LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13152/2015 proposto da:
S.M., Se.Ma., elettivamente domiciliate in Roma, Via F. De Sanctis 15, presso lo studio dell’avvocato Polese Pier Paolo, rappresentate e difese dall’avvocato Zauli Carlo, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Cassa Dei Risparmi di Forlì e della Romagna Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, L.go di Torre Argentina 11, presso lo studio dell’avvocato Martella Dario, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/04/2019 dal Dott. FALABELLA MASSIMO lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. – Il Tribunale di Forlì accoglieva l’opposizione proposta dalla Cassa di Risparmio di Forlì e della Romagna s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo pronunciato in danno della detta banca su ricorso di S.M. e Ma.. Il provvedimento aveva ad oggetto la consegna della documentazione relativa ai rapporti intercorsi tra il defunto padre delle intimanti, S.R., e il nominato istituto di credito.
2. – Le sorelle Selli proponevano gravame che, nella resistenza della Cassa di Risparmio, la Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibile a norma dell’art. 348 bis e 348 ter c.p.c..
3. – S.M. e Ma. ricorrono per cassazione contro la predetta ordinanza: svolgono l’impugnazione in otto motivi. La Cassa di Risparmio di Forlì e della Romagna resiste con controricorso illustrato da memoria. Il pubblico ministero ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi di ricorso sono rubricati come segue.
Primo motivo: violazione di legge nell’interpretazione ed applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c..
Secondo motivo: violazione di legge per violazione D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 127, dell’obbligo di agevolare il correntista.
Terzo motivo: violazione della legge dell’ordine pubblico internazionale “e quindi del D.Lgs. n. 321 del 2007, art. 37, che recepisce la direttiva 60 del 2005 e la direttiva 70 del 2006 e che impone la creazione dell’archivio unico informatico che contrasta il riciclaggio di danaro ed il terrorismo nonchè la corruzione e tutta l’illiceità”.
Quarto motivo: “violazione di legge e ordine pubblico internazionale quali quelli del D.Lgs. n. 142 del 2005, art. 6, che recepisce la direttiva 87 del 2007”.
Quinto motivo: violazione o falsa applicazione dell’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Sesto motivo: violazione di legge e dei doveri di solidarietà ex art. 2 Cost. e art. 1375 c.c., “in relazione all’accesso dei dati da parte di privati in materia in relazione alle banche, dati di Banca d’Italia e internazionali quali swift cui la banca è consorziata e può direttamente accedere per avere informazioni”.
Settimo motivo: violazione o falsa applicazione dell’art. 119 t.u.b. nonchè dell’art. 2220 c.c., “in relazione all’erronea decisione di ritenere legittimo il termine decennale laddove la banca ha invece intenzione di far valere un credito e deve quindi darne prova”.
Ottavo motivo: violazione degli artt. 1710,1713 e 1718 c.c., “in relazione alla cancellazione dei dati relativi ai rapporti senza preventiva autorizzazione da parte del mandante”.
2. – Il ricorso è inammissibile.
Le istanti hanno inteso impugnare l’ordinanza pronunciata dalla Corte di appello ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., che – secondo quanto si legge in ricorso – è stata comunicata il 5 febbraio 2015. Poichè il ricorso è stato inoltrato per la notifica il 27 aprile 2015, l’impugnazione risulta essere tardiva. Prescindendo, infatti, dall’effettiva impugnabilità, in concreto, dell’ordinanza (impugnabilità che, in termini generali, deve ritenersi limitata ai vizi costituenti violazioni della legge processuale: cfr. Cass. Sez. U. 2 febbraio 2016, n. 1914), va fatta applicazione del principio per cui il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, previsto per la proposizione del ricorso per cassazione (348 ter, comma 3, c.p.c.) è applicabile anche all’impugnazione autonoma dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello (Cass. 3 gennaio 2019, n. 1; Cass. 6 febbraio 2017, n. 3067).
3. – Segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della la Sezione Civile, il 11 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019
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