Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.12048 del 08/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6826/2017 proposto da:

Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa n. 175, presso lo studio dell’avvocato Vita Toscano della Funzione Affari Legali di Poste Italiane, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Loreto Severino, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a., nuova denominazione sociale di Banca Intesa S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in Roma, Viale di Villa Grazioli n. 15, presso lo studio dell’avvocato Benedetto Gargani, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ermanno Masseroni giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2812/2016 del Tribunale di Bergamo pubblicata il 27/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2019 dal Cons. Laura Scalia.

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice di Pace di Lovere con sentenza del 7 febbraio 2014 accoglieva la domanda proposta dall’attore, B.N., nei confronti di Poste Italiane S.p.A., istituto negoziatore, diretta ad ottenere il risarcimento del danno dal primo risentito in esito allo smarrimento dell’assegno bancario tratto su Banca Intesa San Paolo, all’epoca Banca San Paolo Imi, n. ***** dell’importo di Euro 5.000,00 che, consegnato in data 11 dicembre 2002 all’ufficio postale presso il quale il primo aveva acceso il proprio conto corrente.

La banca negoziatrice aveva smarrito in fase di spedizione alla stanza di compensazione il titolo che era stato accreditato soltanto il 21 marzo 2012 ed aveva comunicato al correntista erroneamente il numero dell’assegno determinando il protrarsi della procedura di ammortamento e maggiori oneri per l’attore.

Poste Italiane S.p.A. nel costituirsi riconosceva le proprie responsabilità per avere smarrito l’assegno e dedotto l’inadempimento della trattaria agli Accordi ABI “Per il servizio di incasso dei titoli bancari e postali” chiamava in lite l’attuale Intesa SanPaolo S.p.A., istituto trattario.

Il Giudice di Pace accoglieva la domanda dell’attore nei confronti di Poste e per quanto di interesse in questa sede rigettava, invece, la domanda di garanzia proposta dalla convenuta avverso la terza trattaria per carenza di legittimazione passiva in quanto estranea alle vicende che avevano determinato lo smarrimento dell’assegno, con rigetto delle azioni di regresso e di ingiustificato arricchimento, ritenute prescritte.

Il Tribunale di Bergamo con sentenza del 27 settembre 2016 decidendo sull’appello proposto da Poste Italiane S.p.A., che aveva ad oggetto le statuizioni adottate in primo grado rispetto ad Intesa Sanpaolo, lo rigettava confermando l’impugnata sentenza.

Il giudice di appello riteneva l’infondatezza dell’azione di danno proposta da Poste Italiane S.p.A., che imputava alla banca trattaria Sanpaolo l’inadempimento agli obblighi di collaborazione, informazione e garanzia cui era vincolata in ragione di clausole dell’Accordo Abi “Per il servizio di incasso dei titoli bancari e postali”, avendo rifiutato sia le richieste di pagamento a lei rivolte in forza di decreto di ammortamento esecutivo che la comunicazione dei dati identificativi del traente con impossibilità della prima di recuperare dalla trattaria l’importo dell’assegno e di esercitare azione di regresso e di ingiustificato arricchimento avverso il beneficiario ex artt. 45 e 59 legge assegni.

Il Tribunale bergamasco riteneva infatti che il danno reclamato dovesse imputarsi alla condotta della stessa appellante che in seguito allo smarrimento dell’assegno intervenuto in data 11 dicembre 2002 aveva informato dell’accaduto la trattaria solo il 7 febbraio 2006, in tal modo subendo verso il traente l’effetto della prescrizione dell’azione di arricchimento di cui all’art. 59 legge assegni.

Ai sensi dell’art. 75 medesima legge, l’azione si sarebbe estinta nel termine di un anno dalla giorno della perdita di quella di regresso che si sarebbe, a sua volta, prescritta nel termine di sei mesi dalla scadenza di quello per la presentazione dell’assegno ed anche ove la trattaria avesse fornito tempestivamente i dati del traente, tanto non sarebbe potuto avvenire che dopo l’ultimo atto interruttivo della prescrizione del 28 novembre 2006, in cui si sarebbe già registrata la prescrizione di un anno e sei mesi dell’azione di arricchimento ingiustificato del traente.

2. Ricorre in cassazione avverso l’indicata sentenza Poste Italiane S.p.A. con unico articolato motivo.

Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo S.p.A. che propone altresì ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il proposto motivo la ricorrente Poste Italiane S.p.A. deduce la violazione degli artt. 1218,1223, 20141 e 2042 c.c., e degli artt. 26,59 e 60 della legge assegni.

Il Tribunale di Bergamo, qualificata l’azione promossa da Poste avverso la banca trattaria come contrattuale per violazione delle clausole nn. 5.2.1 e 5.4 degli Accordi ABI, a cui gli istituti in causa avevano aderito, per avere la seconda ricusato il rimborso del titolo ammortizzato ed omesso l’indicazione dei dati del traente, aveva ritenuto che l’inadempimento della trattaria, in violazione di detti accordi, sarebbe stato causalmente ininfluente sul pregiudizio risentito dalla prima.

