Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.27634 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27493/2013 proposto da:

B.S., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma, Via Monte Zebio 32, presso lo studio dell’avvocato Francesco Silvestri, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Errico Eduardo Chiusolo;

– ricorrenti –

contro

Consorzio GE.SE.CE.DI., elettivamente domiciliato in Roma, Via Sabotino n. 12, presso Io studio dell’avvocato Luca Savini, rappresentato e difeso dagli avvocati Matteo Maria Fiorentino, Bruno Cimadomo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1446/2013 della Corte d’appello di Napoli, depositata il 11/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/03/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;

udite le conclusioni del P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto Celeste che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Errico Eduardo Chiusolo per i ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’Avvocato Bruno Cimadomo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Per quanto qui rileva, gli odierni ricorrenti come in epigrafe indicati avevano convenuto in giudizio il Consorzio GE.SE.CE.DI. (di seguito solo consorzio) al fine di sentir dichiarare la nullità della clausola apposta all’art. 2 dei due contratti di vendita collettiva stipulati ai sensi della legge 410/2001, con la società “S.C.I.P. – Società Cartolizzazione Immobili Pubblici s.r.l.” in forza del quale erano divenuti proprietari degli appartamenti siti nel centro direzionale “*****” e “*****” di *****. Detta clausola prevedeva la partecipazione obbligatoria degli acquirenti al consorzio per la manutenzione e la gestione delle infrastrutture degli impianti pubblici o di uso comune ricadenti nel comprensorio di nuova edificazione del Centro Direzionale costituito dalla Mededili cosicchè, per effetto dell’acquisto delle unità immobiliari, la parte acquirente aveva acquistato automaticamente anche la qualità di membro del consorzio GE.SE.CE.DI. accettandone espressamente i patti e le condizioni.

2. Tale clausola, ad avviso degli attori, doveva ritenersi nulla per diversi ordini di motivi. In subordine, chiedevano di accertare il loro formale recesso dall’associazione che aveva costituito il predetto consorzio. Costituendosi il consorzio formulava in via riconvenzionale domanda di accertamento della qualità di associati del consorzio in capo agli attori.

3. Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 7445/2009 dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale e rigettava le domande proposte dagli attori e dagli altri proprietari intervenuti in corso di causa.

4. Avverso tale pronuncia gli odierni ricorrenti proponevano gravame e la Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 1447/2013 rigettava l’appello principale nonchè quello incidentale proposto dal consorzio.

5. Per la cassazione di tale pronuncia gli odierni ricorrenti hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi, cui resiste il consorzio. In prossimità dell’udienza parte ricorrente e controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Premesso che non appaiono dirimenti nè l’eccezione di improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nè quella di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sollevate da parte controricorrente, essendo stato integralmente richiamato il contenuto non contestato della clausola denominata art. 2 del contratto di vendita ed essendo sinteticamente, ma chiaramente, descritto il percorso processuale scandito dalle pronunce di primo e di secondo grado, il ricorso è infondato con riguardo a tutti e quattro i motivi proposti.

2. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 1372,1326,1332 c.c., nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 36 c.c., per avere la Corte erroneamente ritenuto il contratto di acquisto delle rispettive unita immobiliari concluso con S.C.I.P. s.r.l. produttivo di effetti anche nei confronti del consorzio, ricollegando, in particolare, alla sottoscrizione della clausola contenuta nell’art. 2 del contratto di vendita l’assunzione della qualità di consorziato.

3.Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1349 e 1362 c.c., per avere la Corte napoletana illegittimamente ritenuto obbligatoria la partecipazione al consorzio sulla base di una interpretazione dell’art. 3 dell’atto costitutivo e dell’art. 3 dello Statuto del consorzio, contraria alle regole di ermeneutica contrattuale, dando cioè rilievo ad una inesistente adesione preventiva in applicazione degli artt. 24 e 36 c.c..

3.1. I motivi 1 e 2 possono essere esaminati congiuntamente perchè veicolano infondate censure in fatto in ordine al significato delle pattuizioni negoziali richiamate (art. 2 dei contratti di vendita collettiva e art. 3 dell’atto costitutivo e dello Statuto del consorzio) che sono state ricostruite dal giudice del merito in conformità al principio espresso da Cass. 22647/2012, secondo cui “l’art. 3 dello Statuto consortile regolamenta le modalità di adesione degli associati: essa si verifica nel caso di compravendita di unità immobiliari ubicate nel comprensorio. Ne consegue che il consorzio ha presentato il proprio assenso preventivo all’ingresso del nuovo associato; l’ingresso effettivo si concretizza secondo una modalità predeterminata, cioè con la conclusione del contratto di compravendita di ciascuna delle suddette unità immobiliari, senza che occorrano formalità ulteriori” (principio ribadito anche in Cass. 18560/2016).

3.2. i Motivi sono, pertanto, entrambi infondati.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti censurano l’errata applicazione dell’art. 1469 bis c.c., per non avere il giudice d’appello ritenuto abusiva e vessatoria la clausola di ingresso obbligatorio nel consorzio poichè predisposta unilateralmente dall’ente che intendeva dismettere il patrimonio immobiliare, ed avere, invece, disatteso il gravame riconoscendo che il consorzio svolgeva un’attività di valorizzazione del patrimonio dell’acquirente con conseguente necessità della partecipazione dello stesso ai relativi oneri.

4.1. Il motivo è inammissibile perchè, nella sostanza, censura la valutazione di merito motivatamente espressa dalla corte territoriale sull’utilità derivante all’acquirente dall’adesione al consorzio e mira a conseguire una conclusione di merito diversa senza, in realtà, denunciare il principio regolatore asseritamente violato nella sentenza impugnata.

5. Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla domanda di recesso per giusta causa.

5.1. Il motivo è fondato nel senso che non risulta nella sentenza impugnata un’espressa decisione sul motivo.

Tuttavia, al caso in esame può farsi applicazione del condivisibile principio più volte affermato da questa Corte (da ultimo con la sentenza delle sezioni unite n. 2731/2017; id. 28663/2013; 23989/2014) secondo il quale la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perchè erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto.

4.2. Deve, perciò, ritenersi, integrando sul punto la decisione impugnata, che la conclusione adottata dalla Corte territoriale di rigetto del gravame sia corretta) anche con riguardo alla questione riguardante il rigetto della domanda di recesso dall’associazione, in quanto lo statuto del consorzio non lo consente al di fuori dell’ipotesi di trasferimento.

4.3. Il rigetto è conforme, oltre che all’interpretazione dell’art. 3 dell’atto, costitutivo del consorzio, anche al principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e i beni di proprietà esclusiva, il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall’obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall’art. 1104 c.c., che consente 1"abbandono liberatorio” nella comunione, bensì dall’art. 1118 c.c., che lo vieta nel condominio (cfr. Cass. 20989/2014; id. 4125/2003).

5. Atteso l’esito sfavorevole del ricorso, le spese seguono la soccombenza e sono liquidati a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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