LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20560/2018 proposto da:
T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato NUNZIO RIZZO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERLUIGI RIZZO;
– ricorrente principale –
contro
UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANO PIROSO, FABRIZIO DAVERIO e SALVATORE FLORIO;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
e contro
T.G.;
– ricorrente principale – controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 2886/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/04/2018, R.G.N. 393/2016.
RILEVATO
1. Che la Corte d’appello di Napoli, pronunziando in sede di reclamo, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra T.G. e Unicredit s.p.a., quale conseguenza del licenziamento intimato al primo in data 30 dicembre 2014, e condannato la società datrice al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; ha compensato nella misura della metà le spese del doppio grado ponendo il residuo a carico della società Unicredit;
1.1. che il giudice del reclamo, ritenuti sussistenti il nucleo essenziale dei fatti contestati, costituito da ripetuti ed ingiustificati utilizzi dell’auto personale nonostante l’auto aziendale fosse disponibile e da violazioni attinenti alle modalità trasmissione e giustificazione delle note spese relative alle trasferte effettuate, e l’elemento soggettivo rappresentato dalla volontà di discostarsi da disposizioni aziendali pur dopo i definitivi chiarimenti sul punto intervenuti con il superiore, ha ritenuto non proporzionata la sanzione espulsiva tenuto conto del numero di trasferte non corredate da regolare nota spese, dell’assenza di un danno economico per la società e della esistenza di un precedente aziendale di diversa portata (sanzione conservativa irrogata per un minor numero di episodi ad altro dipendente); la determinazione nella misura massima della indennità risarcitoria è stata fondata sul ruolo di quadro del dipendente, sulla durata ultraventennale del rapporto, sull’età del lavoratore che lo rendeva difficilmente ricollocabile nel mondo del lavoro e sulle dimensioni aziendali;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso T.G. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a due motivi; T.G. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale nonchè memoria ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c..
CONSIDERATO
Sintesi dei motivi di ricorso principale.
1. Che con il primo motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce omesso esame circa un fatto controverso e decisivo, oggetto di discussione fra le parti, per non avere il giudice del reclamo considerato che la mail del T. in data 25.3.2014, ore 16,31, nella quale, fra l’altro, il ricorrente aveva chiarito e precisato al superiore N. la sua condotta in tema di rimborso spese al fine di essere certo di operare correttamente richiedendo allo stesso esplicita conferma, era rimasta priva di riscontro da parte del superiore; assume la decisività di tale circostanza evidenziando, in sintesi, che proprio il mancato riscontro di tale mail da parte del N. spiegava la ragione per la quale il T. aveva continuato ad operare nel modo consueto, non avendo ricevuto sul punto contestazione alcuna. Sostiene che la ricostruzione del giudice del reclamo era fondata su un’inversione della sequenza temporale dei contatti intervenuti tra il lavoratore ed i superiori, alla stregua della quale appariva – erratamente – che il N. avesse dato chiare delucidazione ai dubbi sollevati dal T. i quali, invece, erano risultati implicitamente confermati dal responsabile determinando così l’incolpevole prosecuzione nelle condotte oggetto di addebito. A riprova della buona fede del T. allega che il sistema SAP non prevedeva come necessaria, per il rimborso delle spese non documentate, la stampa del documento cartaceo; richiama, inoltre, il Tr.Ma. aziendale argomentando diffusamente sulla non necessità, alla stregua dello stesso, dell’autorizzazione del superiore;
2. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabile la tutela risarcitoria prevista dal comma 5 in luogo della tutela reintegratoria prevista dal comma 4, della disposizione richiamata quale risultante dalla novella introdotta dalla L. n. 92 del 2012. Premesso che la società aveva contestato la esistenza di gravi irregolarità poste in essere al fine di trarne un profitto personale, sostiene che la mancanza di tale profitto così come l’assenza dell’elemento intenzionale ispiratore della condotta non consentiva di ritenere integrata la “sussistenza del fatto” e tanto giustificava l’applicabilità della tutela reintegratoria;
Sintesi dei motivi di ricorso incidentale.
