Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.20873 del 30/09/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1631/2016 proposto da:

M.V., e T.R., rappresentati e difesi dall’avvocato PIERO LUGNANI;

– ricorrenti –

contro

M.D., M.O., M.F., rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE BAVARESCO;

– controricorrenti –

contro

D.V.O.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 629/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 15/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FABIO FOCI, con delega scritta dell’avvocato PIERO LUGNANI difensore dei ricorrenti, che si riporta agli atti depositati ed insiste per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GIUSEPPE BAVARESCO, difensore dei controricorrenti, che si riporta agli atti depositati.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza pubblicata il 15 ottobre 2015 e notificata il 13 novembre 2015, ha rigettato l’appello proposto da M.V. e T.R. avverso le sentenze del Tribunale di Pordenone n. 677 del 2003 e n. 1040 del 2004, e nei confronti di M.F., M.D., M.O. e D.V.O..

1.1. Nel 1998 D.V.O., M.D., M.F. ed M.O., rispettivamente coniuge superstite e figli di M.G. (deceduto il *****), agirono nei confronti di M.V., M.M., Mo.Ma. e M.D., anch’essi figli dei coniugi M. – D.V., per ottenere lo scioglimento della comunione dei beni immobili caduti in successione, previa collazione di quelli a suo tempo donati ai germani V., O. e F., rispettivamente identificati al NCEU di Sesto al Reghena al foglio *****, mappale *****, al foglio *****, mappale ***** ed al foglio *****, mappale *****.

Gli attori instarono, inoltre, per la condanna di M.V. ad arretrare sia la recinzione posta al lato sud dell’appezzamento di terreno oggetto di donazione in suo favore, sia il pozzo; a rimuovere le condutture d’acqua realizzate su altro fondo caduto in comunione (mappale *****) e, infine, a cessare il transito esercitato sul detto fondo. A sostegno della domanda gli attori dedussero che M.V., dopo aver costruito la propria casa sul fondo oggetto di donazione (mappale *****), aveva continuato ad utilizzare la stradina collocata sul mappale ***** anzichè aprire un autonomo accesso alla strada pubblica, ed aveva interrato le tubature per il passaggio dell’acqua dal mappale ***** al mappale *****, transitando attraverso il mappale *****, senza il consenso dei comproprietari.

1.2. M.V. aderì alla richiesta di scioglimento della comunione ma contestò la fondatezza delle altre domande e formulò riconvenzionale di accertamento del diritto di servitù di passaggio carrabile, di scarico e acquedotto a favore del mappale ***** ed a carico del mappale *****, o, in subordine, di costituzione di servitù coattiva.

1.3. T.R., acquirente unitamente al coniuge M.V. della quota ereditaria di Mo.Ma., intervenne in causa aderendo alle domande del coniuge, e Mo.Ma. fu estromesso dal giudizio.

1.4. Nella contumacia degli altri convenuti, il Tribunale pronunciò la sentenza non definitiva n. 677 del 2003, con la quale dispose lo scioglimento della comunione ereditaria, condannò M.V. a rimuovere le tubazioni interrate nel sedime del fondo di cui al mappale *****, rigettò ogni altra domanda.

Con separata ordinanza, lo stesso Tribunale dispose la prosecuzione della causa per il frazionamento e l’esecuzione del progetto divisionale, e con la sentenza definitiva n. 1040 del 2004 attribuì i lotti secondo quanto indicato nella CTU.

2. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 293 del 2008, dichiarò inammissibile il gravame proposto dai coniugi M.- T.. La decisione fu annullata con rinvio dalla sentenza della Corte di cassazione n. 21400 del 2013.

3. Nuovamente adita in sede di giudizio di rinvio, la Corte d’appello ha rigettato i motivi di gravame dei coniugi M. – T..

