Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.14440 del 27/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10474/2015 R.G., proposto da:

M.D., B.F., G.A., A.F., As.Al. e C.V., rappresentati e difesi dall’Avv. Errico Chiusolo e dall’avv. Francesco Silvestri, con domicilio eletto in Roma, Via Zerbio n. 32;

– Ricorrenti –

contro

Consorzio Gesecedi – Gestione Servizi Centro Direzionale, – in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Bruno Cimadomo e dall’avv. Matteo Maria Fiorentino, con domicilio eletto in Roma, alla Via Sabotino n. 12, presso lo studio dell’avv. Luca Savini;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 4304/2014, depositata in data 28.10.2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.6.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del locale tribunale, con cui era stata respinta la domanda dei ricorrenti volta a far dichiarare la nullità delle clausole di adesione obbligatoria al Consorzio GESECEDI, contenute nei singoli atti di compravendita degli immobili facenti parte del complesso Centro direzionale di *****, e ad accertare l’efficacia del recesso esercitato dai consorziati.

Il Giudice distrettuale, qualificato preliminarmente il Gesecedi come consorzio di urbanizzazione, ha ritenuto che l’adesione si fosse perfezionata con l’accettazione delle clausole contenute nei singoli atti acquisto e per effetto del consenso preventivo contenuto nell’art. 3 statuto del Consorzio.

Ha escluso che l’adesione comportasse l’assunzione di obligationes propter rem in mancanza di una specifica previsione legale, e che le clausole di adesione avessero carattere vessatorio, rilevando inoltre che le spese di manutenzione poste a carico dei ricorrenti non riguardavano esclusivamente beni comunali ma anche le aree private di proprietà comune.

Ha respinto la domanda di accertamento della legittimità del recesso, rilevando che tale facoltà era preclusa dallo statuto consortile, ritenendo, infine, applicabile l’art. 1118 c.c..

La cassazione della sentenza è chiesta da M.D., B.F., G.A., A.F., As.Al. e C.V. sulla base di tre motivi di ricorso.

Il Consorzio Gesecedi ha proposto controricorso e memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Sono infondate le eccezioni di improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, e quella di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 essendo stata integralmente richiamata la clausola di adesione al consorzio contenuta nei singoli atti di vendita ed essendo sinteticamente, ma chiaramente, descritto il percorso processuale scandito dalle pronunce di primo e di secondo grado.

2. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 24,36,1326,1372,1332 e 1407 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando alla Corte di merito di aver ritenuto che l’adesione al Consorzio si fosse perfezionata mediante la sottoscrizione dei singoli atti di acquisto, trascurando che le vendite erano stati stipulate con la Scip s.p.a. e non potevano produrre effetti verso il Consorzio.

A parere dei ricorrenti l’adesione poteva perfezionarsi solo mediante lo scambio di proposta ed accettazione e doveva essere comunicata agli organi costituiti per l’attuazione del contratto o, in mancanza, di tutti i consorziati.

Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1349,1362 e 1469 bis c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza escluso che gli impegni derivanti dall’adesione avessero natura di obligationes propter rem, sebbene la loro vincolatività derivasse proprio dalla “forza ambulatoria dell’obbligazione trascritta sull’immobile e della relativa efficacia ob rem”, e per aver disatteso i numerosi precedenti contrari a ritenere che l’adesione potesse aver luogo con la sottoscrizione degli atti di acquisto e comportare l’assunzione di detti obblighi in violazione del principio di libertà di associazione, posto inoltre che gli oneri cui erano tenuti i consorziati riguardavano la manutenzione di beni comunali.

Le clausole di adesione erano state unilateralmente predisposte dalla venditrice e avevano carattere abusivo poichè comportavano oneri che prescindevano dall’assetto contrattuale, sicchè il giudice avrebbe dovuto dichiararne l’inefficacia, avendo gli acquirenti la qualità di consumatori.

I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

2.1. Questa Corte, in fattispecie del tutto identiche a quella in esame, ha già statuito che l’adesione al Gesecedi, che costituisce un consorzio di urbanizzazione, può perfezionarsi mediante il meccanismo predisposto dall’autonomia privata ed attuarsi attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di una unità immobiliare ricadente nel comprensorio (nella specie, il *****), essendo tale adesione – alla quale si ricollega l’assunzione dei corrispondenti obblighi dell’aderente contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà di partecipare al consorzio da parte del nuovo acquirente (Cass. 27634/2018; 18560/2016; Cass. 7427/2012).

Si è anche precisato che il consorzio tra proprietari di immobili in zona residenziale va assimilato ad un’associazione non riconosciuta, i cui connotati si coniugano però con un forte profilo di realità, sicchè il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione (Cass. 7427/2012; Cass. 9568/2017; Cass. 3665/2001).

In quest’ambito, sebbene la qualità di condomino non comporti automaticamente l’acquisto della qualità di consorziato (Cass. 22641/2012; Cass. 4199/1984), l’adesione al Consorzio può però perfezionarsi nelle forme previste dallo statuto, in forma tacita o desumersi da presunzioni (quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio, oppure l’utilizzazione concreta dei servizi messi a disposizione dei partecipanti), sempre che non sia prevista una forma particolare (Cass. 3665/2001).