3. Che con il primo motivo di ricorso incidentale Unicredit s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, anche in relazione agli artt. 2104,1175,1375 e 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3 ed agli artt. 1165 e 116 c.p.c., censurando la valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva alla base della condanna all’indennità risarcitoria; ciò avuto riguardo al numero e alla continuità degli episodi, al rilievo attribuito all’assenza di un danno all’immagine, in contrasto con la necessità di valutazione particolarmente rigorosa degli obblighi di diligenza e fedeltà di un dipendente bancario, all’ingiustificato rilievo attribuito all’assenza di danno per l’azienda o al difetto di arricchimento personale, elementi privi di valenza costitutiva al fine della integrazione della giusta causa di recesso, all’ingiustificato rilievo attribuito alla valutazione di congruità delle spese oggetto di richiesta di rimborso ed alla comparazione con la posizione oggettivamente diversa di altro dipendente il quale per condotte analoghe era stato punito con sanzione conservativa;
5. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, censurando la sentenza impugnata sul rilievo che la contraddittorietà di alcune affermazioni della sentenza impugnata inficiava la decisione per motivazione apparente;
Esame dei motivi di ricorso principale.
6. Che il primo motivo di ricorso è infondato. La sentenza impugnata ha premesso che il T., in ragione del ruolo di Responsabile del Centro Sviluppo Campania Nord rivestito all’epoca dei fatti (quadro direttivo 4 livello), aveva la esigenza di effettuare frequenti trasferte senza necessità di previa autorizzazione e che in caso di rimborso spese egli era tenuto a presentare un modulo informatico da compilare, stampare e sottoporre alla firma del proprio Responsabile, risultando a tal fine molto chiare le disposizioni esplicitate nelle pagine 14 e 15 dell’ordine di servizio 20.04.2012. Tali disposizioni erano state disattese in violazione degli obblighi negoziali gravanti sul dipendente; era stato lo stesso T., infatti, ad ammettere non solo di avere fatto costante ricorso alla vettura privata e non a quella aziendale ma, soprattutto, di avere predisposto, in occasione delle trasferte, una nota spese sottoscrivendola anche in qualità di Responsabile e richiedendo costantemente un importo fisso a titolo di ” altre spese non documentate”. Il giudice del reclamo ha, in particolare, ritenuto significativo il contenuto della mail in data 25 marzo 2014 inviata al superiore gerarchico, N., in risposta a mail del giorno precedente con la quale quest’ultimo chiedeva al T. spiegazioni in merito alla mancata richiesta di autorizzazione relativa ai documenti di trasferta ed all’uso dell’autovettura aziendale, e rilevato che alla nota del lavoratore faceva seguito mail del N. con la quale questi, fra l’altro, ribadiva la necessità di controfirma della nota spese da parte del responsabile gerarchico e la necessità che l’autovettura aziendale venisse adoperata in via preferenziale. La Corte di merito ha, quindi, osservato che mentre i dubbi del T. in ordine all’uso dell’autovettura aziendale erano stati fugati solo con quest’ultima mail del superiore, non così quanto ai dubbi relativi alla necessità di autorizzazione da parte del superiore gerarchico in merito alla nota spese, stanti le inequivoche disposizioni a riguardo del richiamato ordine di servizio;
6.1. che la ricostruzione fattuale del giudice del reclamo, anche in relazione al profilo della consapevolezza da parte del T. delle disposizioni aziendali in tema di procedure da osservare per l’ipotesi di rimborso spese, non risulta incrinata dalla mancata considerazione del fatto, del quale si denunzia omesso esame, rappresentato, in sintesi, dal mancato riscontro da parte del N. alla seconda mail inviata dal T. il 25.3.2014; tale circostanza negativa, della quale peraltro parte ricorrente non chiarisce, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la risultanza processuale dalla quale emergerebbe, risulta priva di decisività posto che la Corte di merito ha accertato quanto alle documentazione delle spese relative alle trasferte che l’ordine di servizio era sul punto assolutamente chiaro sulle procedure da seguire e sulla necessità di autorizzazione da parte del superiore gerarchico dimostrando così implicitamente di escludere la necessità di ulteriori delucidazioni a riguardo; quanto all’uso dell’autovettura aziendale ha ritenuto fugato ogni dubbio dalla risposta del N.. In conseguenza, alla stregua della operata ricostruzione alcun rilievo può assumere la mancata risposta alla seconda mail del dipendente atteso il valore di definitiva chiarificazione riconosciuto alla mail del N., configurandosi le eventuali osservazioni del T. formulate con la mail successiva frutto di personale ricostruzione delle modalità operative del sistema, non abbisognevole alla luce dei precedenti contatti intercorsi con il superiore, di ulteriori chiarimenti e spiegazioni circa le corrette modalità operative da rispettare;
