovo Fulvio, nell'interesse di P.F., ha presentato tre motivi.
2.3.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione degli artt. 270 e 266 c.p.p. e il vizio di motivazione in relazione all'utilizzabilità delle intercettazioni, nonché la violazione dell'art. 416 c.p. e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi del delitto associativo previsto da quest'ultima norma. Il Tribunale - con motivazione illogica avrebbe ritenuto utilizzabili nei confronti della ricorrente, ai sensi dell'art. 270 c.p.p., le intercettazioni telefoniche compiute nel proc. n. 5995/2018 R.G.N. R. instaurato a seguito delle denunce sporte da B.G. per distinti reati (e poi archiviato), e ciò nel presupposto che il delitto associativo è contemplato dall'art. 266 c.p.p..
2.3.2. Con il secondo motivo sono state prospettate la violazione dell'art. 273 c.p.p. e il vizio di motivazione in ordine alla gravità del quadro indiziario inerente ai reati fine di cui capo 9. Ad avviso della difesa, il fatto della ricorrente sarebbe stato qualificato come delitto tentato per il tramite di una motivazione illogica e in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in tema di tentativo di falsità ideologica per induzione in errore del pubblico ufficiale (cfr. Sez. 5, n. 12606 del 17/02/2017, Grosso, Rv. 269484 - 01).
2.3.3. Con il terzo motivo sono stati assunti la violazione dell'art. 274 c.p.p. e il vizio di motivazione a proposito della sussistenza delle esigenze cautelari.
2.4. L'avvocato Pucci Raffaele, nell'interesse di B.G., ha presentato quattro motivi.
2.4.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione dell'art. 266 c.p.p., comma 1, e art. 270 c.p.p., comma 1, e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni, in termini consimili agli altri ricorrenti.
2.4.2. Con il secondo motivo sono stati prospettati la violazione dell'art. 416 c.p. e il vizio di motivazione, in ordine ai gravi indizi della sussistenza dell'associazione criminale in incolpazione.
2.4.3. Con il terzo motivo - in relazione alle incolpazioni di cui ai capi 3 e 4 - sono stati dedotti la violazione degli artt. 56,48,479 c.p., art. 476 c.p., comma 2, e il vizio di motivazione.
2.4. Con il quarto motivo sono stati assunti la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. e il vizio di motivazione con riguardo alle esigenze cautelari e alla scelta della misura.
3. L'avvocato Vannetiello Dario, nell'interesse di P.F. e M.M., ha presentato due motivi nuovi.
3.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione degli artt. 416 e 110 c.p. e dell'art. 581 c.p.p. nonché il vizio di motivazione, ad avviso della difesa apparente, carente e contraddittoria, deducendo che:
- l'appello del Pubblico ministero avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto non aveva censurato l'ordinanza del G.i.p. (che aveva escluso la sussistenza della associazione in ragione dell'assenza del "concepimento di programma delittuoso comune; (...) di elementi univoci circa le modalità di programmazione ed attuazione degli illeciti; (...) di struttura associativa");
- nell'ordinanza collegiale non sarebbe "esplicitata la struttura associativa" e la motivazione sarebbe contraddittoria ed apodittica in ordine alla sussistenza della affectio societatis; la motivazione relativa a P.F. sarebbe carente se non apparente, il Tribunale avrebbe confuso il delitto associativo con i delitti scopo ed affermato apoditticamente la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 416 c.p..
3.2. Con il secondo motivo nuovo sono stati prospettati la violazione degli artt. 581 e 274 c.p.p. e la manifesta illogicità della motivazione. L'appello del Pubblico ministero avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile anche in ordine alle esigenze cautelari poiché non conteneva censure alla motivazione dell'ordinanza del G.i.p. e in maniera "apparente" aveva ravvisato la concretezza del pericolo nell'iscrizione degli indaganti negli albi professionali, senza individuare circostanze e dati di fatto concreti, soprattutto alla luce del lasso di tempo di quattro anni "dall'ultima condotta illecita di tipo "comune" e non mafioso".
4. Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte di cassazione, con la propria requisitoria, ha chiesto il rigetto dei ricorsi: rassegnando l'infondatezza dell'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni (alla luce di Sez. U, n. 51 del 28/11/2019 - dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395 - 01), in quanto i fatti associativi sarebbero connessi a quelli per i quali erano state inizialmente disposte le intercettazioni e il compendio probatorio conterrebbe anche intercettazioni effettuate nel procedimento in esame; e rappresentando che le rimanenti censure si sostanzierebbero in una lettura alternativa del compendio indiziario e il Tribunale avrebbe reso una motivazione conforme ai canoni ermeneutici posti dalla giurisprudenza di legittimità.
5. All'udienza del 14 novembre 2023, le parti hanno concluso come sopra indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere rimessi alle Sezioni Unite, sussistendo un contrasto sull'applicabilità del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all'art. 270 c.p.p., comma 1, - nel testo introdotto dal decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7 (ed anteriore al decreto L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con modificazioni dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137) - nei termini di seguito chiariti, rilevante al fine di pronunciarsi sulle impugnazioni di tutti i ricorrenti.
1. Prima di dare conto del contrasto occorre osservare come, ad avviso del Collegio, non ricorra affatto l'inammissibilità - denunciata con i motivi nuovi presentati dal difensore di P.F. e M.M. - dell'appello proposto dal Pubblico ministero che ha trovato accoglimento con l'ordinanza qui ricorsa.
Il G.i.p. del Tribunale di Benevento ha rigettato le domande cautelari:
- quanto al delitto associativo, poiché non ha ritenuto utilizzabili le captazioni disposte (come si esporrà più in dettaglio in seguito) nel diverso procedimento instaurato a seguito di denuncia da parte della B., negandone l'indispensabilità per l'accertamento del detto reato (rispetto al quale ha escluso la gravità indiziaria) e negando altresì la connessione tra i reati di cui l'indagata sarebbe stata vittima e quelli per cui si procede nei suoi confronti (richiamando al riguardo Sez. U, n. 51/2019 - dep. 2020, cit.);
- quanto ai reati contro la fede pubblica - per quel che qui interessa -, ha ritenuto insussistenti i gravi indizi delle ipotesi tentate di cui agli artt. 48 e 479 c.p. in relazione all'art. 476 c.p., comma 2, e non ha ravvisato le esigenze cautelari contemplate dall'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), per le ipotesi consumate pure oggetto della richiesta del Pubblico ministero (in ragione del tempo trascorso dai fatti, nel numero dei reati di cui ha ritenuto i gravi indizi, e dello stato di incensuratezza degli indagati).
Con l'atto di appello:
- sono state esposte le ragioni in diritto poste a sostegno dell'utilizzabilità delle captazioni, si sono addotti gli elementi che deporrebbero per la sussistenza del sodalizio criminale (rimarcando le ragioni per cui si è attribuito a B.G. un ruolo apicale nell'organizzazione e ai rimanenti ricorrenti quello di organizzatori), dando conto delle captazioni relative a ciascuno e censurando le argomentazioni spese dal G.i.p. in ordine al medesimo compendio indiziario (cfr. spec. pp. 37 s. dell'atto di appello); sono state sollevate doglianze in ordine all'esclusione dei gravi indizi dei delitti tentati per cui si procede, prospettando elementi emersi nel corso delle indagini dai quali si trarrebbe l'idoneità e l'univocità degli atti posti in essere dagli indagati rispetto all'induzione in errore dell'Organo giudicante (innanzi al quale sono stati presentati i ricorsi per decreto ingiuntivo);
- si è addotto che la sussistenza di un compendio gravemente indiziario relativo al delitto associativo, gli elementi relativi all'emersione dei reati fine, il tenore delle ultime conversazioni intercettate e l'attuale iscrizione all'albo professionale degli indagati dimostrerebbero la sussistenza delle esigenze cautelari (cfr. p. 39 s. atto di appello).
Ne deriva che il gravame interposto dalla Parte pubblica ha mosso una critica argomentata all'iter posto a fondamento del rigetto della richiesta di applicazione della misura, enunciando in forma puntuale ed esplicita i rilievi sollevati, sia in fatto che in diritto (cfr. già Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 - 01): dunque, presenta i necessari requisiti di specificità che operano anche nella materia cautelare (cfr. già Sez. 5, n. 9432 del 12/01/2017, Cimino, Rv. 269098 - 01; Sez. 6, n. 45948 del 29/10/2015, Shoshi, Rv. 265276 - 01; cfr. pure Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Bocciero, Rv. 278716 - 01; Sez. 6, n. 46025 del 24/09/2013, Ciciliano, Rv. 257448 01).
