Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.140 del 08/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5202/2014 proposto da:

Fallimento ***** Srl, in persona curatore: D.N.E., elettivamente domiciliato in Roma Via D.Chelini 5 presso lo studio dell’avvocato Veroni Fabio che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Vena Andrea;

– ricorrente –

contro

Banca Delle Marche Spa, in persona dei commissari straordinari F.G. e T.F., elettivamente domiciliati in Roma Via Toscana 10 presso lo studio dell’avvocato Rizzo Antonio che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Coaccioli Antonio;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il 23/01/2014;

al quale è stato riunito il ricorso 4820/2014 proposto da:

Banca Delle Marche Spa in persona dei commissari straordinari F.G. e T.F., elettivamente domiciliati in Roma Via Toscana 10 presso lo studio dell’avvocato Rizzo Antonio che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Coaccioli Antonio;

– ricorrente –

contro

Fallimento ***** Srl, in persona curatore: D.N.E., elettivamente domiciliato in Roma Via D.Chelini 5 presso lo studio dell’avvocato Veroni Fabio che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Vena Andrea;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RILEVATO

che:

Il giudice delegato al fallimento di “***** srl in liquidazione” non ammetteva al passivo della procedura il credito portato da Banca delle Marche SpA, per Euro 4.531.629,86 garantito da pegno su quote rappresentanti l’intero capitale sociale di SIPG srl (detenuto dalla fallita al 100%) in quanto, ad avviso del predetto GD, costituiva atto inefficace ed inopponibile al fallimento, L. Fall., ex art. 67, comma 2 e art. 66, ed anche ex artt. 2901 e 2486 c.c., nonchè oggetto di un distinto giudizio di revocatoria fallimentare e ordinaria davanti al Tribunale di Campobasso.

Con ricorso, L. Fall., ex art. 98, veniva proposta opposizione dalla banca, che veniva parzialmente accolta, relativamente al solo credito per Euro 3.495.000,00, derivante dal contratto di mutuo fondiario concesso alla ***** srl dalla banca opponente, e ceduto alla SIPG srl (società, come detto, controllata dalla fallita per il 100% delle quote) mediante accollo cumulativo e non liberatorio, ex art. 1273 c.c. (infatti, ad avviso del Tribunale, il successivo atto di cessione di ramo d’azienda effettuato dalla predetta ***** srl, ancora in bonis, alla Società Italiana Parcheggi Gabicce srl – SIPG srl -, pur ricomprendendo la cessione del contratto di finanziamento di cui al predetto mutuo, non aveva efficacia di liberare il debitore principale – cioè, l’odierna fallita -, in quanto, era accordo cumulativo e non liberatorio, perchè la banca non aveva aderito alla stipulazione nè ne era stata informata, nè aveva espresso la volontà di liberare il debitore principale); mentre, con riferimento alla restante parte del credito di cui è stata chiesta l’ammissione (relativo ai finanziamenti concessi dalla banca opponente a SIPG SRL per Euro 774.000,00 ed Euro 262.629,86), il Tribunale rigettava l’opposizione di Banca delle Marche SpA, in quanto le due fideiussioni rilasciate dalla società fallita in favore di SIPG srl sulle quali la banca creditrice aveva fondato la propria richiesta di ammissione al passivo, erano oggetto di un distinto giudizio di revocatoria fallimentare, pendente davanti al Tribunale di Campobasso e il curatore, ad avviso del Tribunale, aveva correttamente eccepito il fatto impeditivo della pretesa, L. Fall., ex art. 95, consistente nell’inefficacia nei confronti della massa, della predetta garanzia fideiussoria.

Avverso tale decreto, con un primo ricorso (da ritenersi principale, perchè preventivamente notificato – v. Cass. n. 25054/13 -), con r.g. 5202/14, la curatela ricorre per cassazione affidandosi a due motivi, illustrati da memoria, censurando il capo del decreto che la vede soccombente, mentre la banca resiste con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.

Avverso il medesimo decreto, con un secondo ricorso (da ritenersi incidentale, perchè successivamente notificato), con r.g. 4820/14, la Banca ricorre per cassazione, censurando la parte del decreto a sè sfavorevole ed affidandosi a un unico motivo d’impugnazione, illustrato da memoria, mentre, il fallimento controricorrente resiste con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso principale, la curatela lamenta il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 1813,2558,2560,1273 e 2697 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il Tribunale non aveva accolto l’eccezione d’inefficacia e/o inopponibilità al fallimento del credito derivante dal finanziamento della Banca alla società ***** srl, per Euro 3.495.000,00, in quanto, non aveva tenuto conto della dichiarazione confessoria inserita nell’atto costitutivo di pegno del 13.11.2009, in cui la banca dichiarava che il finanziamento per Euro 3.500.000,00 derivante da mutuo ipotecario del 29.11.2006, era concesso alla SIPG srl e non alla ***** srl ed inoltre, la banca non aveva dimostrato che l’erogazione del predetto mutuo dal 13.11.2009 fosse avvenuta proprio nei confronti della fallita invece che in favore di SIPG srl come dichiarato dalla medesima banca nel predetto atto costitutivo di pegno.

