Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.17046 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26761/2017 proposto da:

C.B., D.P., C.M., CA.LU., C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ORTI DELLA FARNESINA 126, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO STELLA RICHTER, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONELLO VERDEMARE;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI già MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore e Legale Rappresentante pro tempore Dott.ssa c.a.r., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 169, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FEDERICI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALDO D’AVOLA;

AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore Speciale Dott. A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che la rappresenta e difende;

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI già MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore e Legale Rappresentante pro tempore Dott.ssa c.a.r., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 169, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FEDERICI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALDO D’AVOLA;

– controricorrenti –

e contro

G.G., L.F., L.G., T.S., AVIS AUTONOLEGGIO SPA;

– intimati –

nonchè da:

L.G., L.F., G.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TEULADA 71, presso lo studio dell’avvocato LUCIA GULINO, rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO GALLO;

– ricorrenti incidentali –

contro

AVIS AUTONOLEGGIO SPA, T.S., MILANO ASSICURAZIONI SPA, AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA, C.B., D.P., C.M., C.A., CA.LU.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1315/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 13/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 7 nov. 2017 gli eredi di C.A., terzo trasportato deceduto nello scontro frontale intervenuto il *****, sulla *****, tra L.G. alla guida della sua BMW (deceduto a causa dell’impatto e assicurato da Carige – ora Amissima s.p.a.) e T.S. (deceduto in corso di causa) alla guida della sua Opel Astra, impugnano la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1315/2017 depositata il 13 luglio 2017 che ha dichiarato prescritto il loro diritto; con controricorso e ricorso incidentale gli eredi di L.G. impugnano la sentenza nella parte in cui ha respinto l’appello volto a far riconoscere la sussistenza di un concorso di responsabilità del conducente della Opel Astra, sull’assunto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, non fosse stata superata la presunzione di pari responsabilità nell’evento di cui all’art. 2054 c.c., comma 2 e che il giudicato penale in ordine alla sua estraneità all’evento non avesse gli effetti propri di una sentenza di assoluzione piena ex art. 652 c.p.p., impediente un pieno giudizio civile di responsabilità.

2. Le parti intimate hanno notificato separati controricorsi nei termini indicati in epigrafe. Le parti hanno depositato memorie di replica.

CONSIDERATO

che:

1. RICORSO INCIDENTALE: il ricorso incidentale è in linea logica preliminare alle altre questioni e pertanto viene trattato quale prima questione. Gli eredi del conducente della BMW, ritenuto essere l’unico responsabile dell’occorso perchè scontratosi frontalmente con la Opel Astra dopo aver perso il controllo dell’auto su cui viaggiava ad elevatissima velocità, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducono violazione e falsa applicazione art. 2054 c.c., comma 2, in riferimento art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, contestando che il giudicato penale contenga un effettivo specifico e concreto accertamento circa l’insussistenza del fatto o l’impossibilità di attribuire al conducente del veicolo scontratosi frontalmente una qualche responsabilità nell’evento, atteso che la CTU disposta nel giudizio di primo grado era giunta alla conclusione che la Opel, ponendosi al centro della carreggiata e tenendo una velocità di marcia di 87 km/h superiore a quella consentita, non ha dimostrato di avere assunto una condotta di prudenza valevole a superare la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2; inoltre deducono che la Corte abbia ricavato la propria opinione considerandosi vincolata a un giudicato che non si esprime nei termini di cui all’art. 530 c.p.p., bensì dubitativi.

1.1. Il motivo è infondato e, in ogni caso, non si confronta con la ratio decidendi desumibile dalla sentenza di merito.

1.2. La Corte di merito ha ritenuto che il giudice penale abbia escluso la responsabilità del conducente della Opel che giungeva quasi ferma all’impatto frontale, essendosi trovata innanzi la BMW che, in fase di curva, andava a velocità elevatissima e aveva perso del tutto il controllo, escludendo in concreto ogni contributo causale della condotta del conducente della Opel, per quanto viaggiasse a una velocità superiore a quella consentita e vicino alla linea di mezzeria, considerati come fattori causalmente antecedenti che non hanno influito sulla dinamica del sinistro e sulle sue conseguenze letali per passeggeri della BMW. In sostanza la Corte di merito ha recepito l’accertamento del Giudice penale che ha ritenuto irrilevante, sotto il profilo causale, anche solo in termini di aggravamento delle conseguenze, la condotta inottemperante alle norme del codice della strada tenuta dal conducente della Opel prima dell’impatto. Si tratta di una valutazione in concreto di circostanze che attengono al piano della sussistenza o meno di un nesso causale tra condotta della Opel e impatto con la BMW, e dunque si pone su un piano logicamente anteriore rispetto a quello che riguarda il profilo della colpa, valevole ai fini della valutazione del concorso colposo.