2. Tanto premesso, tutti i ricorrenti (cfr. il primo motivo dei rispettivi ricorsi) hanno eccepito l'inutilizzabilità delle conversazioni intercettate poste a sostegno della statuizione cautelare del Tribunale (fermo restando che la censura in discorso non può rilevare sub specie del vizio di motivazione - pure denunciato -, trattandosi di una quaestio iuris, bensì per l'appunto sotto il profilo della violazione di norme processuali poste a pena di inutilizzabilità; cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, 280027 - 05).
2.1. Deve, anzitutto, darsi conto delle vicende procedimentali.
Risulta dal provvedimento impugnato e da quello del G.i.p. nonché dagli atti disponibili (cui questa Corte può accedere alla luce del vizio processuale dedotto: cfr. Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 - 01) che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento ha dapprima instaurato il procedimento n. 5995/2018 R.G.N. R., a seguito della denuncia sporta da B.G. per più reati commessi in suo pregiudizio (contro il patrimonio, la libertà morale, l'incolumità individuale, oltre che in materia di armi, perpetrati fino al (Omissis)): in particolare, è stata disposta l'intercettazione delle conversazioni dalla stessa intrattenute in relazione al delitto di tentata estorsione di cui sarebbe stata vittima (ad opera di alcuni suoi ex dipendenti e altri soggetti a loro collegati). A seguito di quanto rassegnato dai Carabinieri di Montesarchio nell'informativa del 23 luglio 2020 (presentata in data 27 luglio 2020), che compendiava l'attività investigativa svolta, il Pubblico ministero, con provvedimento del 25 agosto 2021, ha disposto la formazione di un nuovo fascicolo a carico di ignoti, contraddistinto dal n. 3648/2012 R.G.N. R. (cui è stato riunito il procedimento n. 6411/2011 R.G.N. R.), cui ha fatto seguito l'instaurazione del procedimento n. 5294/2021 R.G.N. R. a carico di noti (anzitutto, di B.G.), nel quale in particolare si è proceduto nei confronti dei ricorrenti per il delitto di associazione per delinquere, iscritto nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. il (Omissis) (a seguito del deposito di un'informativa in data 5 marzo 2022). In quest'ultimo procedimento è stato acquisito l'esito delle intercettazioni disposte giusta decreti RIT nn. 9, 10 e 11/2019, disposto nel procedimento proc. n. 5995/2018 R.G.N. R.
Consta, dunque, che le intercettazioni sono state disposte ed eseguite in quest'ultimo procedimento anteriormente all'instaurazione del diverso procedimento (come esposto, iscritto dapprima a carico di ignoti il 25 agosto 2021) nel quale poi sono transitate, nonché anteriormente al 31 agosto 2020 (come riportato nell'ordinanza impugnata). E il Tribunale ha espressamente affermato l'indispensabilità di esse al fine di accertare il delitto di associazione per delinquere ipotizzato dal Pubblico ministero (quale unico strumento per acclarare i rapporti tra i soggetti coinvolti nell'attività di presentazione dei ricorsi per decreto ingiuntivo all'insaputa dei ricorrenti); inoltre, proprio sull'esito di tali captazioni, aderendo alla prospettazione del Pubblico ministero (cfr. pp. 9 s. dell'ordinanza impugnata) ha fondato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del delitto di associazione per delinquere, in forza dei quali alla B. è stato attribuito il ruolo di capo, promotore e organizzatore (art. 416 c.p., commi 1 e 3) e ai rimanenti ricorrenti quello di organizzatori (art. 416 c.p., comma 1), così palesandone la rilevanza rispetto all'accertamento dello stesso reato. Infine, proprio valorizzando la sussistenza - nella predetta ottica indiziaria del medesimo reato, il Collegio di appello ha ravvisato le esigenze cautelari a carico dei ricorrenti (cfr. pp. 35 s.).
