Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.17112 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Amministrazione comunale di Brindisi, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA presso lo studio dell’avvocato DANIELA INCALZA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO GRECO;

– ricorrente –

contro

D.A., D.M., D.F.R., in proprio e nella qualità di eredi di C.R., P.G. in proprio e nella qualità di Procuratrice Generale di PA.GI.

e P.A., elettivamente domiciliati in ROMA presso lo studio dell’avvocato GENNARO CONTARDI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ATTILIO DORIA, LORENZO DURANO, VINCENZO METAFORA;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 715/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 3/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/04/2019 dal cons. Dott. MARULLI MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS LUISA, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per l’inammissibilità del ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato Mussari Francesco Saverio che ha chiesto l’accoglimento.

FATTI DI CAUSA

1.1. Il Comune di Brindisi impugna per cassazione l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Lecce – adita in riassunzione dai consorti D.- P. a seguito di pregresso pronunciamento della medesima Corte d’Appello, dichiarativa con sentenza n. 72 del 28.1.2014 in pari tempo e dell’incompetenza del Tribunale nella liquidazione dell’indennità di occupazione legittima dovuta dal Comune per l’apprensione di un fondo di loro proprietà inserito in un PEEP e della competenza di essa Corte d’Appello – ha respinto l’eccezione di inammissibilità della relativa domanda, sollevata dal Comune sul presupposto del giudicato intervenuto riguardo ad essa a seguito del detto pronunciamento ed ha proceduto a liquidare l’indennità perciò dovuta, determinandone l’ammontare in linea capitale, maggiorato di interessi, ma non di rivalutazione non avendo gli istanti provato il maggior danno.

1.2. Nel respingere la sollevata eccezione – motivata dal Comune sulla considerazione che la citata sentenza 72/2014, pur dichiarando l’incompetenza in materia del giudice adito in primo grado, aveva ritenuto che la domanda di determinazione dell’indennità, non essendo stata decisa dal Tribunale e non avendo formato oggetto di doglianza, doveva intendersi coperta da giudicato in quanto implicitamente rigettata – il giudice territoriale, richiamata la predetta declaratoria in rito, ha inteso rimarcare che “la pronuncia con la quale il giudice adito si spoglia del giudizio presso di sè incardinato in quanto incompetente preclude allo stesso di esaminare ogni altra questione sottoposta alla propria cognizione, che conseguentemente viene rimessa alla delibazione dell’organo giurisdizionale dichiarato competente a conoscere della controversia. Dunque” – si legge ancora nella sentenza per cui è ricorso – “le ulteriori valutazioni espresse dalla Corte nella richiamata sentenza, sia con riferimento all’inammissibilità per tardività della domanda di liquidazione dell’indennità in oggetto, sia per quanto riguarda l’implicito rigetto della domanda stessa, recedono al rango di meri obiter dictum rispetto ai quali non può ritenersi formato il giudicato”.

1.3. Il mezzo proposto del Comune si vale di due motivi ai quali replicano gli intimati con controricorso e ricorso incidentale parimenti su due motivi. Memorie di entrambe le parti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo del ricorso azionato in via principale, il Comune di Brindisi lamenta l’erroneità in diritto per violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.c. dell’impugnato deliberato sul rilievo che, una volta dichiarata la propria incompetenza, la Corte d’Appello nel giudizio definito con la sentenza 72/2014 avrebbe dovuto statuire nel merito, sicchè “il mancato accoglimento della domanda di determinazione dell’indennità di occupazione legittima è coerente solo con la ravvisata esistenza di un elemento ostativo, costituito dal giudicato di rigetto”.