Quest’ultima avrebbe infatti patito il depauperamento conseguente al risarcimento corrisposto al proprio cliente, girante del titolo, di una somma non recuperata dalla trattaria di cui si era arricchito il traente, che non se l’era vista addebitata, per avere colposamente fatto scadere i termini per l’azione di indebito arricchimento di cui all’art. 59 L. ass., evidenza che avrebbe precluso ogni rivalsa contro il traente, in modo definitivo ed irreparabile.

Di siffatta motivazione la ricorrente denuncia l’errore manifesto perchè la diminuzione patrimoniale dalla stessa subita non sarebbe derivata dalla prescrizione dell’azione ex art. 59 L. cit., dalla prima mai goduta in quanto mera girataria per l’incasso del titolo ed invece nella titolarità del portatore, e cioè di colui che sarebbe stato legittimato a proporre azione cambiaria se non fosse stata perduta, ma dall’impossibilità di perseguire il traente ex art. 2041 c.c., arricchitosi ai suoi danni in seguito all’inadempimento della banca trattaria per violazione degli obblighi Abi.

2. Con ricorso incidentale condizionato, Intesa Sanpaolo S.p.A. denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 in relazione all’art. 342 c.p.c., comma 1, e dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in punto inammissibilità del gravame per inosservanza della specificità dei motivi di appello, indistinti nel riferimento al fatto ed al diritto, carenti del requisito dell’esposizione sommaria del fatto, nella cui descrizione risultava omesso ogni riferimento a difese, istanze ed eccezioni svolte da Intesa, e che non avrebbe permesso di coglierne l’incidenza sulla decisione impugnata, in violazione del principio dell’autosufficienza.

3. Va in via preliminare fatto oggetto di valutazione il ricorso incidentale introdotto da Intesa Sanpaolo S.p.A..

Il ricorso è infondato non prestandosi l’appello di Poste Italiane S.p.A. ad una valutazione di inammissibilità nella circostanziata definizione dei suoi contenuti, per individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e delle relative doglianze, nell’operato affiancamento alla parte volitiva di una parte argomentativa di confutazione e contrasto delle ragioni addotte dal giudice dell’impugnata sentenza, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. 30/05/2018 n. 13535; Cass. S. U. 16/11/2017 n. 27199).

5. Ciò posto, il ricorso principale proposto da Poste Italiane S.p.a. è fondato.

Trova nella specie in esame applicazione il principio già fatto proprio da questa Corte di legittimità e per il quale “qualora un assegno bancario venga versato dal prenditore presso la propria banca, e questa, accreditato l’importo al versante, non sia poi in grado di ripeterlo dalla banca trattarla per smarrimento del titolo, l’emittente dell’assegno medesimo, che veda estinguere il suo debito verso il prenditore non per fatti inerenti al relativo rapporto sottostante, e senza subire alcuna decurtazione del proprio conto corrente, ma esclusivamente per effetto del soddisfacimento del prenditore stesso a seguito dell’accredito operato in suo favore, ottiene un’indebita locupletazione e resta conseguentemente assoggettato all’azione di arricchimento della banca del prenditore, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 2041 c.c.” (Cass. 23/07/1984 n. 4307).

La banca negoziatrice che, smarrito l’assegno bancario versato dal prenditore, non sia riuscita a ripeterne l’importo per l’inadempimento della trattaria, nella riconosciuta azionabilità del rimedio dell’arricchimento ingiustificato nei confronti del primo, resta legittimata ad agire in via contrattuale avverso la trattaria.

Resta invero fondatamente contestato dall’istituto negoziatore al trattario – nell’inadempimento di obblighi convenzionali regolati dagli Accordi ABI per il servizio di incasso dei titoli bancari e postali, tra i quali rientra quello di fornire i dati identificativi del soggetto emittente il titolo, proprio cliente – di avere con la propria condotta concorso a determinare il danno consistente nella perdita di chances dall’esercizio dell’azione di cui all’art. 2041 c.c., avverso l’emittente l’assegno che si sia ingiustificatamente arricchito in esito al pagamento da parte della negoziatrice del titolo in favore del prenditore.

Alla banca negoziatrice, girataria all’incasso quale titolare di mandato, non è invero applicabile l’azione tipica di cui alla L. n. 1736 del 1933, art. 59, norma di carattere eccezionale che considera la proponibilità, in concreto, dell’azione di arricchimento ingiustificato con decorso dalla perdita dell’azione cambiaria e che resta invece applicabile nei confronti del portatore del titolo il quale abbia perduto l’azione cambiaria contro tutti gli obbligati e non abbia contro i medesimi azione causale; per siffatta ragione, infatti, egli può agire contro il traente che non abbia fatto provvista o si sia comunque arricchito ingiustamente a suo danno o contro i giranti, non rivestendo la prima la posizione di portatrice del titolo.

La sentenza impugnata – con cui il Tribunale di Bergamo, pronunciando in appello, ha ritenuto la non accoglibilità dell’azione di danno contrattuale esercitata dalla banca negoziatrice nei confronti della trattaria, nella dedotta inosservanza di strumentali doveri di informazione e collaborazione da valere tra istituti di credito, e tanto per difetto del nesso causale tra il preteso inadempimento della trattaria ed il pregiudizio dedotto – va pertanto cassata, con rinvio al Tribunale di Bergamo, in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso incidentale di Intesa Sanpaolo S.p.A. ed in accoglimento del ricorso proposto da Poste Italiane S.p.A., cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Bergamo, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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