2.2. Alla luce di quanto sopra esposto, l'utilizzabilità a carico degli indagati del compendio intercettivo deve compiersi in ossequio all'art. 270 c.p.p., comma 1, che per l'appunto regola l'utilizzazione in altri procedimenti delle intercettazioni. Difatti:
- pur a fronte delle modifiche al testo di esso (di cui si darà conto appena oltre), deve considerarsi fermo l'insegnamento ancora recente delle Sezioni Unite, secondo cui - in relazione al disposto dello stesso articolo - non deve considerarsi "diverso" il procedimento (che e', pertanto, sottratto all'operatività del divieto posto dall'art. 270 c.p.p., comma 1, cit.) solo "in caso di imputazioni connesse ex (art.) 12 c.p.p.", ossia in presenza di un "legame sostanziale (...) e non meramente processuale" (ossia di "un legame (...) indipendente dalla vicenda procedimentale"), tra il reato per cui è stata autorizzata la captazione e quello "accertato in forza dei risultati dell'intercettazione", dovendosi giungere a una conclusione contraria nelle ipotesi di collegamento investigativo di cui all'art. 371 c.p.p. (per cui non ricorra la connessione; Sez. U, n. 51/2019 - dep. 2020, cit.);
- e, nella specie, non consta (e, in effetti, non è stata ravvisata) alcuna delle ipotesi di connessione previste dall'art. 12 cit. (concorso di persone, cooperazione o determinazione dell'evento da parte di più persone con condotte indipendenti; concorso formale o continuazione; commissione di reati per eseguire o per occultare gli altri) tra il delitto associativo, finalizzato alla commissione di più delitti contro la fede pubblica, attribuito a B.G., N.G., M.M. e P.F., da una parte, e, dall'altra, i reati denunciati dalla B. e, segnatamente, il fatto estorsivo in suo danno con riguardo al quale sono state autorizzate le intercettazioni.
2.3. Tuttavia, occorre comprendere se il testo dell'art. 270 c.p.p., comma 1, che viene in rilievo ratione temporis sia o meno quello introdotto dal decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, secondo cui "i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1". Tale norma - la cui entrata in vigore è stata più volte differita - disciplina i "procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020" (D.L. n. 161, art. 2, comma 8, cit., come sostituito dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, art. 1, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 2020, n. 70). Essa, a differenza del testo precedente secondo cui "i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza" - pone "due distinte deroghe" al divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, poiché ha affiancato all'ipotesi già contemplata dell'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, l'accertamento dei reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1; ed ha previsto che l'utilizzabilità non richieda solo l'indispensabilità delle captazioni per il detto accertamento ma anche la rilevanza di esse (cfr. Sez. 5, n. 37169 del 20/07/2022, S., Rv. 283874 - 02, che tanto ha soggiunto: "Siffatta locuzione, che aggiunge al carattere di indispensabilità anche quello di rilevanza, implica innovativamente, ed in modo rafforzato, la valutazione del "peso" del mezzo di prova, dovendo il giudice esplicitare, con adeguata motivazione, la rilevanza e la imprescindibilità delle captazioni, autorizzate nel procedimento a quo, per la prova dei reati contestati nel diverso procedimento ad quem"; sulla previsione dell'accertamento dei reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1, a mente del testo in commento dell'art. 270 c.p.p., comma 1, cit., quale deroga al divieto di utilizzazione ulteriore rispetto a quella già contemplata dell'accertamento dei reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, cfr. pure Sez. 6, n. 47235 del 17/11/2021, Ierardi, n. m.).
Non rileva, invece, nel caso in esame la più recente novella al medesimo D.L. 10 agosto 2023, n. 105, art. 270, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137, che ha soppresso, nel corpo di esso il riferimento ai reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1, cit., e "si applica ai procedimenti iscritti successivamente alla data di entrata in vigore" della stessa legge di conversione (ossia al 9 ottobre 2023: cfr. L. n. 137, art. 1, comma 2, cit.).
2.4. Non vi è dubbio che per il delitto di cui all'art. 416 c.p., commi 1 e 3, per cui si procede, la cui pena edittale (la reclusione da tre a sette anni) è inferiore a quella prevista dall'art. 380 c.p.p., comma 1, non sia previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, neppure a mente dell'art. 380, comma 2, lett. m), cit., dato che l'associazione in incolpazione - nella prospettazione del Pubblico ministero, accolta dal Tribunale - non è diretta alla commissione di più delitti tra quelli richiamati dalla stessa lett. m). Tuttavia, esso rientra - proprio in ragione della pena per esso prevista - tra i reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1, lett. a), (che ammette le intercettazioni nei procedimenti relativi ai "delitti con colposi per i quali è prevista (...) la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'art. 4").