3.1. Secondo la Corte, l’attribuzione della proprietà della stradina insistente sul ***** ad alcuni soltanto dei condividenti, e non anche dell’appellante M.V., era frutto del progetto divisionale predisposto dal CTU, ampiamente motivato oltre che discusso dalle parti.

3.2. Non vi era prova della costituzione di servitù di transito per destinazione del padre di famiglia, e neppure era provato l’acquisto per usucapione della servitù.

L’accesso al mappale ***** attraverso la stradina insistente sul mappale ***** era stato realizzato nei primi anni ‘80, e quindi non era trascorso il periodo utile all’acquisto a titolo originario, senza dire che M.V. era diventato comproprietario del fondo preteso servente dall’apertura della successione (1978) fino alla divisione, sicchè l’utilizzazione del transito poteva essere ricondotta alla situazione di comproprietà.

3.2. La Corte di merito ha rigettato anche le domande di costituzione di servitù coattiva di passaggio carrabile, per l’assenza del presupposto dell’interclusione, e di acquedotto e scarico. A tale ultimo riguardo la Corte d’appello ha rilevato che le condutture, in base a quanto allegato dagli stessi appellanti, portavano acqua dal mappale ***** al mappale *****, che era stato trasferito a terzi.

4. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso M.V. e T.R. sulla base di sette motivi. Resistono con controricorso M.F., M.O. e M.D., ed eccepiscono l’improcedibilità del ricorso. Non ha svolto difese l’intimata D.V.O..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si deve esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso, formulata dai controricorrenti, i quali hanno segnalato il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notifica da parte dei ricorrenti, in dispregio del disposto di cui all’art. 369 c.p.c., n. 2.

1.1. L’eccezione risulta infondata poichè la documentazione indicata dall’art. 369 cit. è stata depositata tempestivamente dai controricorrenti, è ciò soddisfa la ratio della norma processuale presidiata dalla sanzione della improcedibilità.

Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 10648 del 2017, “deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio”.

2. Nel merito, il ricorso non è fondato.

3. Con il primo motivo è denunciata nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 2,24 Cost. e art. 111 Cost., comma 6 e art. 6 CEDU per contestare la motivazione – omessa, apparente – con la quale la Corte d’appello ha respinto la richiesta degli appellanti-odierni ricorrenti di attribuzione in comproprietà della stradina identificata al foglio *****, mappale *****, che consente l’accesso carraio alla loro proprietà. I coniugi M. – T. avevano contestato già nel giudizio di primo grado il progetto divisionale predisposto dal CTU, e quindi avevano formulato specifico motivo di appello per evidenziare l’illogicità della sentenza di primo grado in parte qua, e la Corte d’appello si era limitata ad affermare la condivisibilità del progetto divisionale senza indicare gli elementi dai quali avrebbe tratto tale convincimento.

3.1. La doglianza è inammissibile sotto plurimi profili.

3.2. In primo luogo, non è soddisfatto il requisito della specificità, enucleato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo il quale la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio ha l’onere di allegare di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice di primo grado, di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, e di trascrivere almeno i punti salienti e non condivisi della relazione, riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (ex plurimis, Cass. 11/06/2018, n. 15147; Cass. 03/06/2016, n. 11482; Cass. 17/07/2014, n. 16368).

3.3. In ogni caso, e diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti, la motivazione nella quale si faccia rinvio per relationem all’elaborato del CTU non è apparente: il richiamo implica, infatti, una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi seguiti dal consulente, e soltanto in presenza di critiche specifiche e circostanziate il giudice del merito è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione.

Nella fattispecie in esame, la Corte d’appello ha evidenziato che l’attribuzione in comproprietà del mappale ***** ai soli germani F., O. e D. era stata ampiamente, discussa dalle parti, come risultava anche dai chiarimenti resi dal CTU in data 6 dicembre 2002, e che non vi erano ragioni per disattendere le conclusioni ivi raggiunte.