1 3. Pertanto nel caso di specie la questione riguarda un giudizio in cui, da un lato, è stato recepito e condiviso l’accertamento del giudice penale che ha escluso che il fatto sussiste ex art. 652 c.p.p. (tra l’altro con un giudizio non specificamente richiamato nel suo esatto portato dai ricorrenti, bensì dalla Corte di merito), e dall’altro è stata altrettanto correttamente ritenuta irrilevante ogni considerazione della “presunzione di colpa” di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, che riguarda la diversa ipotesi in cui l’occorso è da ricondurre eziologicamente alla condotta “presumibilmente colposa” di entrambi i conducenti dei veicoli che si sono scontrati, ove non sia in concreto ricostruibile la dinamica dell’incidente.

2. RICORSO PRINCIPALE: Innanzitutto il ricorso è ammissibile perchè la procura speciale alle liti, apposta in calce al ricorso, è riferibile al ricorso, risultando irrilevante il mancato richiamo al giudizio in corso (Cass. 1205/2015).

3. Con il primo motivo, gli eredi del terzo trasportato sulla BMW, deceduto a causa dell’impatto violento contro la Opel e che si sono visti dichiarare prescritto il diritto dal giudice del secondo grado di giudizio, denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 325,327,333 e 343 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte d’appello non avrebbe considerato che l’impugnazione degli eredi del conducente della BMW, anzichè in via autonoma, avrebbe dovuto essere presentata in via incidentale avendo essi già ricevuto la notifica del primo atto di appello promosso da Amissima. Pertanto ritengono errata la decisione della Corte d’appello di averlo considerato tempestivo perchè proposto entro il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., poichè la notifica di una parte farebbe invece decorrere il termine breve anche per la parte cui la notificazione è diretta. Del pari sarebbe da considerarsi inammissibile anche l’appello di Amissima notificato inizialmente alle parti e non al loro procuratore costituito.

3.1. In atti risulta che il primo atto di appello è stato presentato da Amissima, e notificato il 7 febbraio 2013, mentre l’appello degli eredi del conducente della BMW è stato notificato il 30 aprile 2013.

3.2. Quanto alla prima questione, la Corte ha giudicato “tempestivo l’appello degli eredi del conducente della BMW prima del maturarsi della decadenza dell’art. 327 c.p.c., ancorchè esso vada considerato quale impugnazione incidentale dopo la disposta riunione dei giudizi”. In tal modo la Corte ha dimostrato di aver tenuto conto del principio di unità dell’impugnazione del quale sono espressione le norme di cui all’art. 333 c.p.c. e all’art. 335 c.p.c., che impone alle parti di effettuare l’impugnazione in via incidentale e non in via autonoma e al giudice dell’impugnazione di effettuare, in via surrettizia, la riunione di impugnazioni autonome avverso la medesima sentenza, determinandosi per via giudiziale la conversione dell’impugnazione autonoma in impugnazione incidentale, e ciò nonostante la mancata ottemperanza della parti all’art. 333 c.p.c..

3.3. Osserva la Corte che la fattispecie non riguarda propriamente un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Difatti, qualora distinti giudizi di responsabilità civile da circolazione dei veicoli, separatamente introdotti contro il responsabile ed il suo assicuratore da diversi danneggiati per il medesimo fatto, vengano ad essere successivamente riuniti avanti al medesimo giudice, il litisconsorzio che si realizza è di natura facoltativa, e tale rimane anche nella fasi di gravame, ancorchè comune ai giudizi riuniti sia l’accertamento della responsabilità del sinistro. Ne consegue che l’impugnazione proposta da uno dei danneggiati, anche se notificata all’altro, non legittima quest’ultimo ad impugnare in via incidentale tardiva la negazione della responsabilità rispetto alla propria domanda, poichè l’impugnazione tempestiva non è contro di lui rivolta e non si verte in ipotesi di inscindibilità delle cause (per tutte v. Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 22809 del 29/09/2017).

