LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 3225/2014 proposto da:
R.F., elettivamente domiciliato in Roma, Corso Trieste n.87, presso lo studio dell’avvocato Antonucci Arturo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Vassalle Roberto, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Antoniana Veneta S.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1290/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2018 dal cons. VALITUTTI ANTONIO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 23 giugno 2006, R.F. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Mantova, la Banca Antoniana Popolare Veneta, quale incorporante la Banca Nazionale dell’Agricoltura, chiedendo dichiararsi la nullità o, in subordine, pronunciarsi l’annullamento o la risoluzione dei contratti di investimento in obbligazioni argentine stipulati tra le parti in data 4 maggio 1999 e 26 agosto 1999, con condanna della convenuta alla restituzione delle somme investite, pari ad Euro 145.052,13, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 1024/2007, dichiarava il difetto di legittimazione del R. in ordine alla domanda concernente l’investimento in obbligazioni argentine del 4 maggio 1999 – poichè effettuato dalla madre dell’attore, Rita Bighi – mentre accoglieva la pretesa attorea in relazione all’investimento del 26 agosto 1999, nonchè alle precedenti operazioni finanziarie del 18 ottobre 1996 e del 25 agosto 1998. Il giudice adito accertava, invero, la nullità degli ordini di acquisto suindicati per difetto della forma scritta prevista dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, per il contratto quadro, e condannava, di conseguenza, la banca alla restituzione della somma di Euro 100.802,03, oltre interessi legali, a favore del R.. Con la medesima sentenza quest’ultimo – in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla banca veniva, tuttavia, condannato al pagamento, in favore dell’intermediaria, della somma di Euro 284.830,82, oltre interessi legali, a titolo di restituzione di cedole riscosse in forza di operazioni eseguite in forza dei contratti quadro nulli. Per cui, operata la compensazione tra le opposte ragioni di credito, l’attore veniva condannato a pagare la differenza all’istituto di credito convenuto.
2. Con sentenza n. 1290/2013, depositata il 21 novembre 2013, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della decisione di primo grado, rilevata l’assenza di una formale domanda della banca di pagamento di quanto dovutole dall’investitore, si limitava a dichiarare la parziale compensazione tra quanto dovuto dall’istituto di credito al R. e quanto quest’ultimo era tenuto a corrispondere alla intermediaria, revocando la condanna dell’attore al pagamento del residuo.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso R.F. nei confronti della Banca Antoniana Veneta s.p.a. affidato a sei motivi, illustrati con memoria. L’intimata non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va rilevato che, con il secondo motivo di ricorso – che riveste carattere preliminare rispetto agli altri – R.F. si duole del fatto che la Corte d’appello – muovendo dall’erroneo presupposto secondo cui la nullità del contratto quadro, una volta eccepita dall’investitore, l’unico legittimato a farla valere, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, “si ripercuote su tutte le operazioni eseguite in base all’atto negoziale viziato” – abbia ritenuto di accogliere la domanda riconvenzionale dell’istituto di credito, volta ad ottenere, per effetto della caducazione di tutte le operazioni poste in essere in esecuzione del rapporto dichiarato nullo, la restituzione, ai sensi dell’art. 2033 c.c., di tutti i titoli compravenduti ancora in disponibilità dell’investitore, nonchè la compensazione tra il credito del R., per la restituzione delle somme indebitamente pagate, e quello della banca relativo agli “utili, dividendi e cedole e ogni altra utilità (…) derivante da tutte le operazioni effettuate per il tramite della banca”. Per contro, ad avviso dell’esponente, l’investitore – ai sensi degli artt. 99 e 100 c.p.c. – ben potrebbe selezionare il rilievo della nullità, limitandolo ai soli contratti (di acquisto di prodotti finanziari) attuativi del contratto quadro nullo per difetto di forma, dai quali si sia ritenuto illegittimamente pregiudicato, lasciando gli altri fuori del giudizio. La banca – ad avviso del ricorrente – non sarebbe, pertanto, legittimata – attraverso la domanda riconvenzionale proposta – a richiedere che venissero considerate travolte, dall’eccezione di nullità di due sole operazioni di investimento, tutte le altre poste in essere nel corso del rapporto di intermediazione finanziaria dichiarato nullo.
2. Tanto premesso, va osservato che la questione oggetto di censura nel presente giudizio – concernente l’eccezione di nullità limitata ad alcuni ordini di acquisto, cd. nullità selettiva – ha costituito oggetto di alcune decisioni della prima sezione civile di questa Corte.
2.1. Una prima pronuncia – muovendo dal rilievo secondo cui nel contratto di intermediazione finanziaria, la produzione in giudizio del modulo negoziale relativo al contratto quadro sottoscritto soltanto dall’investitore non soddisfa l’obbligo della forma scritta “ad substantiam”, imposto, a pena di nullità, dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, questa Corte, occorrendo la sottoscrizione di entrambi i contraenti – è pervenuta alla conclusione che, trattandosi di una nullità di protezione, la stessa può essere eccepita dall’investitore anche limitatamente ad alcuni degli ordini di acquisto, a mezzo dei quali è stata data esecuzione al contratto viziato (Cass., 27/04/2016, n. 8395).