2.2. Il motivo è affetto da pregiudiziale inammissibilità.

Venendo invero meno al precetto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in guisa del quale si impone che nell’esposizione del motivo trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende rappresentare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione, l’odierna postulazione omette di confrontarsi con le ragioni della decisione insistendo nel prospettare, a supporto del proprio assunto, argomentazioni già sottoposte al vaglio del decidente di merito e da questo rigettate osservando, come visto, che nessuna preclusione pro-iudicato era invocabile in conseguenza della declaratoria di incompetenza pronunciata con la citata sentenza, atteso, che coerentemente ai principi enunciati da questa Corte circa l’inconferenza decisoria delle argomentazioni spese nel merito dal decidente che dichiarando la propria incompetenza si spogli della “potestas iudicandi, (Cass., Sez. U, 20/02/2007, n. 3840), le ulteriori affermazioni che figurano in essa e che riguardo al merito delle istanze attoree rilevano l’esistenza di un giudicato interno, non essendo appunto conferenti sul piano decisionale in quanto non incarnano la ratio decidendi dell’adottato pronunciamento, “recedono al rango di meri obiter dictum”, improduttivi di effetto preclusivo.

3.1. Il secondo motivo trae pretesto dalla medesima premessa ed allega la violazione degli artt. 324 e 50 c.p.c., dal momento che avendo dichiarato nella stessa occasiona anche la propria competenza a pronunciarsi sulla domanda di liquidazione la Corte d’Appello, nel giudizio definito con la sentenza 72/2014, avrebbe dovuto statuire pure nel merito della relativa domanda, diversamente risultandone la decisione viziata per omessa pronuncia, con l’effetto, che non essendo intervenutane l’impugnazione sul punto, la sentenza qui impugnata, in luogo di statuire sulla relativa domanda, accogliendola, “ne doveva dichiarare l’inammissibilità per violazione dell’art. 324 c.p.c.”.

3.2. Il motivo è privo di fondamento.

E’ principio stabilmente invalso nella giurisprudenza di questa Corte, modellato in fedele sintonia con leggi che governano il giudicato, che esso si forma solo sugli aspetti del rapporto che abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto (Cass., Sez. I, 17/03/2015, n. 5264; Cass., Sez. III, 10/10/2007, n. 21266; Cass., Sez. III, 16/05/2006, n. 11356), sicchè, ove una pronuncia sul merito della pretesa non vi sia stata, in quanto la controversia è stata definita in accoglimento di una pregiudiziale di rito o, come nel caso che ne occupa, sia mancata una decisione di merito (Cass., Sez. III, 25/01/2018, n. 1828), per essere stata omessa la relativa decisione, non ne discende alcun effetto preclusivo a carico della parte, ma il vincolo formale conseguente all’irrevocabilità della decisione per non essere stata essa impugnata con gli ordinari mezzi di gravame opera nei soli limiti di quanto deciso, sicchè la parte non potrà dolersi della statuizione perciò adottata, essendosi formato riguardo ad essa per difetto di impugnazione il giudicato formale, ma sarà libera di riproporre nuovamente la domanda onde conseguire una pronuncia di merito su di essa, incardinandola nel corso di un nuovo giudizio.

Del tutto rettamente, perciò, la Corte d’Appello ha giudicato ammissibile la domanda davanti a sè riproposta dagli originari attori e del tutto rettamente ha statuito su di essa pronunciando nel merito.

4. Respinto con ciò il ricorso principale, sorte non migliore ha il ricorso incidentale dei prefati D.- P..

5. Con il primo motivo costoro lamentano la violazione dell’art. 1224 c.c., deducendo, di contro al diverso assunto enunciato del giudice di merito, di aver provato il maggior danno da ritardo, ma in tal modo instano, inammissibilmente, per una revisione del diverso pronunciamento in fatto adottato in quella sede.

6. Con il secondo motivo si dolgono della violazione dell’art. 96 c.p.c. in quanto il maggior danno avrebbe dovuto essere comunque riconosciuto a titolo di responsabilità aggravata e, non pronunciando su tale richiesta, la sentenza risulta perciò viziata per omessa motivazione.

La prima allegazione, evidentemente non riconducibile alla doglianza enunciata con il primo motivo, risultandone altrimenti assorbita per effetto del rigetto di questo, è inammissibile non essendo riprodotta nei suoi esatti termini la diversa domanda articolata in via autonoma avanti al giudice di merito; la seconda allegazione va, invece, conseguentemente, giudicata assorbita.

7. Respinto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorsòincidentale, le spese, stante la reciproca soccombenza, vanno integralmente compensate.

Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Respinge il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa integralmente le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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