LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15392-2017 proposto da:
B.L., C.E., B.P., I.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE ACACIE 13, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ANDREOZZI, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIO PICA;
– ricorrente –
contro
AURORA SPV SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA D.CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato FABIO VERONI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2698/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/11/2018 dal Consigliere Dott. DI MARZIO MAURO.
RILEVATO
CHE:
1. – B.P., B.L., I.G. e C.E. hanno proposto ricorso per cassazione per tre mezzi, nei confronti di Trevi Finance S.p.A. e per essa di Unicredit Credit Management Bank S.p.A. quale mandataria di Unicredit S.p.A., contro la sentenza del 24 aprile 2017 con cui Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello da essi proposto avverso sentenza del Tribunale di Velletri che aveva disatteso la loro opposizione al decreto ingiuntivo di pagamento dell’importo di Lire 151.018.694 quali fideiussori di Artena Scavi S.n. c..
2. – Phoenix Asset Management S.p.A. per Aurora SPV S.r.l., subentrata ad Unicredit S.p.A., ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375,1845 c.c. riferimento all’art. 360 c.p.c.censurando la sentenza impugnata per non essersi avveduta che il recesso della banca dall’apertura di credito concessa alla società da essi ricorrenti garantita era stato effettuato in violazione del principio di buona fede oggettiva.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1832 e 2797 c.c. non artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver respinto l’impugnazione nonostante la banca si fosse limitata a produrre il solo estratto di saldaconto cui essi non potevano neppure rivolgere contestazioni specifiche in mancanza della produzione degli estratti conto.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1283,1284,1346 e 1418 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata giacchè il giudice avrebbe potuto rilevare d’ufficio anche in sede di gravame la nullità della clausola del contratto di conto corrente che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi, a fronte della cui contestazione la banca era onerata della produzione degli estratti conto.
CONSIDERATO CHE:
4. – Il collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.
5. – Il ricorso è complessivamente inammissibile giacchè mancante dell’indicazione specifica degli atti processuali e dei documenti sui quali esso si fonda, ai sensi dell’art. 366, comma 1, numero 6, c.p.c..
Stabilisce l’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. che: “Il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità… 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per essere assolto, postula che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur indicato nel ricorso, risulta prodotto, poichè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è rintracciabile. La causa di inammissibilità prevista dall’art. 366 c.p.c., n. 6, è direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione contenutistica dello stesso. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, postula che si individui dove è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di quanto dispone l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prevedente un ulteriore requisito di procedibilità del ricorso, che esso sia prodotto in sede di legittimità (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 23 agosto 2011, n. 17602; Cass. 4 gennaio 2013, n. 124).
In proposito, le Sezioni Unite hanno tra l’altro affermato che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite della produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel ricorso la sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è prodotto, occorrendo tali indicazioni perchè il requisito della indicazione specifica sia assolto.
Nel caso di specie la specifica indicazione degli atti e dei documenti è totalmente assente, non risultando localizzati nè i primi, nè i secondi.
6. – Inoltre:
-) il primo motivo è inammissibile giacchè solleva una questione, quella della violazione della regola della buona fede oggettiva, che non risulta trattata nella sentenza impugnata nè, alla lettura del ricorso, risulta essere stata sollevata dinanzi ai giudici d’appello;
-) il secondo motivo è inammissibile giacchè aspecifico, in quanto non si cimenta con la motivazione addotta dal giudice di merito, il quale ha ritenuto (peraltro in piena armonia con la giurisprudenza di questa Corte: Cass. 19 marzo 2009, n. 6705) che l’estratto di saldaconto abbia valore probatorio indiziario anche nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo e che, nel caso di specie, esso comprovasse il credito fatto valere, in uno con l’ulteriore documentazione considerata (lettera di revoca dei fidi ed estratti notarili relativi ai conti correnti);
-) il terzo motivo è parimenti inammissibile giacchè aspecifico, avendo ignorato la motivazione della sentenza impugnata la quale, con riguardo alla pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici ha recisamente affermato che la Corte d’appello “non ha rilevato la sussistenza di clausole del genere”.
7. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019
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