Con il secondo motivo di ricorso principale, il curatore deduce sia il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. Fall., art. 67, commi 1 e 2 e art. 66 (applicabili ratione temporis), degli artt. 2901 e 2486 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sia il vizio di omesso esame, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sul medesimo profilo di censura, in quanto, il Tribunale aveva erroneamente riconosciuto il privilegio pignoratizio al credito portato dal mutuo fondiario (concesso successivamente alla sua stipula, precisamente, in data 13.11.2009), e ciò, perchè iscritto entro i sei mesi anteriori alla data di dichiarazione del fallimento (5.10.2010), retrodatando il termine alla data di proposizione della domanda di concordato preventivo (5.5.10) dichiarato inammissibile; inoltre, il Tribunale non aveva tenuto conto, che alla data di concessione del pegno su quote della società SIPG srl controllata dalla fallita al 100%, la medesima società fallita era già stata messa in liquidazione (con verbale di assemblea notarile del 10.11.2009), altresì, il pegno era stato concesso da parte di un procuratore speciale della società fallita, i cui poteri erano stati conferiti dal precedente amministratore unico e non dal liquidatore, per un debito non contestuale alla concessione della garanzia, con atto a titolo gratuito e quindi di straordinaria amministrazione, in una fase che era già liquidatoria, con effetti depauperativi del patrimonio, per un importo superiore al capitale sociale della ***** srl.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la banca denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. Fall., art. 96, comma 5, dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente, il Tribunale ha ritenuto che solo perchè fosse oggetto di un azione revocatoria da parte del curatore, il residuo credito non ammesso potesse essere escluso dall’accertamento del passivo, e ciò perchè, ad avviso della banca, una volta formatosi il giudicato endofallimentare sull’esclusione del credito, lo stesso non avrebbe più potuto essere richiesto in caso di rigetto dell’azione revocatoria separatamente proposta, con conseguente violazione del diritto di difesa della stessa, mentre, avrebbe dovuto semmai essere sospeso il giudizio di ammissione al passivo, ex art. 295 c.p.c. in attesa dell’esito dell’azione revocatoria del credito della banca.

In via preliminare, va disposta la riunione dei due ricorsi, ex art. 335 c.p.c., in quanto trattasi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.

Sempre in via preliminare, va disattesa l’eccezione di giudicato, sollevata dalla difesa della curatela nella memoria, ex art. 378 c.p.c., secondo la quale, la Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 304/18 dell’11.7.18 (non ulteriormente impugnata), ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, quanto alla declaratoria d’inefficacia nei confronti del fallimento, ai sensi della L. Fall., art. 66 e art. 2901 c.c., degli atti dispositivi dell’odierna fallita ed oggetto del presente giudizio, e ciò, in quanto, era necessario produrre l’attestazione della cancelleria, ex art. 124 disp. att. c.p.c. (tra le altre, vedi Cass. nn. 28515/17, 20974/18), per documentare la certezza della formazione di tale giudicato.

Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, per difetto di specificità rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che fa riferimento al contratto di finanziamento del 29.11.2006, da parte della banca delle Marche alla società fallita e alla mancata liberazione di quest’ultima da parte della banca, nonostante l’accollo (cumulativo e non liberatorio)del residuo mutuo da parte di SIPG srl, mentre, il fallimento ricorrente fa riferimento all’asserita dichiarazione confessoria, contenuta in un atto diverso e successivo rispetto al predetto mutuo, senza indicare e riportare dove, come e quando abbia eccepito tale fatto (cfr. p. 13 del ricorso, dove si riferisce della semplice allegazione del documento contenente la dichiarazione confessoria).

Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile, infatti, la censura relativa alla circostanza che il pegno risulta essere stato concesso (il 13.11.2009) nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento (5.10.2010), retrodatandone gli effetti alla data di presentazione del concordato preventivo (5.5.10) è nuova, in quanto, la curatela non riporta in ricorso, in quale atto l’eccezione sia stata sollevata davanti al Tribunale e neppure il decreto impugnato dà atto che tale eccezione sia stata proposta nella fase di merito (cfr. Cass. nn. 25318/17, 20712/18). Per il resto, il motivo di censura attiene a questioni di fatto, insindacabili nella presente sede di legittimità, se congruamente valutate come nella specie.

Il motivo di ricorso incidentale è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “Nel giudizio di verifica dei crediti, il curatore, a norma della L. Fall., art. 95, comma 1, , nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, può eccepire l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione, senza essere tenuto, per escludere il credito o la garanzia, a proporre l’azione revocatoria fallimentare, nè ad agire in via riconvenzionale nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dal creditore ai sensi della L. Fall., art. 98. Qualora, tuttavia, non sia stata proposta azione revocatoria in senso formale, ma sia stata solo sollevata eccezione, finalizzata a paralizzare la pretesa creditoria, il giudice delegato non dichiara l’inefficacia del titolo del credito o della garanzia, nè dispone la restituzione, ma si limita ad escludere il credito o la prelazione, a ragione della revocabilità del relativo titolo, con effetti limitati all’ambito della verifica dello stato passivo al quale la richiesta del curatore è strettamente funzionale” (Cass. n. 3778/19, 22784/18, 25728/16).

Nel caso di specie, il Tribunale non ha compiuto alcuna valutazione, incidenter tantum, sulla ricorrenza dei presupposti della revocabilità del credito, infatti, ha così statuito: “tale eccezione (la cui fondatezza sarà ovviamente valutata dal giudice adito) è idonea a giustificare il rigetto dell’ammissione del credito in sede di verifica dello stato passivo”; pertanto, il medesimo Tribunale ha escluso il credito della banca, in via automatica, sulla base della sola proposizione dell’eccezione revocatoria da parte del curatore, senza verificarne, incidentalmente, la sua fondatezza.

Conclusivamente, va dichiarato inammissibile il ricorso principale; va accolto il ricorso incidentale e, conseguentemente, va cassato il decreto impugnato in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Campobasso, che, in relazione al motivo accolto, provvederà al riesame della controversia, attenendosi a quanto sopra rilevato e che provvederà anche a statuire sulle spese del presente giudizio.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso incidentale nei limiti di cui in parte motiva e dichiara inammissibile il ricorso principale.

Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

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