A fronte di tale motivazione, i ricorrenti avrebbero dovuto trascrivere il contenuto delle critiche prospettate in appello e dimostrare che il richiamo operato dalla Corte di merito alla CTU non sia sufficiente a giustificare l’assegnazione del mappale ***** ad alcuni soltanto dei condividenti. La carenza di specificità del motivo, sotto il duplice profilo dell’allegazione e della decisività dell’errore denunciato, comporta l’inammissibilità del motivo.

4. Con il secondo motivo è denunciata nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 2,24 Cost. e art. 111 Cost., comma 6 e art. 6 CEDU per contestare la carenza di motivazione sul rigetto della domanda di accertamento della servitù di transito per destinazione del padre di famiglia. In particolare, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito non avrebbe indicato quali fossero i presupposti previsti dagli artt. 1061 e 1062 c.c., a suo dire rimasti indimostrati.

4.1. La doglianza è infondata.

4.2. A seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta con D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del cosiddetto minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6. Ciò si verifica soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie (giurisprudenza costante a partire da Cass. Sez. U 07/04/2014, 8053).

4.3. Nella fattispecie in esame, la motivazione esiste, è comprensibile e non è contraddittoria nè perplessa.

La Corte d’appello ha ritenuto, all’esito della valutazione del quadro probatorio, che non fosse dimostrato il presupposto dell’effettiva situazione di asservimento di un fondo all’altro, al momento in cui i due fondi avevano cessato di appartenere al medesimo proprietario, e che difettasse il requisito dell’apparenza.

5. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1061,1062,1069 c.c. e si contesta la motivazione con la quale è stata esclusa la servitù di transito per destinazione del padre di famiglia.

I ricorrenti lamentano l’affermazione della Corte d’appello secondo cui il varco da essi utilizzato non fosse preesistente alla donazione, nonchè la ritenuta mancanza di opere visibili e permanenti; richiamano sul punto testimonianze e documentazione fotografica ed assumono, in definitiva, che la chiusura del varco originario e l’apertura di un diverso varco tra gli stessi fondi alla fine degli anni ‘70 non aveva fatto venir meno la servitù, che risultava perfino meno gravosa per il fondo servente.

5.1. La doglianza è infondata.

5.2. La servitù per destinazione del padre di famiglia sorge quando nella divisione di un fondo permanga, in conformità con l’uso fattone anteriormente dall’unico proprietario e possessore, una situazione oggettiva di asservimento di una ad altra parte risultante dalla divisione (ex plurimis, Cass. 08/06/2017, n. 14292; Cass. 22/05/2015, n. 10662; Cass. 17/02/2004, n. 2994; Cass. 18/02/1983, n. 1248).

5.3. Nella fattispecie in esame, la Corte di merito ha accertato che all’epoca della donazione del mappale ***** a M.V. (1971) esisteva un accesso che dal mappale ***** conduceva mappale *****, sul quale insisteva il vigneto, e che era costituito da un varco nella rete metallica, vicino al pozzo presso il cortile della vecchia casa. Tale varco era stato chiuso alla fine degli anni ‘70, quando M.V. aveva realizzato un nuovo accesso carrabile tra i fondi, posizionato in luogo diverso. L’esistenza di un varco al momento della donazione del mappale ***** non era sufficiente, secondo la Corte d’appello, a dimostrare la relazione di asservimento permanente tra i fondi, tenuto conto della collocazione e della funzione agricola che quel varco svolgeva. Di qui la ritenuta assenza di opere visibili e permanenti necessarie all’esercizio della servitù.

5.4. La conclusione alla quale è pervenuta la Corte di merito, di esclusione del rapporto di subordinazione permanente in cui si concreta la servitù, è supportata dall’apprezzamento complessivo dello stato dei luoghi e della correlazione tra i fondi, e come tale risulta immune dai vizi denunciati, oltre che non sindacabile sotto il profilo del vizio di motivazione.

