Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.45863 del 18/10/2022 (dep. 02/12/2022)
Il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione pubblica, di cui all'art. 318 c.p., come novellato dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, si differenzia da quello di corruzione propria, di cui all'art. 319 c.p., in quanto ha natura di reato di pericolo, sanzionando la presa in carico, da parte del pubblico funzionario, di un interesse privato dietro una dazione o promessa indebita, senza che sia necessaria l'individuazione del compimento di uno specifico atto d'ufficio.
Allo stesso modo anche lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, realizzato attraverso l'impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata, è sussumibile nella previsione dell'art. 318 c.p., e non in quella, più severamente punita, dell'art. 319 c.p., salvo che la messa a disposizione della funzione abbia in concreto prodotto il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.45863 del 18/10/2022 (dep. 02/12/2022)
in tema di corruzione propria, l'inserimento del patto corruttivo nell'ambito dell'esercizio di un potere discrezionale non implica necessariamente l'integrazione dell'ipotesi di cui all'art. 319 c.p., dovendosi verificare se l'atto sia stato posto in essere concretamente in violazione delle regole che disciplinano l'esercizio del potere discrezionale e se il pubblico agente abbia pregiudizialmente inteso realizzare l'interesse del privato corruttore.
Laddove il mercimonio riguardi il generico compimento dell'attività discrezionale, non può ritenersi integrato il reato di cui all'art. 319 c.p. solo perché vi sia stato l'asservimento del pubblico agente agli interessi del privato qualora l'atto compiuto realizzi ugualmente l'interesse pubblico e non sia stato violato alcun dovere specifico che attiene all'atto adottato e non alla mera violazione dei doveri di imparzialità e terzietà del pubblico ufficiale.