LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19631/2018 proposto da:
D.B., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Esposito Marco, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, Procuratore Repubblica Tribunale Milano;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, del 03/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/03/2019 dal Cons. Dott. AMATORE ROBERTO.
RILEVATO
che:
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano – decidendo sulla domanda di protezione internazionale e, in via gradata, su quella di protezione sussidiaria e umanitaria, avanzata da D.B. (cittadino del *****), dopo il provvedimento di diniego della richiesta tutela emesso dalla Commissione territoriale – ha rigettato la domanda del richiedente.
Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto reso dal richiedente, in ordine alla sua vicenda personale e alle ragioni del suo espatrio, ragioni che si fondavano sul riferito episodio dell’arresto operato dalla polizia locale in occasione di un lavoro svolto per un suo amico che lo aveva assunto come taglialegna. Secondo il racconto del richiedente – ha aggiunto il tribunale l’arresto sarebbe stato operato, perchè l’attività di taglio della legna era stata eseguita senza la necessaria autorizzazione. Il tribunale ha ritenuto non verosimile il racconto del ricorrente perchè era atipica la riferita circostanza del pagamento del compenso solo dopo la vendita della legna e perchè era non credibile la successiva vicenda dell’evasione, subito dopo l’arresto. Il tribunale ha, poi, osservato, in relazione alla situazione sociopolitica del Gambia, che il paese africano, dopo un lungo periodo di dittatura, è ora avviato su un percorso di democratizzazione e che, comunque, sulla base di fonti informative istituzionali (la Farnesina), non vi sono attualmente situazioni di violenza indiscriminata nel paese, se si esclude il rischio terrorismo che è, peraltro, presente in ogni paese. Il tribunale ha, dunque, concluso per l’insussistenza delle condizioni per accordare la richiesta protezione sussidiaria e umanitaria, in mancanza di una situazione di particolare vulnerabilità.
2. Il decreto, pubblicato il 3 maggio 2018, è stato impugnato da D.B., con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di censura variamente articolato.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
1. Con un unico motivo la parte ricorrente propone svariate doglianze che si concentrano: a) sulla violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione alla richiesta protezione sussidiaria; b) sulla violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione alla richiesta protezione umanitaria; c) sulla denunciata illogicità e mancanza della motivazione, posta alla base del diniego di quest’ultima protezione.
2. Ante omnia, occorre rilevare che il ricorso introduttivo è stato erroneamente notificato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, anzichè, come avrebbe dovuto avvenire, presso l’Avvocatura generale (cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 608 del 15/01/2015 Cass., Sez. L, Sentenza n. 710 del 18/01/2016; Cass. sez. 6-1, Ordinanza n. 19826 del 26/07/2018).
Va tuttavia ricordato che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente (come nel caso di specie), atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (così, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1128 7 del 10/05/2018; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018).
Ciò detto, risulta pertanto inutile disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso introduttivo presso l’Avvocatura generale dello Stato, stante la evidente inammissibilità delle doglianze sollevate dal ricorrente.
3. Il ricorso è infatti inammissibile.
Orbene, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass., 12/12/2018, n. 32064).
Nel caso concreto, il Tribunale ha accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate – la insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nel Gambia, paese di provenienza del ricorrente, ed il mezzo, oltre che generico, ripropone questioni di merito.
In ordine, poi, alla reclamata protezione umanitaria, applicabile ratione temporis (Cass. 4890/2019), le censure risultano viepiù inammissibili, in quanto formulate in modo assolutamente generico, essendosi il ricorrente limitato ad enunciazioni di principio, a fronte delle motivate valutazioni del Tribunale.
D’altro canto, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è evidente che l’attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018), la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi. Il che è stato escluso, nel caso di specie, essendosi la narrazione dei fatti che avevano indotto lo straniero ad abbandonare il proprio Paese rivelata del tutto inattendibile, in quanto generica ed inverosimile, secondo la condivisibile valutazione giudiziale del Tribunale che costituisce, invero, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e come tale non censurabile innanzi al giudice di legittimità (Cass., 05/02/2019, n. 3340). Nessuna statuizione è dovuta sulle spese del giudizio di legittimità in ragione della mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019