LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3244-2016 proposto da:
FEDERAZIONE IMPIEGATI OPERAI METALLURGICI – C.G.I.L. TERAMO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO STROZZIERI;
– ricorrente –
contro
YKK MEDITERRANEO S.P.A., (già YKK SNAP FASTENERS ITALIA S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 6, presso lo studio dell’avvocato GAETANO TREZZA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE VALLESI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 830/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 09/07/2015, R.G.N. 1265/2014.
RILEVATO
che:
1. con sentenza n. 830 pubblicata il 9.7.15, la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto l’impugnativa proposta dalla Federazione Operai Impiegati Metallurgici -C.G.I.L. (d’ora in avanti F.I.O.M.), confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto l’opposizione di YKK Mediterraneo s.p.a. (già YKK Fasteners Italia s.p.a.) avverso il decreto emesso ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 28;
2. la Corte territoriale ha ritenuto mancante la prova dell’attualità della condotta antisindacale e della permanenza degli effetti in relazione agli interessi collettivi di cui il sindacato è portatore, sul rilievo che la procedura di licenziamento per riduzione di personale, che la F.I.O.M. aveva denunciato come mancante delle necessarie informazioni, fosse stata definitivamente chiusa con sottoscrizione di verbali di accordo con i lavoratori che avevano aderito al licenziamento;
3. ha rilevato come il decreto emesso ai sensi dell’art. 28 cit. avesse disposto la reintegra del sig. I.L. in quanto r.s.u. che avrebbe dovuto partecipare all’eventuale rinnovo della procedura di mobilità e come la mancata rielezione del medesimo, documentata dalla società, avesse fatto venir meno le ragioni poste a base della reintegra;
4. ha definito generiche le allegazioni della F.I.O.M. sulla perdita di immagine derivata dall’intera vicenda; ha sostenuto come l’avvenuta incorporazione da parte di YKK Mediterraneo s.p.a della YKK Fasteners Italia s.p.a. non solo fosse di ostacolo al rinnovo della procedura di mobilità ma avesse fatto venir meno il collegamento territoriale su cui si basava la legittimazione ad agire della F.I.O.M. C.G.I.L. di Teramo, che non avrebbe avuto titolo per partecipare in ipotesi di rinnovo della procedura di mobilità;
5. avverso tale sentenza la F.I.O.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso la YKK Mediterraneo s.p.a.
CONSIDERATO
che:
6. col primo motivo di ricorso la F.I.O.M. ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2697, 2727, 2729, dell’art. 421 c.p.c., comma 1, nonchè per omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia e per omessa valutazione delle risultanze istruttorie, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
7. ha criticato la sentenza impugnata per aver negato l’attualità della condotta antisindacale omettendo di considerare il fatto che tre lavoratori su dieci non avevano concluso alcuna transazione ed avevano anzi impugnato i licenziamenti; ha ribadito il permanente interesse del sindacato ad una corretta informazione al fine di poter svolgere il proprio ruolo di controllo e vigilanza sulla regolarità della procedura e quale interlocutore di parte datoriale; ha dedotto l’erronea applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 28 per avere la Corte di merito ritenuto che la conclusione della procedura di mobilità con licenziamento di tutti i dipendenti facesse venir meno il requisito dell’attualità della condotta antisindacale, rilevando come tale lettura priverebbe il sindacato di tutela in tutti i casi di procedure illegittime;
8. col secondo motivo di ricorso la F.I.O.M. ha denunciato i medesimi vizi di violazione di legge e motivazionali con riferimento alla statuizione della sentenza d’appello che ha ritenuto l’avvenuta incorporazione della società datoriale idonea a privare di legittimazione l’associazione sindacale ricorrente;
9. col terzo motivo la F.I.O.M., sempre attraverso le medesime violazioni di legge e il vizio motivazionale, ha censurato la sentenza d’appello per aver ritenuto non provata la lacunosità delle informazioni, invece desumibile dalla stessa lettera di apertura della procedura di mobilità nonchè dalle deposizioni testimoniali raccolte;
10. il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento;
11. questa Corte ha più volte affermato (Cass. n. 23038 del 2010; n. 3837 del 2016) come in tema di repressione della condotta antisindacale, ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 28 il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non possa precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale;
12. si è parimenti affermato come l’accertamento in ordine alla attualità della condotta antisindacale e alla permanenza dei suoi effetti costituisce un accertamento di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, immune da vizi logici o giuridici;
13. nel caso di specie, la Corte d’appello ha motivato la mancanza di attualità della condotta antisindacale non solo in ragione della chiusura della procedura di mobilità e della conclusione di accordi transattivi con i lavoratori, ma anche per la mancanza di allegazioni da parte della F.I.O.M. sulla permanente esistenza di effetti negativi rispetto all’esercizio della libertà e attività sindacale e agli interessi collettivi tutelati;
14. rispetto a questo secondo aspetto, comunque non suscettibile di revisione in sede di legittimità, il ricorso in esame non contiene alcuna specifica censura e neanche riporta e trascrive le allegazioni che la Corte d’appello ha considerato mancanti ai fini della dimostrazione dell’attualità degli effetti riconducibili alla denunciata condotta antisindacale;
15. le censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 devono dichiararsi inammissibili, trovando applicazione nella fattispecie in esame (ricorso in appello depositato dopo l’11.9.2012) la disciplina di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, sulla c.d. doppia conforme, e mancando qualsiasi deduzione sulla diversità delle ragioni di fatto poste a base delle decisione di primo e di secondo grado (Cass. n. 5528 del 2014; n. 26774 del 2016);
16. neppure è fondata la censura di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., che presuppone, come più volte precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), il mancato rispetto delle regole di formazione della prova ed è rinvenibile nelle ipotesi in cui il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (art. 115 c.p.c.) o valuti le prove secondo un criterio diverso da quello indicato dall’art. 116 c.p.c., cioè una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale, oppure inverta gli oneri probatori;
17. nessuna di queste situazioni è rappresentata nel motivo di ricorso in esame ove è unicamente dedotto, nonostante il riferimento alla violazione anche degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 421 c.p.c., che il giudice ha male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, censura consentita solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel caso di specie precluso in ragione della c.d. doppia conforme;
18. l’infondatezza del primo motivo di ricorso porta a ritenere assorbito il secondo motivo, posto che la sentenza impugnata ha utilizzato l’argomento della carenza di legittimazione del sindacato ricorrente a seguito dell’incorporazione della società datoriale solo ad abundantiam;
19. il terzo motivo di ricorso, nella parte in cui critica la valutazione delle prove in ordine alla negata esistenza di lacune informative nella procedura di mobilità, è inammissibile in base alla disciplina della cd. doppia conforme, sopra richiamata; il motivo è infondato quanto alle dedotte violazioni di legge per le ragioni già esposte riguardo al primo motivo di ricorso;
20. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;
21. la regolazione delle spese di lite segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
22. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge;
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019
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