LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1810-2015 proposto da:
P.R.P. di M.P. & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 229, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE BONFIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO FUGAZZOLA;
– ricorrente –
contro
UMBRIA FILLER s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACHILLE PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato MARCO TAGLIENTE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANDRO PICCHIARELLI;
– controricorrente –
e contro
STAS SOCIETA’ TRASPORTI ALTO SEBINO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, ALLIANZ s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza n. 886/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 01/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Rilevato:
che la corte d’appello di Brescia, confermando integralmente la sentenza di primo grado del tribunale di Bergamo, sezione distaccata di Clusone, ha respinto la domanda della società P.R.P. di M.P. & c. s.n.c. avente ad oggetto il risarcimento dei danni conseguiti pialla presenza di “graniglia di grosso spessore” in una fornitura di componenti per preparati pittorici, conseguentemente risultata compromessa, che essa P.R.P. aveva acquistato dalla società Umbria Filler s.r.l. e che era stata trasportata dal vettore Società Trasporti Alto Sebino s.r.l. (di seguito, STAS);
che la P.R.P. aveva agito nei confronti della Umbria Filler s.r.l. ai sensi dell’art. 1494 c.c. e nei confronti della STAS ai sensi dell’art. 2043 c.c.;
che la STAS aveva chiamato in causa la compagnia assicuratrice Allianz S.p.A. per essere eventualmente manlevata;
che la corte bresciana ha ritenuto che la società appellante fosse decaduta dall’azione risarcitoria per vizi della cosa venduta esperita nei confronti della società venditrice Umbria Filler ai sensi dell’art. 1495 c.c.;
che in particolare, per quanto qui ancora interessa, la corte distrettuale ha escluso che la lettera con cui la Umbria Filler aveva ammesso che un campione del prodotto venduto alla P.R.P. era risultato effettivamente inquinato potesse qualificarsi come riconoscimento interruttivo della decorrenza del predetto termine decadenziale ex art. 1495 c.c., comma 2, argomentando che nella suddetta lettera la società venditrice aveva affermato che la presenza della graniglia nel prodotto non poteva essere legata al ciclo produttivo ma doveva piuttosto attribuirsi ad un inquinamento del prodotto;
che la corte d’appello ha altresì respinto l’azione di risarcimento del danno extracontrattuale spiegata nei confronti della società STAS poichè la P.R.P. non aveva allegato alcun comportamento doloso o colposo della stessa STAS, nè aveva offerto alcuna prova in ordine al quantum dei danni lamentati;
che la società P.R.P. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado sulla scorta di un unico motivo, riferito al vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
che la Umbria Filler s.r.l. si è difesa con controricorso, mentre la STAS e la Allianz S.p.A. non hanno spiegato attività difensiva in questa sede;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 19 ottobre 2018, per la quale solo la ricorrente ha depositato una memoria;
considerato:
che con l’unico motivo di ricorso la società P.R.P. denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., affermando che la corte d’appello di Brescia ha fondato il rilievo dell’intervenuta decadenza dall’esercizio dell’azione per vizi – e, conseguentemente, il rigetto della pretesa avanzata nei confronti della Umbria Filler s.r.l. – sulla scorta di un orientamento giurisprudenziale di legittimità – secondo cui non si avrebbe riconoscimento del vizio della merce quando il fenomeno, cui l’acquirente attribuisce natura di vizio, venga sì riconosciuto dal venditore, ma venga da lui riferito non già ad intrinseco difetto della cosa venduta, bensì a difetto imputabile all’acquirente o a terzi – risalente (Cass. 8226/1990) ed ormai superato;
che la ricorrente invoca, al contrario, il principio che il riconoscimento, da parte del venditore, del vizio della cosa venduta è idoneo ad escludere la decadenza dall’azione anche qualora non contenga alcuna ammissione di responsabilità ma si sostanzi in una mera ricognizione della presenza dell’alterazione (Cass. 4464/97, Cass. 4893/03);
che da tale ultimo principio discenderebbe, nel caso di specie, che dovrebbe considerarsi riconoscimento del vizio l’affermazione, contenuta nella lettera inviata dalla Umbria Filler alla P.R.P. l’1.2.207, che “Si può concludere che, sia per quanto riguarda le dimensioni (i nostri processi produttivi escludono che nel prodotto finale siano presenti particelle di tali dimensioni) sia per quanto riguarda la natura, la presenza di tale residuo all’interno del nostro prodotto ***** sia da individuare ad un inquinamento”;
che il motivo non può trovare accoglimento alla stregua del principio che,’ l’accertamento, ad opera del giudice del merito, sia dell’esistenza in concreto dei vizi della cosa venduta sia in ordine al riconoscimento, da parte del venditore, dei vizi medesimi costituisce un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da errori sul piano logico e giuridico (Cass. 10288/02);
che infatti, nella specie, la corte di appello ha escluso il riconoscimento non per l’assenza di una assunzione di responsabilità da parte del venditore in ordine ad un vizio del prodotto da costui riconosciuto esistente nella sua materialità ma perchè – nell’esercizio dei poteri ermeneutici che competono al giudice di merito – ha interpretato l’espressione “inquinamento” come riferita ad un fatto esterno modificativo delle caratteristiche del prodotto uscito dalla fabbrica e quindi negatoria di un riconoscimento di vizi del prodotto uscito dalla fabbrica;
che tale ermeneusi negoziale – in se stessa non implausibile, ove si consideri il riferimento, contenuto nella suddetta dichiarazione, alle caratteristiche dei processi produttivi del venditore non è stata specificamente censurata.
che quindi in definitiva il ricorso non può trovare accoglimento;
che le spese seguono la soccombenza;
che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente a rifondere alla Umbria Filler s.r.l. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019