E' allora dirimente comprendere a quali procedimenti si applichi la disciplina posta dall'art. 270, comma 1, cit. nel testo anteriore alla recente modifica.
2.5. Ed è proprio sull'ambito applicativo di tale testo che si registra un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte.
2.5.1. Un primo orientamento, nel presupposto - fondato, tra l'altro, su Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244378 - 01, e Sez. 2, n. 22016 del 06/03/2019, Nicotra, Rv. 276965 - 01 - che, "nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero, salvi i casi di aggiornamento dell'iscrizione per il mutamento della qualificazione giuridica del fatto e per l'accertamento di circostanze aggravanti, deve procedere a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato sia quando acquisisce, nei confronti della stessa persona, elementi in ordine a fatti ulteriori costituenti reato, sia quando raccoglie, a carico di persone diverse dall'originario indagato, elementi in relazione al medesimo o ad un nuovo reato", ha ritenuto che "la locuzione "procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020" (...) faccia riferimento a tutte le notizie di reato che, dopo tale data, s(o)no state oggetto di nuova ed autonoma iscrizione, quale che sia la forma utilizzata dal pubblico ministero" (Sez. 5, n. 37169/2022, cit.; conf. Sez. 5, n. 37911 del 20/07/2022, Saponara, n. m.). L'esegesi in discorso ha attribuito rilievo, per quel che qui interessa, al dato secondo cui - a differenza delle precedenti norme che avevano differito l'entrata in vigore dell'art. 270 c.p.p., comma 1, come introdotto dal D.L. 30 dicembre 2019, n. 161, le quali avevano indicato quale parametro da considerare il tempus di emissione dei provvedimenti autorizzativi delle captazioni - la norma transitoria sia stata riscritta nel senso di riconoscere rilievo al riguardo all'iscrizione del procedimento, per l'appunto, facendo riferimento, alla luce dell'ultima modifica ai "procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020" (D.L. n. 161, art. 2, comma 8, cit., come sostituito dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, art. 1, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 2020, n. 70). Secondo questa prospettiva ermeneutica, tale diverso parametro sarebbe funzionale ad "evitare la commistione di discipline diverse applicabili alle intercettazioni disposte nello stesso procedimento (...), in tal modo abdicando al principio "tempus regit actum", che invece ispirava la precedente versione della stessa disposizione la quale, come si è visto, faceva riferimento all'epoca di adozione dei decreti autorizzativi"; e renderebbe "ragione (...) di come la locuzione "procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020" si riferisca ai procedimenti nel cui ambito si intendano utilizzare i risultati di intercettazioni aliunde captate, e non già ai procedimenti in cui le stesse siano state autorizzate", in quanto "e' solo riguardo (al)la circolazione extraprocedimentale del dato captativo che si pone (...) la questione del divieto di utilizzabilità e delle deroghe, e non già nel diverso procedimento nel quale le intercettazioni stesse siano state generate" (ivi); e ciò, senza che ne conseguano "palesi tensioni con i principi fondamentali" alla luce della giurisprudenza costituzionale.
A tale esegesi ha espressamente aderito Sez. 2 n. 37143 del 13/06/2023, Mati, n. m..