6. Con il quarto motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 1061,1062 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello non avrebbe accertato “l’avvenuto acquisto ope legis della servitù per destinazione del padre di famiglia” a seguito della divisione giudiziale, così incorrendo nel vizio processuale di omessa pronuncia.

6.1. La doglianza è infondata.

6.2. In disparte l’astratta configurabilità del vizio di omessa pronuncia in assenza di specifica domanda, le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata chiaramente fanno escludere che, all’esito della divisione, potesse essersi determinata una situazione di fatto tale da comportare la costituzione di servitù di passaggio a favore del mappale ***** ed a carico del mappale *****, secondo lo schema di cui all’art. 1062 c.c., che postula l’esistenza di un rapporto di servizio-subordinazione tra i fondi, integrante il contenuto di una servitù (cfr. Cass. 06/06/2018, n. 14481; Cass. 17/05/2018, n. 12113), nella specie ritenuto insussistente.

7. Con il quinto motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 1061,1072,1158 c.c., nonchè dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 2,24,111 Cost., art. 6 CEDU, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda di accertamento dell’acquisto della servitù di passaggio per usucapione.

7.1. Le doglianze sono inammissibili poichè non attingono la ratio decidendi della statuizione impugnata.

7.2. La Corte d’appello ha accertato il mancato decorso del periodo necessario all’usucapione della servitù di passaggio sia con riferimento al percorso preesistente (varco originario), sia a quello realizzato successivamente, nei primi anni ‘80, tenuto conto che l’introduzione del giudizio nel 1998 aveva interrotto il decorso del termine ventennale.

7.3. A fronte di tale argomentazione, i ricorrenti svolgono censure relative a profili che risultano ininfluenti.

Non è chiarita, nel ricorso, la decisività della mancata ammissione di documenti da parte della Corte d’appello, nè della ritenuta inattendibilità delle testimonianze, nè si comprende il senso del richiamo al primo progetto di costruzione del garage di M.V., mentre costituisce argomento ad abundantiam, neppure sviluppato, il riferimento alla circostanza che nel 1978 M.V. era divenuto comproprietario del mappale *****, sicchè ne faceva uso a tale titolo.

8. Con il sesto motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 1032,1033,1035,1037,1038 c.c., nonchè dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 2,24,111 Cost., art. 6 CEDU.

I ricorrenti lamentano il rigetto della domanda di costituzione di servitù coattiva di acquedotto e di scarico, assumendo l’erroneità della decisione avuto riguardo alla ritenuta carenza di prova dei presupposti di cui agli artt. 1033 e 1037 c.c., che la Corte d’appello non avrebbe motivato.

8.1. Le doglianze risultano inammissibili.

8.2. I ricorrenti, per un verso, non indicano alcuno degli elementi di prova che, in tesi, avrebbero fornito a supporto della domanda di costituzione di servitù coattiva di scarico e di acquedotto, e, per altro verso, si dolgono dell’errore in cui sarebbe incorsa la stessa Corte nell’affermare che il mappale ***** è di proprietà di terzi. Ma si tratta di censura che attinge la ricostruzione in fatto, insindacabile in questa sede, laddove l’eventuale errore percettivo avrebbe potuto costituire semmai motivo di revocazione.

9. Con il settimo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale subordinata di costituzione di servitù coattiva di passaggio a favore del mappale ***** ed a carico del mappale *****.

9.1. La doglianza è infondata.

La Corte d’appello ha accertato che il fondo identificato come mappale ***** non è intercluso (pag. 18 della sentenza), così escludendo il presupposto richiesto dall’art. 1051 c.c., per la costituzione della servitù coattiva di passaggio. Ne deriva che, pur in mancanza esplicita statuizione di rigetto della relativa domanda, non è ravvisabile il vizio denunciato.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (ex plurimis, 13/10/2017, n. 24155; Cass. 04/10/2011, n. 20311; Cass. 21/07/2006, n. 16788).

10. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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