Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15839 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27740-2017 proposto da:

CONDOMINIO *****, in persona del suo amministratore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati STEFANO PURIFICATI, NICOLA GIAMPAOLO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 20, presso lo studio dell’avvocato LAURA ROSA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO AMICARELLI;

– controricorrente –

contro

R.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1476/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 04/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

RILEVATO

che:

1. Nel giugno 2011, R.G. conveniva in giudizio il Condominio ***** ai sensi degli artt. 2051 e/o 2043 c.c. per i danni subiti in ragione della caduta verificatasi sul marciapiede del fabbricato condominiale, mentre transitava a piedi in prossimità di attività commerciali situato all’interno del complesso. Secondo l’attrice la caduta era stata provocata da una sostanza oleosa e viscida sulla pavimentazione per effetto di residui di cibo presenti sul marciapiede misto a neve in via di scioglimento. Si costituiva in giudizio il Condominio, negando alcuna responsabilità a carico del condominio.

Il Condominio invocava la chiamata in causa a garanzia e manleva della Aura Ass.ni. All’esito dell’autorizzazione e a seguito di notifica al terzo, si costituiva la UNIPOL Ass.ni s.p.a (che aveva incorporato la Aurora Ass.ni), che insisteva sul rigetto della pretesa risarcitoria.

Il Tribunale di Pescara con sentenza n. 917/2013, rigettava la domanda dell’attrice per assenza di presupposti ex art. 2051 c.c. del Condominio per omesso esercizio dei poteri di vigilanza e custodia volti ad evitare l’insorgenza di cause di pericolo. Il giudice di prime cure riteneva che la presenza di residui di cibo non potevano ritenersi un fatto ascrivibile al condominio ma piuttosto alla maleducazione di un presumibile condomino o di un terzo.

2. La Corte di Appello dell’Aquila con sentenza del 04 agosto 2017, condannava l’appellato Condominio “*****” al risarcimento dei danni subiti dall’appellante ritenendo ricorrente la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. a fronte dell’omessa prova del caso fortuito da parte del Condominio; accoglieva l’eccezione dell’UnipolSAI sulla mancata reiterazione nel grado d’appello della domanda di manleva, da parte del Condominio nei confronti Compagnia assicuratrice, con la proposizione ex art. 346 c.p.c. delle proprie richieste, limitandosi a chiedere solo la conferma della sentenza di promo grado, con condanna del solo Condominio al risarcimento in favore dell’attrice ed alla refusione delle spese a carico di entrambi.

3. Avverso detta sentenza, il Condominio ricorrente propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi. Unipolsai Ass.ni S.p.a. resiste con controricorso.

3.1. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

4. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, di condividere la proposta del relatore.

5.1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo il Giudice riconosciuto il giusto valore probatorio degli elementi emersi durante l’istruttoria, che avvaloravano la tesi contraria a quella effettivamente adottata.

5.2. Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c.c., comma 1, n. 3; si duole dell’inadeguata valutazione della condotta della danneggiata, che, con maggiore diligenza avrebbe potuto evitare l’evento.

5.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte ritiene che il condominio non abbia riproposto domanda di manleva.

6. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili per le seguenti ragioni.

Nel primo motivo viene evocata solo una parte della motivazione e non quella complessiva che risulta alle pagine 4, 5 e 6 della sentenza impugnata. Da ciò consegue che l’illustrazione del motivo, effettuata dal ricorrente, risulta per ciò solo inidonea a svolgere le funzioni di critica proprie di un motivo di impugnazione. E comunque, sia nel primo che nel secondo motivo vengono evocate risultanze probatorie fattuali senza il rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e si pretende, piuttosto che di denunciare vizi in iure, sebbene sotto il profilo della c.d. falsa applicazione di legge (e vizio di sussunzione), di sollecitare la Corte ad una rivalutazione di merito della questio facti; dunque non si è in presenza di vizio in iure ma di sollecitazione al controllo motivazionale su detta questio, del tutto al di fuori di quanto consentito dal nuovo art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. S.U. 8053-8054/2014). Infine si rileva che il ricorrente si disinteressa totalmente del rilievo svolto a pag. 5 sulla frequenza di comportamenti di condomini che avevano l’abitudine di gettare cibo dalle finestre per dare nutrimento ai piccioni. Tanto premesso, non è dato rinvenire vizi logico-giuridici nell’iter argomentativo posto a fondamento della decisione d’appello.

6.1. Relativamente alla terza censura va premesso che, in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (Cass. S.U. n. 7700/2016).

Considerato anche che la vincolatività del ricorso per cassazione impone alla parte ricorrente l’onere di formulare motivi specifici, sì da consentire alla Corte di cogliere nell’immediato il fondamento della censura sollevata; quanto detto vale a rilevare l’inammissibilità dell’ultimo motivo di ricorso, avendo il ricorrente operato un generico rinvio alla domanda di manleva, omettendo la trascrizione, anche in forma riassuntiva, degli atti processuali di riferimento violando l’art. 360 c.p.c., n. 6.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

8. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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