Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.14426 del 27/05/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3741/2014 proposto da:

A.G.C., C.F. *****, G.P. C.F.

*****, G.M.R. C.F. *****, G.D. C.F.

*****, in proprio e in qualità di eredi di G.L.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TACITO 41, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI CIOMMO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 600/2013 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 14/11/2013 R.G.N. 625/2010.

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Potenza, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, rigettava il ricorso proposto da A.G.C. ed altre litisconsorti, eredi di G.L.R., al fine di ottenere la dichiarazione di irripetibilità delle somme loro richieste dall’Inps con nota recapitata in data 5 gennaio 2006, a titolo di indebita percezione dell’indennità di cassa integrazione nel periodo dal 1 ottobre 1983 al 31 agosto 1993, in cui il de cuius era stato rioccupato alle dipendenze di datore di lavoro in Svizzera.

2. La Corte territoriale superava le eccezioni formulate dalle originarie ricorrenti argomentando che:

a. la prescrizione decennale ex art. 2033 c.c., decorreva dalla data in cui l’Inps era venuto a conoscenza, a seguito della domanda di pensione di riversibilità estera presentata dalla vedova in data 15 luglio 2003, dell’esistenza di versamenti contributivi in favore del defunto G., che non aveva presentato domanda di ricongiunzione;

b. era inapplicabile la decadenza annuale L. n. 412 del 1991, ex art. 13 comma 2, vertendosi nel caso di specie non in materia di verifica del diritto a pensione per superamento del limite di reddito, ma di recupero dei ratei indebitamente percepiti;

c. l’Inps aveva provato l’avvenuta corresponsione dei ratei della prestazione ed era incontestata la sussistenza del rapporto di lavoro in Svizzera, tale da fondare il diritto alla riversibilità estera;

d. non rilevava la buona fede del percepiente, se non al fine degli accessori;

e. neppure rilevava l’errore non riconoscibile, per essere sancito il divieto di cumulo dal D.L. n. 86 del 1998, art. 8, conv. in L. n. 160 del 1988;

f. non rilevava infine la mancata predisposizione di raggiri e artifici da parte del de cuius in danno dell’Inps, operando la decadenza legale dal diritto alla prestazione come conseguenza della violazione dell’obbligo di comunicazione di cui all’art. 8 citato, comma 5.

3. Per la cassazione della sentenza A.G.C. e le sue litisconsorti hanno proposto ricorso, affidato a cinque motivi, cui l’Inps ha resistito con controricorso.

4. Le parti hanno depositato memorie ex art. 580 bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

5. come primo motivo le ricorrenti deducono l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Corte d’appello di Potenza motivato circa le censure relative all’intervenuta prescrizione del diritto ex artt. 2948 e 2935 c.c., e ribadiscono che l’indennità di cassa integrazione, in quanto erogazione a cadenza periodica, sarebbe assoggettata a prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.p.c., n. 4;

6. come secondo motivo deducono l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Corte d’appello di Potenza motivato circa le censure relative all’applicazione della sanatoria prevista dalla L. n. 448 del 2001, art. 38;

7. come terzo motivo lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., e art. 2941 c.c., n. 8, nonchè del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, convertito in L. n. 160 del 1988, per non avere la Corte d’appello ritenuto maturata la prescrizione decennale del credito alla restituzione, che dovrebbe essere fatta decorrere dalla corresponsione dei ratei di CIG e non dal momento in cui l’istituto è venuto a conoscenza del presunto indebito;

8. come quarto motivo deducono la violazione ed errata applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello reso un dispositivo illogico, incomprensibile, confuso e contraddittorio, là dove ha accolto appello respingendo l’azionata domanda;

9. come quinto motivo deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., e vizio di motivazione per avere la Corte d’appello condannato le resistenti alle spese di lite per il primo grado di giudizio per una somma maggiore rispetto a quella indicata dal Tribunale di Potenza.

10. I motivi sono inammissibili nella parte in cui il mancato esame di una questione di diritto viene proposto sotto il profilo del vizio di motivazione, considerato che mentre il vizio di motivazione concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, il difetto di interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche è censurabile sotto il profilo della violazione di legge (Cass. Sez. U, n. 28054 del 25/11/2008, Sez. 1, n. 28663 del 27/12/2013).

11. Il primo motivo è per il resto infondato.

Il vizio di omissione di pronuncia non sussiste, avendo la Corte territoriale qualificato come decennale la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito, così disattendendo la diversa prospettazione secondo la quale la prescrizione sarebbe quinquennale.

12. La soluzione così adottata è coerente con il principio affermato da questa Corte, secondo il quale l’azione di ripetizione di indebito per la restituzione di somme corrisposte mensilmente è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale e non a quella quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., n. 4, in quanto la frequenza mensile assume rilievo come occasionale conseguenza delle singole indebite percezioni e non come causa, stabilita ex ante, dell’attribuzione patrimoniale (Cass. n. 21962 del 10/09/2018).