7. che il secondo motivo di ricorso è infondato. La sentenza impugnata ha dimostrato di ritenere integrato il fatto disciplinarmente rilevante dalla inosservanza delle sole disposizioni aziendali e ciò a prescindere dal verificarsi anche dell’ulteriore requisito rappresentato dalla finalizzazione dei comportamenti al profitto personale del dipendente (sentenza, pag. 6, secondo capoverso dove si dice in ragione di tali vicende la Società appellata contestava al dipendente la violazione dei doveri di diligenza e buona fede, correttezza e trasparenza oltre che di fondamentali norme di legge e di contratto… e quarto capoverso ove si dice il fulcro della vicenda risiede nella gestione dei rimborsi spese connessi a ciascuna delle trasferte elencate nella lettera di contestazione). Ciò nell’implicito presupposto che la parte datoriale avesse inteso contestare e sanzionare la violazione delle disposizioni aziendali a prescindere dallo loro finalizzazione alla realizzazione di un profitto personale dl dipendente. Da tanto consegue che il ricorrente, onde far valere la insussistenza dell’elemento soggettivo (sub specie di necessità del dolo specifico) dedotta con il motivo in esame, avrebbe dovuto innanzitutto censurare la interpretazione da parte del giudice di merito del contenuto della lettera di contestazione con riferimento alla identificazione delle condotte addebitate, censura non formalmente dedotta e neppure evincibile dalla illustrazione del motivo in esame. Alla stregua della ricostruzione operata dalla Corte di merito in ordine al contenuto delle condotte oggetto di addebito addebitate è, pertanto, da escludere il ricorrere dell’ipotesi di “insussistenza del fatto” giustificativa della tutela reale ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, nel testo modificato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42;
Esame dei motivi di ricorso incidentale.
8. che il primo motivo di ricorso incidentale è infondato. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità la “giusta causa” di licenziamento è una nozione che la legge, allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modello generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici (Cass. n. 7426 del 2018, Cass. n. 6498 del 2012, Cass. n. 5095 del 2011, Cass. n. 8254 del 2004). Parte ricorrente, pur formalmente denunziando violazione di norme di diritto, non individua nella valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva da parte del giudice del reclamo alcuno specifico contrasto con i criteri e principi desumibili dall’ordinamento generale; le critiche articolate, infatti, tendono, piuttosto, a contrastare tale valutazione sotto il profilo della mancata considerazione di alcuni elementi e della errata valorizzazione di circostanze che si asseriscono ininfluenti. In altri termini oggetto di critica è costituito dall’apprezzamento delle circostanze del caso concreto, che costituisce valutazione riservata al giudice di merito censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione (Cass. n. 509 del 2018, Cass. n. 35 del 2011, Cass. n. 19270 del 2006, Cass. n. 9299 del 2004), neppure formalmente dedotto dalla odierna ricorrente incidentale;
9. che il secondo motivo di ricorso incidentale è infondato. E’ noto che la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 22232 del 2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009). Tali carenze, che l’odierna parte ricorrente assume sulla base di considerazioni del tutto generiche ed assertive, non sono riscontrabili nella sentenza in esame della quale sono agevolmente ricostruibili i percorsi argomentativi che hanno condotto alla ricostruzione fattuale della vicenda complessiva e, sulla base di questa, alla valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva con applicazione della tutela indennitaria forte. In particolare le pretese incongruità ascritte alla decisione, (v. controricorso, pag. 41 ultimo capoverso, e pag. 42, primo capoverso) non evidenziano alcuna illogicità tale da rendere incomprensibili le ragioni del decisum in punto di applicazione della tutela indennitaria cd. forte) ma esprimono, piuttosto, un apprezzamento di fatto di talune circostanze del caso concreto difforme a quello preteso dall’odierna ricorrente incidentale;
10che al rigetto del. ricorso principale e del ricorso incidentale consegue la compensazione delle spese di lite;
11. che sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020
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