Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.32451 del 11/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20020/2015 R.G. proposto da:

M.A., e M.M., rappresentati e difesi dall’Avv. Roberto Tropenscovino per procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore depositata il 22 ottobre 2019, elettivamente domiciliati in Roma presso lo studio dell’Avv. Francesco Falvo D’Urso al viale delle Milizie n. 106;

– ricorrenti –

contro

L.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Giulio Di Matteo per procura a margine del controricorso, domiciliata presso la cancelleria della Corte;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 1503, depositata il 7 aprile 2015.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone nella Camera di consiglio del 5 novembre 2019.

Letta la memoria depositata dai ricorrenti principali.

FATTO E DIRITTO

atteso che:

Nella successione in morte di F.A., deceduta a *****, M.A. e M., parenti di quarto grado della de cuius, adivano in petizione d’eredità il Tribunale di Como, disconoscendo l’autenticità del testamento olografo datato 9 febbraio 2006, recante istituzione di erede universale di L.R., parente della de cuius in quinto grado.

Soccombenti nei gradi di merito, M.A. e M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi; soccombente sull’appello incidentale relativo ai danni ex artt. 89 e 96 c.p.c., L.R. ha proposto ricorso incidentale con due motivi, ai quali i ricorrenti principali hanno opposto controricorso.

Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 602,606,2697 c.c., per aver il giudice d’appello omesso di dichiarare la nullità dell’olografo con l’argomento dell’irrilevanza dell’autografia della data in assenza di testamenti plurimi.

Tale motivo è inammissibile: il giudice d’appello ha fatto proprie le conclusioni peritali, che qualificano l’autografia della data in termini di “altissima probabilità”, standard di valutazione adeguato alla sede civile, dove opera la regola “più probabile che non”, o “preponderanza dell’evidenza” (Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 576; da ultimo, Cass. 6 febbraio 2019, n. 3487); l’argomento secondo il quale l’autografia della data non rileva in assenza di testamenti plurimi appare espresso dal giudice d’appello per intenzionale ridondanza (“… sarebbe comunque irrilevante… “), valendo allora il principio di inammissibilità per difetto d’interesse del motivo di cassazione avverso argomenti svolti ad abundantiam, come tali improduttivi di effetti giuridici (tra tante, Cass. 17 febbraio 2004, n. 3002; Cass. 23 novembre 2005, n. 24591; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635; Cass. 10 aprile 2018, n. 8755).

Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 2727,2729 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto autentico il testamento in base alla sola consulenza grafologica, per di più carente di scritture comparative dei dati numerici; il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115,116 c.p.c., per aver il giudice d’appello ritenuto autentico il testamento in base alla sola consulenza grafologica, che pure non ha valore di prova. Da esaminare insieme per connessione, tali motivi sono infondati: quella grafica è una consulenza c.d. percipiente, che integra fonte oggettiva di prova, accertando fatti rilevabili solo per via tecnica (Cass. 19 gennaio 2011, n. 1149); a fronte delle obiezioni del tecnico di parte dei M., il giudice d’appello ha fatto proprie le repliche del tecnico d’ufficio, evidenziando la pluralità, certezza e diacronicità delle scritture di comparazione, sicchè la sua adesione alle conclusioni peritali non è l’adesione acritica vietata dalla giurisprudenza di legittimità (tra molte, Cass. 24 aprile 2008, n. 10688; Cass. 21 novembre 2016, n. 23637; Cass. 11 giugno 2018, n. 15147).

Il quarto motivo del ricorso principale reitera il terzo, ma nella direzione dell’omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; anche il quinto motivo denuncia omesso esame, per aver il giudice d’appello trascurato l’assenza di scritture comparative numeriche. Da esaminare insieme per connessione, tali motivi sono inammissibili: ad oggetto dell’omesso esame essi non indicano un fatto storico decisivo, ma semplici deduzioni difensive (sul valore probatorio della consulenza e la necessità di ulteriori mezzi comparativi), deduzioni estranee al paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 14 giugno 2017, n. 14802; Cass. 18 ottobre 2018, n. 26305); quest’intrinseca ragione d’inammissibilità si manifesta ancor prima dell’altra, indotta, ratione temporis, dalla c.d. doppia conforme ex art. 348-ter c.p.c., comma 5.

Il sesto motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 24 Cost., art. 196 c.p.c., per non aver il giudice d’appello disposto la rinnovazione della consulenza grafica d’ufficio, con sostituzione del tecnico, o, quantomeno, un supplemento di indagine peritale.

– Tale motivo è inammissibile: la valutazione dell’opportunità di rinnovare la consulenza tecnica d’ufficio con un nuovo ausiliare o di disporre indagini tecniche suppletive rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio non è sindacabile in sede di legittimità, ove motivato (Cass. 14 novembre 2008, n. 27247; Cass. 17 dicembre 2009, n. 26499; Cass. 30 marzo 2010, n. 7622; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2103); nella specie, il giudice d’appello, come veduto, ha evidenziato la pluralità, certezza e diacronicità delle scritture di comparazione (evidentemente ritenute sufficienti), inoltre ha rimarcato l’inconsistenza delle perplessità dai M. nutrite verso la persona del tecnico d’ufficio, sicchè l’odierno motivo di ricorso si traduce in un’inammissibile istanza di riedizione di un giudizio discrezionale di merito.

Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 96 c.p.c., per aver il giudice d’appello escluso che i M. fossero in dolo o colpa grave nell’agire in giudizio contro l’olografo e nel trascrivere la domanda sugli immobili ereditari; il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 89 c.p.c., per non aver il giudice d’appello liquidato alla L. il danno morale procuratole dalle frasi offensive contenute negli scritti difensivi di controparte. Da esaminare insieme per connessione, svelata anche dal comune riferimento aggiuntivo all'”errato apprezzamento dei fatti e degli atti” e al “difetto di motivazione”, tali motivi sono inammissibili.

– Quello della mala fede, colpa grave o imprudenza, per gli effetti dell’art. 96 c.p.c., è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se motivato (Cass. 12 gennaio 2010, n. 327; Cass. 29 settembre 2016, n. 19298).

– Quello dell’offensività delle espressioni contenute negli scritti difensivi e dell’attinenza all’oggetto della lite, per gli effetti dell’art. 89 c.p.c., è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se motivato (Cass. 29 marzo 2007, n. 7731; Cass. 5 giugno 2018, n. 14364; per la possibilità di esimere anche riferimenti di tipo morale, se strumentali alla difesa, Cass. 26 luglio 2002, n. 11063, e Cass. 31 agosto 2015, n. 17325).

– Nella specie, il giudice d’appello ha negato l’elemento soggettivo della responsabilità aggravata in ragione della complessità tecnica della verifica di autenticità dell’olografo e ha ritenuto che le frasi “spiacevoli” sugli interessi patrimoniali della L. fossero dirette ad accreditare la tesi difensiva dell’alterazione dell’olografo: i motivi di ricorso incidentale si traducono nell’inammissibile tentativo di ottenere una revisione di questi giudizi fattuali di merito, come pure attesta il loro richiamo d’epigrafe all'”errato apprezzamento dei fatti e degli atti” e al “difetto di motivazione”.

– Vanno respinti tanto il ricorso principale, quanto l’incidentale, con raddoppio del contributo unificato per entrambi.

– In rapporto alla loro soccombenza prevalente, i ricorrenti principali devono essere solidalmente condannati a rifondere alla controricorrente i tre quarti delle spese di questo giudizio, restando compensato il quarto residuo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Condanna i ricorrenti principali, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente i tre quarti – compensato il residuo – delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per l’intero in Euro 7.000,00 a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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