Nello specifico, le modalità di adesione previste dallo statuto non contrastano, quindi, con le disposizioni in tema di perfezionamento del contratto, nè con il disposto dell’art. 1372 c.c., poichè l’acquisto della qualità di consorziato è effetto dell’accettazione della clausola contenuta negli atti di acquisto e delle previsioni dello statuto che, peraltro, potevano derogare a quando previsto dall’art. 1332 c.c., le cui previsioni hanno carattere suppletivo, essendo destinate ad operare solo quando non siano diversamente regolate le modalità di adesione (cfr. in motivazione, Cass. 22647/2012).

Nessuna violazione alla libertà di associazione è concretamente configurabile, poichè la partecipazione al consorzio è riconducibile alla volontà del consorziato espressa al momento dell’acquisto e alla volontà di accettare le condizioni contrattuali del trasferimento, inclusa la clausola di adesione obbligatoria al Gesecedi, unitamente alle regole statutarie.

2.2. Quanto all’impossibilità di costituire obbligazioni propter rem in capo ai singoli proprietari mediante la semplice sottoscrizione degli atti di acquisto, è sufficiente obiettare che, in ogni caso, la fonte delle obbligazioni gravanti sul consorziato non discende dal titolo di proprietà, ma dalla “contrattualizzazione dell’obbligo nel contratto di acquisto, con relativa accettazione della convenzione da parte del proprietario associato, non in quanto proprietario e nemmeno in quanto condomino, ma per la sua volontaria adesione al contratto aperto, per effetto del quale il consorzio è stato costituito” (così, in motivazione Cass. 16071/2007, Cass. 18146/2018; Cass. 18560/2016).

2.3. In merito all’asserita violazione dell’art. 1429 bis c.c., la sentenza ha accertato in fatto (con statuizione insindacabile sotto i profili sollevati in ricorso) che gli oneri gravanti sugli acquirenti erano pertinenti alle attività di gestione e manutenzione delle parti comuni agli edifici interessati (servizio di guardiania e di pulizia: cfr. sentenza pag. 7), il che conduce ad escludere che la clausola di adesione avesse carattere abusivo per il solo fatto che il Consorzio fosse tenuto anche alla temporanea gestione di aree e delle strutture comunali, già oggetto di separato contenzioso.

3. Il terzo motivo censura la violazione degli artt. 24,36,1104,1118 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omesso esame e l’omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, lamentando che la Corte di merito abbia sbrigativamente respinto la domanda di accertamento della nullità della clausola di adesione e abbia ritenuto inammissibile il recesso, senza statuire sull’illegittimità della proroga del Consorzio e sulla assenza di forme di partecipazione dei singoli alle attività degli organi associativi, avendo infine omesso di statuire sulla domanda di recesso per giusta causa.

Il motivo è infondato.

Sebbene la sentenza nulla abbia statuito quanto alla legittimità della proroga del GESECEDI e quanto al fatto che lo statuto non garantisse la partecipazione dei singoli proprietari alle attività degli organi consortili, a detta carenza può ovviarsi mediante l’integrazione della motivazione, in quanto vertente su una questione di puro diritto, essendo il giudice di merito comunque pervenuto ad una corretta soluzione delle questioni esaminate, avendo ritenuto valide le clausole contrattuali e l’adesione al consorzio.

In tali ipotesi, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta (Cass. s.u. 2731/2017; Cass. 28663/2013).

2.1. Ciò premesso, nessuna nullità della clausola di adesione poteva derivare dalla successiva proroga del consorzio, la quale ha costituito un fatto sopravvenuto, di per sè non incidente sul momento genetico del perfezionamento dei singoli atti di acquisto, tenuto inoltre conto che detta proroga ha determinato la prosecuzione anche delle attività svolte in favore dei singoli consorziati, come la Corte di merito ha accertato in fatto.

2.2. L’assenza di forme di coinvolgimento diretto dei singoli nelle attività degli organi consortili poteva al più far dubitare della legittimità delle clausole statutarie relative all’organizzazione interna e alle attività consortili ma non necessariamente della stessa validità delle adesioni al consorzio perfezionatesi mediante l’accettazione delle condizioni contenute negli atti di acquisto.

2.3. La Corte di merito ha rilevato che lo statuto escludeva che i proprietari potessero recedere dall’associazione ed in tale statuizione era implicito il rigetto della domanda di recesso per giusta causa, non sussistendo, quindi, la lamentata omissione di pronuncia.

Peraltro, come affermato dalla sentenza impugnata, in tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e quelli di proprietà esclusiva, il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall’obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall’art. 1104 c.c., che consente l'”abbandono liberatorio” nella comunione, bensì dall’art. 1118 c.c., che lo vieta nel condominio (Cass. 2018/27634; Cass. 20989/2014).

Premesso che a detti consorzi possono legittimamente considerarsi applicabili le disposizioni in materia di condominio, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti ed assumendo rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie (Cass. 3665/2001), deve escludersi ogni possibilità di recesso degli associati – se non per effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare – tutte le volte in cui lo statuto disponga, espressamente o implicitamente in tal senso, senza che ciò violi il principio costituzionale di cui all’art. 18 Cost., poichè anche il recesso rientra, in astratto, tra i modi di esercizio della libertà di associazione, ed atteso che è in discussione non tanto se i consorziati siano o meno liberi di recedere dalla struttura comune, quanto se gli stessi possano sottrarsi ai propri doveri verso il consorzio pur restando proprietari degli immobili di loro pertinenza (cfr., testualmente Cass. 4125/2003; Cass. 54786/1998; Cass. 20989/2014).

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

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