Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26534 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Z.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio dell’avvocato GIZZI FABRIZIO, rappresentato e difeso da se medesimo e dall’avvocato ZAULI MENOTTO CESARE;

– ricorrente –

contro

UNEP DEL TRIBUNALE DI FORLI’;

– intimato –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di FORLI’, depositato il 28/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott.ssa RUBINO LINA.

RILEVATO

che:

1. Z.C. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi ed illustrato da memoria contro l’Ufficio UNEP del Tribunale di Forlì, avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione in data 28.6.2017.

2. L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati notificati al ricorrente.

4. Il ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Il Collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nella memoria, condivide le valutazioni contenute nella proposta del relatore nel senso della inammissibilità del ricorso.

2. Questa la vicenda, sulla base di quanto esposto dal ricorrente: intrapresa una procedura esecutiva di pignoramento mobiliare da parte dell’avvocato Z., essa veniva abbandonata a seguito di una transazione; gli ufficiali giudiziari ottenevano la liquidazione del compenso per l’attività svolta, ai sensi del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 122.

A questo punto, l’avvocato Z. proponeva un ricorso ex art. 702 bis c.p.c. direttamente nei confronti dell’Ufficio Unep, affermando che gli ufficiali giudiziari non avessero diritto alla liquidazione dell’onorario, perchè non vi era stata estinzione in senso tecnico della procedura esecutiva.

Il giudice adito dichiarava il difetto di legittimazione passiva dell’UNEP, in quanto organo dello Stato privo di rilevanza esterna, e rigettava il ricorso.

Contro questa ordinanza definitoria del giudizio, propone direttamente ricorso per cassazione l’avv. Z., denunciando col primo motivo la violazione dell’art. 81 c.p.c., in relazione agli artt. 75 e 99 c.p.c., contestando il difetto di legittimazione passiva dell’UNEP in quanto fu proprio l’UNEP a formulare la richiesta di liquidazione delle spese.

Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 96 c.p.c., in quanto, l’azione dell’UNEP tesa ad ottenere la liquidazione delle spese sostenute dagli ufficiali giudiziari, proposta nei suoi confronti sarebbe stata temeraria.

Con il terzo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 291 c.p.c. per non aver il giudice disposto la rinnovazione della notificazione al suo corretto destinatario.

Il ricorso proposto si appalesa del tutto inammissibile, sotto diversi concorrenti profili.

L’avv. Z. non chiarisce quale tipo di procedimento avrebbe azionato a mezzo del proprio ricorso ex art. 702 bis c.p.c., se una opposizione avverso la liquidazione dei compensi in favore dell’ufficiale giudiziario, o un’azione di accertamento della non debenza di tali compensi (a pag. 15, all’interno del terzo motivo, fa riferimento al rito sommario utilizzabile in relazione alle controversie D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170). Non riporta altro che le conclusioni della propria domanda, (“accertare e dichiarare che l’avv. Z.C. non deve versare…) e quindi, in primo luogo, il ricorso non contiene sufficienti riferimenti neppure al fine di individuare se l’impugnazione proposta sia ammissibile, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Sulla base della scarna prospettazione della parte ed in mancanza di altre precisazioni da parte sua, deve ritenersi che sia stato attivato un ordinario rito sommario di cognizione, ex art. 702 bis c.p.c., avverso il quale il rimedio proponibile sarebbe stato l’appello.

Vi è poi un ulteriore motivo di inammissibilità: l’illustrazione del ricorrente contiene un riferimento a documenti e/o atti processuali, ma non osserva nessuno dei contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, nè lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) non indica la sede in cui, in questo giudizio di legittimità, il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), sarebbe esaminabile dalla Corte, anche in copia, se si trattasse di documento della controparte; d) non indica la sede in cui l’atto processuale sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità, in quanto non precisa di averlo prodotto in originale o in copia e nemmeno fa riferimento alla presenza di esso nel fascicolo d’ufficio (Cass., sez. un., n. 22716/2011, n. 7161/2010, n. 28547/2008).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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