13. Occorre infatti distinguere l’ipotesi in cui i presupposti costitutivi di un determinato credito si collochino periodicamente nel tempo da quella in cui, in conseguenza di un rapporto di durata, si debbano avere pagamenti periodici. La fattispecie riguardata dall’art. 2948 c.c., n. 4, è esclusivamente la seconda, come è reso evidente dal richiamo della norma non tanto al mero sorgere periodico del credito, quanto a “ciò che deve pagarsi” periodicamente, ovverosia ad una situazione propria dei casi in cui “soltanto con il protrarsi dell’adempimento nel tempo si realizza la causa del rapporto obbligatorio” in relazione ad uno specifico interesse del creditore che si soddisfa “attraverso la ricezione di più prestazioni” messe, in regolare cadenza temporale, a disposizione del creditore (v. Cass. 21 luglio 2000, n. 9627, Cass. 6 dicembre 2006, n. 26161, Cass. 20 dicembre 2017, n. 30546, e, da ultimo, Cass. 10 settembre 2018 n. 21962, cit.).

14. Diverso è dunque il caso di specie, in cui il credito restitutorio è sorto nel momento in cui vi sono state le indebite erogazioni, rispetto all’ipotesi, propria dell’art. 2948 c.c., n. 4, in cui è stabilita ex ante, in ragione della causa dell’attribuzione patrimoniale, la necessità di pagamenti a cadenze temporali prefissate. Pertanto l’obbligo restitutorio oggetto di causa soggiace alla prescrizione ordinaria decennale in relazione a ciascuna delle indebite erogazioni.

15. Il secondo motivo attiene all’applicazione della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 38.

Tale norma non si applica alla fattispecie, considerato che l’erogazione indebita si è verificata nel periodo dal 1 ottobre 1983 al 31 agosto 1993, in relazione al quale opera la normativa previgente, considerato che in tema di indebito previdenziale, l’obbligo di restituzione sorge “ex lege”, con effetto istantaneo, all’atto del pagamento, sicchè è al momento della relativa esecuzione che deve farsi riferimento per l’individuazione della legge applicabile. (Cass. 12/12/2016, n. 25371).

16. La Corte territoriale si è comunque pronunciata sulla questione, ritenendo che non avesse rilievo il fatto che il G. non avesse posto in essere raggiri o doloso occultamento dell’attività lavorativa svolta all’estero, considerato che era sufficiente il mancato assolvimento dell’obbligo di comunicazione a determinare l’obbligazione restitutoria, anche nei confronti degli eredi.

17. La soluzione è coerente con il principio già affermato da questa Corte secondo il quale la nozione di dolo che, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 263, (nel testo sostituito dalla L. n. 448 del 1998, art. 38) e L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 10, consente la ripetizione dell’indebito nei confronti degli eredi del pensionato va desunta da quella prevista per la ripetibilità nei confronti del pensionato stesso dal R.D. n. 1422 del 1924, art. 80, e L. n. 88 del 1989, art. 52,da intendere come comprensiva della omessa o incompleta segnalazione di circostanze incidenti sul diritto o sulla misura del trattamento, che non siano già conosciute o conoscibili dall’ente competente (Cass. n. 1919 del 25/01/2018, Cass. n. 27096 del 25/10/2018).

18. Il terzo motivo invece è fondato, nei limiti che si vanno ad esporre.

Ai sensi del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 8, commi 4 e 5, vigente ratione temporis, “Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello svolgimento della predetta attività”.

19. Nella ricorrenza di tale ipotesi, il credito restitutorio sorge nel momento in cui l’istituto ha provveduto all’erogazione del trattamento non dovuto, ed è dunque da tale momento che decorre la relativa prescrizione decennale. Non ha rilievo ai fini della decorrenza della prescrizione il diverso e successivo momento in cui l’istituto venga a conoscenza della natura indebita dell’erogazione effettuata, restando salva la possibilità di configurare la ricorrenza dell’ipotesi di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8, nel mancato inoltro di comunicazioni obbligatorie da parte del beneficiario della prestazione.

20. Vale anche qui infatti la consolidata regola secondo cui “l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c., attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio, e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c., individua specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, nè il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento” (Cass. 26 maggio 2015, n. 10828; Cass. 6 ottobre 2014, n. 21026).

21. Nel caso in esame, a fronte dell’acclarata assenza della causa debendi, erroneamente dunque la Corte territoriale ha fatto decorrere la prescrizione del diritto alla ripetizione dal momento della richiesta da parte della moglie de de cuius della pensione di reversibilità sul presupposto della posizione contributiva estera, ritenendo che solo da tale momento l’istituto avesse potuto avere contezza dell’indebito: la prescrizione decennale doveva infatti essere fatta decorrere dalle date di erogazione dei ratei di cigs, salva la possibile rilevanza della mancata comunicazione del rapporto di lavoro estero ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2941 c.c., n. 8.

22. L’accoglimento del terzo motivo determina la cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, che dovrà rivalutare la fattispecie alla luce dei principi indicati e provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

23. Restano assorbiti il quarto e il quinto motivo, che attengono a questioni che il giudice del rinvio dovrà rivalutare all’esito del nuovo esame della questione sopra posta.

24. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti vittoriosi, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e secondo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472