2.2. Successive pronunce, hanno, peraltro, rilevato che “L’esigenza di scongiurare uno sfruttamento “opportunistico” della normativa di tutela dell’investitore potrebbe portare la Corte, come suggerito da parte della dottrina, ad affermare la possibilità per l’intermediario di opporre l’exceptio doli generalis in tutte quelle ipotesi in cui il cliente (evidentemente in mala fede) proponga una domanda di nullità “selettiva”, cosicchè l’eccezione di dolo, concepito quale strumento volto ad ottenere la disapplicazione delle norme positive nei casi in cui la rigorosa applicazione delle stesse risulterebbe – in ragione di una condotta abusiva – sostanzialmente iniqua, potrebbe in effetti rivelarsi un’utile arma di difesa contro il ricorso pretestuoso all’art. 23, menzionato”. Siffatta opzione interpretativa si porrebbe, tuttavia, in palese contrasto con la soluzione – più garantistica per l’investitore, legittimato ad eccepire la nullità anche limitatamente a taluni ordini di acquisto – prescelta dalla decisione suindicata, laddove si ravvisasse, invece, nella condotta dell’investitore medesimo – che eccepisca la nullità solo di alcune operazioni, conseguente alla nullità del contratto quadro – un abuso del diritto, finalizzato a trasferire opportunisticamente sull’intermediario l’esito negativo di uno o più investimenti.
In ogni caso, nella ipotizzabile violazione, da parte del cliente che operi secondo le modalità sopra descritte, degli artt. 1175 e 1375 c.c., oltre che del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, con la conseguente, eventuale, rilevanza attribuibile all’exceptio doli sollevata dall’intermediario per paralizzare tale uso “selettivo” della nullità del contratto quadro, è stata ravvisata – dalle pronunce in esame – la necessaria soluzione di una questione di massima di particolare importanza. La causa è stata rimessa, quindi, all’esame del Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, ultima parte, ai fini della risoluzione della questione, a monte, concernente l’eventuale nullità del contratto quadro recante la firma del solo investitore, nonchè della ulteriore questione, a valle, attinente alla contrarietà a buona fede della cd. nullità selettiva (cfr. Cass., 17/05/2017, nn. 12388;12389 e 12390).
3. Le Sezioni Unite hanno, con diverse pronunce, affrontato la prima di dette questioni, affermando che, laddove il contratto quadro sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed esso rechi la sottoscrizione di quest’ultimo e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti, va esclusa la nullità del contratto medesimo, ai sensi dell’art. 1350 c.c., e D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23. E’ rimasta, per contro, assorbita la seconda delle questioni suindicate – che pure aveva costituito oggetto di rimessione – concernente l’uso selettivo, da parte dell’investitore, della nullità del contratto quadro (cfr. Cass. Sez. U., 16/01/2018, n. 898; Cass. Sez. U., 18/01/2018, n. 1200).
4. La successiva giurisprudenza di questa sezione ha, poi, affermato che, in materia di intermediazione finanziaria, allorchè le singole operazioni di investimento abbiano avuto esecuzione in mancanza di un valido contratto quadro, previsto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, all’investitore che chiede la declaratoria di nullità solo per alcune di esse, non sono opponibili l’eccezione di dolo generale fondata sull’uso selettivo della nullità e, in ragione della protrazione nel tempo del rapporto, l’intervenuta sanatoria del negozio nullo per rinuncia a valersi della nullità o per convalida di esso. L’una e l’altra sono, per vero, prospettabili solo in relazione ad un contratto quadro formalmente esistente, e non anche quando questo sia affetto da nullità per difetto della forma prescritta. Per effetto della nullità del contratto di investimento, i cui effetti per i principi regolanti le nullità negoziali si estendono al negozio di acquisto effettuato dall’intermediario per dare esecuzione all’ordine ricevuto, l’intermediario e l’investitore hanno, pertanto, il diritto di ripetere l’uno nei confronti dell’altro le reciproche prestazioni. Sicchè è legittimamente dichiarata la compensazione tra la somma che l’investitore abbia corrisposto all’intermediario ai fini dell’investimento e la somma che l’intermediario abbia riscosso per conto dell’investitore, ed abbia corrisposto al medesimo a titolo di frutti civili (Cass., 24/04/2018, n. 10116).
Non è, invero, precluso all’intermediario, sebbene non abbia proposto la domanda di nullità anche degli ordini positivamente conclusi per il proprio cliente, di sollevare l’eccezione di compensazione con riguardo all’intero credito restitutorio che gli deriva, in tesi, dal complesso delle operazioni compiute nell’ambito del contratto quadro dichiarato nullo (Cass., 16/03/2018, n. 6664).
5. Orbene, la rilevanza e la delicatezza della questione oggetto del secondo motivo di ricorso (cd. nullità selettiva), nella quale temi specifici della contrattazione finanziaria incrociano profili più generali del diritto delle obbligazioni (regime delle nullità di protezione, sanabilità del negozio nullo, opponibilità delle eccezioni di correttezza e buona fede), e la difficile ricerca di un punto di equilibrio tra le opposte esigenze, di garanzia degli investimenti operati dai privati con i loro risparmi (art. 47 Cost.) e di tutela dell’intermediario, anche in relazione alla certezza dei mercati in materia di investimenti finanziari, inducono il Collegio a condividere pienamente le ragioni che avevano indotto questa stessa sezione a rimettere la questione al Primo Presidente per l’eventuale nuova assegnazione alle Sezioni Unite.
6. La causa va, pertanto, rimessa all’esame del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione perchè valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite civili, in quanto essa presuppone la necessaria soluzione di una questione di massima di particolare importanza, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, ultima parte.
P.Q.M.
Rimette la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2018
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