LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7608/2016 proposto da:
N.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARENULA N 16, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA DIONISI, rappresentata e difesa dall’avvocato N.C. difensore di sè medesima;
– ricorrente –
contro
ENEL DISTRIBUZIONE SPA, ***** in persona del suo procuratore Avv. MARCO MAMMOLITI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FIRENZE 32, presso lo studio dell’avvocato ELENA IEMBO, rappresentata e difesa dall’avvocato TOMMASO RICCI giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 248/2015 del TRIBUNALE di CATANZARO, depositata il 16/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/05/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 9/11/2007 l’avv. N.C. convenne davanti al Giudice di Pace di Catanzaro l’Enel Distribuzione S.p.A. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in data ***** a seguito di sbalzi di corrente elettrica verificatisi, tra le ore 16,30 e le ore 16,45, all’interno del proprio studio professionale sito in *****. Nell’atto introduttivo del giudizio venne formulata richiesta di prova testimoniale.
Si costituì l’Enel e, in assenza di parte attrice all’udienza di trattazione della causa, su richiesta della convenuta il Giudice fissò l’udienza per la precisazione delle conclusioni, omettendo di provvedere sulle prove. L’attrice chiese, con istanza depositata in cancelleria, la revoca dell’ordinanza motivando in ordine alla rilevanza dei formulati mezzi di prova richiesti.
Il Giudice di Pace, ritenendo che l’istanza riguardasse la rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c., fissò l’udienza del 23/5/2008 poi rinviata d’ufficio al 28/5/2008 e, a quest’ultima udienza, si riservò sulla richiesta di prove, poi rigettandola.
Il Giudice di Pace, con sentenza del 26/11/2008, rigettò la domanda condannando l’attrice a pagare le spese. La N. propose appello, si costituì l’Enel, fu ammessa ed espletata la prova per testi richiesta dall’attrice e, con sentenza del 16/2/2015, il Tribunale rigettò l’appello, compensando le spese del grado. Avverso quest’ultima sentenza N.C. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso Enel Distribuzione S.p.A..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 159 e 161 c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 245 c.p.c., comma 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla reiterata richiesta di revoca dell’ordinanza di remissione della causa all’udienza di precisazione delle conclusioni ed in particolare per aver omesso di verificare che essa attrice avesse aderito alla rinunzia di parte convenuta relativa ai mezzi di prova costituenda. Il giudice avrebbe violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato con violazione degli artt. 112 c.p.c. e 245 c.p.c..
1.1 Il motivo è inammissibile sotto più concorrenti profili. In primo luogo difetta di pertinenza e decisività laddove rappresenta la violazione dell’art. 245 c.p.c., comma 2, norma del tutto estranea al presente contesto processuale: la norma si riferisce alla rinuncia all’espletamento delle prove ammesse, laddove, invece le prove nel giudizio de quo agitur non erano state neppure ammesse. Per un diverso e concorrente profilo il motivo è inammissibile perchè difetta di autosufficienza e viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, laddove omette di indicare specificamente gli atti processuali cui fa riferimento, in modo pertanto non circostanziato. Inoltre il motivo difetta di autosufficienza anche con riguardo al vizio di pretesa omessa pronuncia in quanto la medesima neppure sussiste avendo il giudice d’appello, con l’ammissione dei mezzi di prova rigettati in primo grado, implicitamente rigettato la domanda di nullità della sentenza.
2. Con il secondo motivo (nullità della sentenza ex artt. 159 e 161 c.p.c., in relazione agli artt. 181 e 320 c.p.c. e art. 24 Cost. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)), censura la sentenza per aver omesso di pronunciare sulla richiesta di ammissione dell’interrogatorio formale e della prova per testi articolati dall’attrice.
2.1 Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni esposte in relazione al primo motivo in quanto la ricorrente si duole della non ammissione delle proprie richieste istruttorie da parte del giudice di primo grado mentre le stesse sono state vagliate e ammesse dal Tribunale di Catanzaro in sede di appello. Ne consegue l’inammissibilità del motivo.
3. Con il terzo motivo (violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) censura la sentenza per aver omesso di pronunciare sulla eccepita presenza di un vizio di ultrapetizione rispetto alla sentenza del Giudice di Pace, avendo il medesimo pronunciato su una questione mai sollevata, relativa alla conformità dell’impianto elettrico alla legislazione vigente.
3.1 Il motivo è infondato perchè la ricorrente, per rappresentare la censura, isola una frase dal contesto della motivazione nel quale la stessa è inserita, laddove il tenore complessivo della motivazione non presenta alcun vizio di ultrapetizione.
4. Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente si duole del fatto che l’Enel Distribuzione, in qualità di esercente un’attività pericolosa, avrebbe avuto l’onere, di cui non si è data invece carico, di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, sulla base della presunzione di responsabilità stabilita dall’art. 2050 c.c..
4.1 Il motivo è inammissibile sia perchè difetta di specificità e non soddisfa le condizioni richieste da questa Corte (Cass. Sez. Un. n. 7074 del 2017, che riprende Cass. n. 4741 del 2005), sia perchè non consiste in una circostanziata censura alla motivazione dell’impugnata sentenza, previo riferimento ai punti dell’atto di appello nei quali la questione era stata trattata, ma in una generica richiesta di riesame.
5. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il regime delle spese del giudizio di Cassazione segue la soccombenza ed è liquidato come da dispositivo. Sussistono le condizioni del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 900 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 25 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018
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