LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24248/2013 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA LANZETTA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati SEBASTIANO CARUSO, CHERUBINA CIRIELLO, GIUSEPPINA GIANNICO, FRANCESCA FERRAZZOLI;
– ricorrente –
contro
– S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio degli avvocati ALBERTO BOER e PAOLO BOER, che la rappresentano e difendono;
– I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”, C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
B.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 7244/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/10/2012 r.g.n. 999/2010.
RILEVATO IN FATTO
che:
B.A. e S.R., dipendenti dell’Inps che avevano svolto anche attività giornalistica per lo stesso ente, iscritti in quanto tali all’Albo dei pubblicisti, adirono il giudice del lavoro del Tribunale di Roma per sentire accertare l’obbligo dell’istituto di previdenza di provvedere alla loro iscrizione all’INPGI sin dall’1.1.2001, con conseguente trasferimento presso quest’ultimo della relativa contribuzione;
il giudice adito accolse esclusivamente la domanda della S., ritenendo che solo quest’ultima aveva provato di aver svolto attività giornalistica in regime di subordinazione;
impugnata tale sentenza da parte dell’Inps, la Corte d’appello di Roma (sentenza del 29.10.2012), in parziale riforma della gravata decisione, ha accertato l’obbligo dell’Inps di provvedere all’iscrizione ai fini previdenziali di S.R. presso l’Inpgi dall’1.1.2001 al 31.12.2004 e di B.A. dal 5.7.2002 al 31.12.2004, dopo aver verificato che in tali periodi i medesimi dipendenti avevano svolto attività giornalistica nell’ambito dell’Ufficio Stampa dell’Inps; per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un motivo, cui resistono l’INPGI e S.R. con separati controricorsi, illustrati da memorie, mentre rimane solo intimato B.A..
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. con un solo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. 23 gennaio 2000, n. 388, art. 76, e degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio, l’istituto ricorrente contesta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’opzione prevista dal citato art. 76 (che ha sostituito la L. n. 416 del 1981, art. 38), in ordine all’opzione di mantenimento dell’iscrizione presso l’Inps, era necessaria per derogare all’obbligo di iscrizione presso l’INPGI dei giornalisti pubblicisti con rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica e per conservare il pregresso regime di iscrizione presso l’Inps, anche dopo l’entrata in vigore della legge che attribuiva all’INPGI la gestione della tutela previdenziale dei giornalisti pubblicisti;
2. invero, secondo la presente tesi difensiva, la norma in esame non obbliga i datori di lavoro, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, ad iscrivere i dipendenti giornalisti all’INPGI e la previsione della previdenza obbligatoria varrebbe solo per i giornalisti professionisti, ma non per i giornalisti pubblicisti, stante l’attribuzione a questi ultimi del diritto di scegliere l’ente di previdenza presso il quale versare i contributi; nè, secondo il ricorrente, la norma prevede che in caso di mancato esercizio di tale diritto di scelta il giornalista pubblicista debba essere necessariamente iscritto all’INPGI; ne conseguirebbe che, non avendo il B. e la S. esercitato alcuna scelta entro il 1 luglio 2001 e non essendo stata comunicata una tale opzione all’Inps, quest’ultimo non aveva ritenuto di variare autonomamente, senza il loro consenso, la relativa posizione previdenziale; inoltre, la volontà dei lavoratori di rimanere iscritti presso la precedente gestione, desunta dal loro comportamento concludente, consistito nella tacita accettazione dell’accredito dei contributi presso l’AGO avvenuta senza contestazioni per un considerevole periodo di tempo (circa 5 anni), aveva ingenerato nell’istituto di previdenza un legittimo affidamento sulla volontà dei titolari del predetto diritto potestativo di voler abbandonare la pretesa con la conseguente perdita della situazione soggettiva; 3. il ricorso è infondato;
invero, la L. 23 dicembre 2000, n. 388, entrata in vigore il primo gennaio 2001, all’art. 76 (Previdenza giornalisti) sostituiva la L. 5 agosto 1981, n. 416, art. 38, nel seguenti testuali termini: – 1. L’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amandola” (INPGI) ai sensi delle L. 20 dicembre 1951, n. 1564, L. 9 novembre 1955, n. 1122, e L. 25 febbraio 1987, n. 67, gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti e provvede, altresì, ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti di cui alla L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 1, commi 2 e 4, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. I giornalisti pubblicisti possono optare per il mantenimento dell’iscrizione presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale. Resta confermata per il personale pubblicista l’applicazione delle vigenti disposizioni in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali e di sgravi contributivi. 2. L’INPGI provvede a corrispondere ai propri iscritti: a) il trattamento straordinario di Integrazione salariale previsto dall’art. 35; b) la pensione anticipata di vecchiaia prevista dall’art. 37. 3. Gli oneri derivanti dalle prestazioni di cui al comma 2 sono a totale carico dell’INPGI. 4. Le forme previdenziali gestite dall’INPGI devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive”;