2.5.2. E' stata, tuttavia, resa una diversa lettura del medesimo quadro normativo (richiamata dalla difesa). Anch'essa ha preso le mosse dalla disciplina transitoria - già sopra richiamata - che ha differito l'entrata in vigore dell'art. 270 c.p.p., comma 1, (nel testo introdotto dal D.L. n. 161 del 2019, conv. con mod. dalla L. n. 7 del 2020), prevedendo che si applichi ai "procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020", rimarcando che in parte qua la disciplina delle intercettazioni (così novellata) "e' entrata in vigore solo dopo quest'ultimo intervento di proroga" (Sez. 6, n. 9846/2022 - dep. 2023, cit., che espressamente ha ripercorso il ragionamento svolto da Sez. 6, n. 47235/2021, cit.). E da tale dato ha tratto, proprio con riferimento all'art. 270 c.p.p., comma 1, e più specificamente alle menzionate modifiche ("che hanno sostanzialmente ampliato l'ambito della deroga al divieto di utilizzabilità delle intercettazioni disposte in altro procedimento, aggiungendo all'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza anche l'accertamento dei reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1"), che "la disciplina sopravvenuta non è applicabile alle intercettazioni disposte ed autorizzate (...) prima della data del 31 agosto 2020" (ivi). Secondo questo piano interpretativo, "il riferimento alla data di iscrizione del procedimento" assolve "alla funzione di delimitare l'ambito di applicazione" della disciplina in discorso "e dunque di escludere che essa trovi applicazione per le autorizzazioni che, sebbene siano state disposte successivamente a tale data, sono relative a procedimenti iscritti in epoca antecedente ad essa". Dunque, "rispetto alle intercettazioni disposte con provvedimenti autorizzativi anteriori al 31 agosto 2020", tale disciplina "non è applicabile, essendo evidente che per tali provvedimenti l'epoca di iscrizione del procedimento è necessariamente anteriore", in quanto "l'iscrizione del procedimento (e') un adempimento che precede tutti gli atti che si sviluppano al suo interno"; e "le intercettazioni eseguite nella vigenza della precedente disciplina, e quindi disposte nei limiti ed alle condizioni stabilite dalle norme di legge vigenti al momento della loro autorizzazione, non possono mutare regime normativo per effetto di sviluppi procedimentali successivi, derivanti dalla decisione di separare dall'originario procedimento alcune posizioni ovvero alcuni reati con conseguente trasmissione degli atti da un ufficio di Procura ad un altro, per ragioni di competenza territoriale e/o funzionale" (ivi). Con la conseguenza che, in tali ipotesi, "al fine della verifica della utilizzabilità delle captazioni è necessario fare riferimento alla disciplina previgente e ai principi fissati" da Sez. U. n. 51/2019, dep. 2020, cit. In tale prospettiva, "il riferimento alla data di iscrizione del procedimento" come detto, da ultimo scelto dal Legislatore per la regola transitoria de qua "serve solo a delimitare l'ambito di applicazione" della disposizione contemplata dall'art. 270 c.p.p., comma 1, (nel testo, che qui interessa, anteriore alla più recente novella, la quale ha nuovamente soppresso il riferimento ai reati di cui all'art. 266 c.p.p., comma 1, cit.) "per escluderla per le autorizzazioni che, sebbene siano state disposte successivamente a tale data, sono relative a procedimenti iscritti in epoca antecedente ad essa"; infatti, "la deroga al principio generale del tempus regit actum, che regola la successione delle leggi processuali in difetto di diverse disposizioni, riguarda esclusivamente i provvedimenti autorizzativi che (,) sebbene emessi dopo" il 31 agosto 2020, "sono relativi ad un procedimento iscritto prima. Soltanto in tali casi la nuova disciplina non potrà essere applicata per la finalità - sottesa alla modifica operata dal D.L. n. 161 del 2019 del criterio temporale riferito non più alla data di emissione del provvedimento ma a quello di iscrizione del procedimento - di assimilare la disciplina delle intercettazioni nell'ambito dei procedimenti per i quali le intercettazioni erano già in corso alla data del 31 agosto 2020, attraverso una sorta di ultrattività della vecchia disciplina anche oltre tale data che segna l'entrata in vigore della nuova disciplina" (Sez. 6, n. 47235/2021, cit.).
3. Il contrasto interpretativo appena delineato - la cui risoluzione è prodromica all'esame degli ulteriori motivi di ricorso - e la speciale importanza della questione, che ha incidenza estesa ed immediata sui procedimenti celebrati dopo il 31 agosto 2020 e prima dell'entrata in vigore della più recente novella, ad avviso del Collegio, impone di rimettere i ricorsi in esame alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618 c.p.p., comma 1, in relazione alla seguente questione:
"Se la disciplina del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all'art. 270 c.p.p., comma 1, - nel testo introdotto dal decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7 ed anteriore al decreto L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con modificazioni dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137 -, operi soltanto nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le captazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ovvero nel caso in cui solo quest'ultimo sia stato iscritto dopo tale data".
P.Q.M.
Rimette i ricorsi alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2023.
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