3.4. Quanto al secondo punto del motivo, riguardo all’appello di Amissima non si configura un’ipotesi di omessa notifica dell’impugnazione per il fatto che essa ha spontaneamente sanato l’impugnazione per errore notificata personalmente agli eredi del terzo trasportato, rinotificando l’atto al procuratore domiciliatario. In proposito valgono i principi già resi da questa Corte in materia, senza che rilevi che alla rinnovazione la parte provveda spontaneamente alla scadenza del termine per impugnare (Cass. 710/2016; Cass. 19702/2011). Difatti in tal caso non si configura l’inesistenza dell’atto di notifica, vizio che è configurabile solo qualora sia stata omessa la consegna dell’atto da notificare, ovvero la notifica sia avvenuta in un luogo non avente alcun collegamento con il destinatario. Viceversa, la notificazione è nulla e non inesistente qualora, nonostante l’inosservanza di formalità e di disposizioni di legge, l’atto sia pervenuto a persona e luogo avente un qualche riferimento con il destinatario della notificazione e, in tal caso, tale irregolarità formale può essere autonomamente sanata dalla parte che intende conseguire gli effetti dell’atto processuale, dando continuità al procedimento di notifica intrapreso.

4. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2054,2943 e 1310 c.c., art. 589 c.p., ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, ove la Corte ha ritenuto prescritto il loro diritto per essere il termine inutilmente decorso alla data del sollecito di pagamento del 5 dicembre 2006, successivamente alla interruzione del decorso della prescrizione intervenuta con la ricezione di un acconto di Euro 50.000,00, non ritenendo valevole, ai fini della applicazione del “termine lungo” previsto dall’art. 2947 c.c., comma 3, la pendenza del processo penale nei confronti del conducente della Opel, sopravvissuto all’incidente, giacchè egli ex post, stante l’intervenuta sua assoluzione, non poteva essere considerato obbligato solidale ex art. 1310 c.c.. L’errore di fondo sarebbe nell’avere ritenuto biennale un termine che invece era quantomeno quinquennale rispetto al fatto di reato contestato all’imputato, nei confronti del quale si è proceduto.

4.1. Il motivo è infondato per quanto di ragione.

4.2. Il giudice dell’appello ha rilevato che il giudice di primo grado ha accertato che la prescrizione, da ritenersi pacificamente biennale, era stata interrotta con due richieste di risarcimento (del 23 ottobre 2001 e del 14 aprile 2003) e che la corresponsione in data 18/06/2003 di un acconto da parte della compagnia costituisse un atto interruttivo della prescrizione, e non una rinuncia alla prescrizione. La Corte d’appello ha, per un verso, messo in rilievo che sull’accertamento della mancanza di un ulteriore atto interruttivo dal 18 giugno 2003 al 5 dicembre 2006, si sia formato un giudicato interno, non essendo stato oggetto di impugnazione il fatto che la prescrizione fosse stata ritenuta dal giudice pacificamente biennale e non quinquennale. Per altro verso la Corte ha ritenuto che non poteva costituire atto interruttivo la pendenza del giudizio penale contro il conducente della Opel giacchè egli era stato assolto e non poteva essere considerato ex post quale obbligato solidale. La parte intimata, in merito, ha dedotto l’inammissibilità della doglianza relativa alla ritenuta prescrizione biennale, anzichè quinquennale, perchè formulata per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, non avendo i ricorrenti proposto appello, in via incidentale condizionata, avverso tale capo della sentenza di primo grado su cui erano rimasti in parte soccombenti.

4.3. La Corte di merito ha ritenuto che sulla prescrizione biennale, affermata dal giudice di primo grado come pacificamente già decorsa, si sia formato un giudicato interno perchè gli eredi del terzo trasportato non hanno impugnato la decisione per questa parte in relazione alla quale essi sono rimasti soccombenti in primo grado, e tale rilievo costituisce uno dei due motivi di rigetto dell’impugnazione. E’ indiscusso che soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e che, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa (Sez. U, Sentenza n. 12067 del 24/05/2007; Sez. U, Sentenza n. 7700 del 19/04/2016). Oltretutto, l’asserto della Corte di merito sulla sussistenza del giudicato interno non è neanche oggetto di ricorso.

5. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2054,2947,2043 c.c., ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, nella parte in cui la Corte non ha considerato che, comunque, nella fattispecie in questione, viene in rilievo l’art. 2947 c.c., comma 1. Il motivo è assorbito da quanto sopra detto con riguardo al secondo motivo.

6. Conclusivamente la Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese tra le parti in ragione dell’altalenante esito dei giudizi dei merito.

P.Q.M.

I. La Corte rigetta ricorso principale;

II. Rigetta il ricorso incidentale;

III. Compensa le spese tra le parti;

IV. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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