inoltre, lo stesso art. 76, comma 2, così recitava “L’opzione di cui alla L. 5 agosto 1981, n. 416, art. 38, come sostituito dai comma 1 del presente articolo, deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”;
4. nel condividersi, quindi, la corretta ricostruzione, sotto il profilo logico giuridico operata dalla Corte distrettuale con la sentenza de qua, appare evidente, pure in base ai tenore testuale della norma, come l’anzidetta disposizione di legge riguardi anche la posizione di chi, come gli odierni intimati, fosse giornalista pubblicista, titolare di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, sicchè in favore di tale categoria doveva provvedere, altresì, l’INPGI in regime di sostitutività per le forme di previdenza obbligatoria previste nel confronti del giornalisti professionisti e praticanti;
quindi, la piana lettura del citato art. 38, come modificato dal suddetto art. 76, comma 1, secondo periodo (I giornalisti pubblicisti possono optare per il mantenimento dell’iscrizione presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale), unitamente al comma 2 del medesimo art. 76 (l’opzione di cui all’art. 38 della L. 5 agosto 1981, n. 416, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge), di seguito all’estensione del regime sostituivo INPGI in favore dei pubblicisti, sta univocamente a significare che la scelta poteva riguardare esclusivamente il mantenimento dell’iscrizione presso l’I.N.P.S., da esercitarsi peraltro entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova disposizione, ossia dai primo gennaio 2001, sicchè in difetto dell’esercizio di tale opzione, nei termine all’uopo stabilito, perciò limitata alta permanenza dell’iscrizione del pubblicista presso l’Istituto, attuate ricorrente, non poteva che comportare il passaggio di gestione all’INPGI (cfr. peraltro Cass. lav. n. 1098 del 26/01/2012, secondo cui l’INPGI gestisce, per espresso disposto della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 76, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’I.N.P.S., nonchè da ultimo Cass. Sez. Lav. n. 11407 dell’1.6.2016);
5. di conseguenza, non avendo i predetti dipendenti manifestato mediante un contegno positivo (attuabile quindi soltanto mediante la formalizzazione del diritto di opzione) la loro volontà di mantenere l’iscrizione presso l’I.N.P.S., quale gestore dell’assicurazione generale obbligatoria, il loro datore di lavoro era obbligatoriamente tenuto ad assicurarli presso l’INPGI. Infatti, l’art. 76 aveva previsto per i pubblicisti interessati la possibilità di optare per il mantenimento dell’iscrizione presso la gestione I.N.P.S., però da esercitare entro sei mesi dall’entrata in vigore, di modo che, in mancanza, i giornalisti pubblicisti andavano obbligatoriamente iscritti presso la gestione INPGI. Non sussisteva, quindi, il preteso comportamento concludente serbato dai dipendenti sino alla notificazione del ricorso introduttivo del giudizio. L’automaticità dell’obbligo d’iscrizione e di contribuzione all’INPGI in uno al carattere derogatorio di tale obbligo, donde l’opzione ex cit. art. 76, nei termini ivi previsti, escludono la fondatezza della tesi sostenuta dall’I.N.P.S.;
6. in tal senso, pertanto, appare anche inconferente la seconda parte del motivo, riferita alla pretesa violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., (in tema di buona fede e correttezza), atteso che dal dettato normativo, specie con riferimento al termine assegnato per l’esercizio dell’opzione, derivava che dal silenzio serbato dai diretti interessati doveva ritenersi perciò stesso manifestata la volontà, ma contraria ai mantenimento della precedente iscrizione previdenziale;
7. si appalesa altresì infondato il preteso vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non potendosi peraltro riconoscere alcuna univocità all’assunta tacita accettazione dell’accredito della contribuzione presso l’A.G.O., risultando quest’ultima comunque oggettivamente dovuta ed ignorandosi altresì le concrete circostanze di fatto mediante le quali sarebbe avvenuta detta tacita accettazione. D’altro canto, nei limiti in cui può ritualmente operare il vizio di motivazione di cui all’art. 360, n. 5, (secondo il testo nella specie ratione temporis applicabile), la relativa censura da parte ricorrente appare altresì inconferente;
8. in definitiva, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna dell’Istituto soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’INPGI e di S.R., in applicazione del principio della soccombenza, nella misura liquidata come da dispositivo; inoltre, le spese liquidate in favore della S. vanno attribuite ai suoi difensori, avv.ti Paolo e Alberto Boer, dichiaratisi antistatari; non va, invece, adottata alcuna statuizione in ordine alle spese in favore di B.A., in quanto quest’ultimo è rimasto solo intimato; ricorrono i presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dell’INPGI e di S.R. nella misura di Euro 4200,00 ciascuno, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Nulla spese nei confronti di B.A.. Dispone l’attribuzione delle spese liquidate alla S. ai suoi difensori antistatari, avv.ti Paolo ed Alberto Boer.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019