Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.447 del 14/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28490/2015 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE, 49, presso lo studio dell’avvocato LUIGIA D’AMICO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente e c/ricorrente al ric. incidentale del Condominio –

contro

CMB COOPERATIVA MURATORI e BRACCIANTI di CARPI a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato ENRICO VOLPETTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente succ.vo e c./ric. al ric. principale ed al ric. inc. del Condominio –

contro

CONDOMINIO *****, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE VITA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAURA CAPODICASA;

– e/ricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CONSORZIO COOPERATIVE di ABITAZIONE ASSOCIAZIONE ITALIANA CASA AIC SOC. COOP. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONDRAGONE 10, presso lo studio dell’avvocato PIERA MASTRANGELI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO MASTRANGELI;

– c/ricorrente al ric. inc. del Condominio –

contro

GA.MA.GA., + ALTRI OMESSI in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5282/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato che:

il condominio *****, insieme a numerosi partecipanti al condominio, conveniva in giudizio il Consorzio Cooperative di Abitazione Associazione Italiana Casa – A.I.C. Soc. Copp. a r.l. (di seguito, Consorzio A.I.C.), la società C.M.B. Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi a r.l. (di seguito, C.M.B.), la società ***** s.r.l. (di seguito, *****), l’arch. G.L. e l’ing. Z.M., esercitando azione di responsabilità ai sensi degli artt. 1669 e 2043 c.c., per dissesti e cedimenti strutturali verificatesi negli edifici condominiali nn. ***** a seguito di lavori che il Consorzio A.I.C., nell’interesse della cooperativa edificatrice Lega Ceias, aveva affidata in appalto alla C.M.B. e alla *****, progettati e diretti dall’architetto G. e collaudati dall’ingegner Z.;

che il Consorzio A.I.C., nel costituirsi, eccepiva difetto di legittimazione passiva, deducendo di aver stipulato il contratto d’appalto con C.M.B. e con ***** in nome e per conto della cooperativa associata Lega Ceias e di non avere alcun tipo di rapporto autonomo con dette imprese;

che le società C.M.B. ed ***** contestavano la propria responsabilità sul rilievo che i cedimenti delle strutture portanti in cemento armato, verificatesi negli immobili *****, non erano imputabili ai lavori da esse svolti, concernendo le attività da loro compiute soltanto opere di finitura e completamento di fabbricati;

che anche l’arch. G.L. (progettista e direttore dei lavori) e l’ing. Z.M. (collaudatore) contestavano le responsabilità loro ascritte dagli attori;

che nel corso del giudizio di primo grado interveniva anche, pur essa in qualità di condomina, la U.S.P.I. – Unione Stampa Periodica Italiana – aderendo alle domande spiegate dagli attori in citazione; inoltre decedeva l’ingegner Z. e veniva dichiarata fallita la società ***** e, all’esito delle conseguenti interruzioni e riassunzioni, non si costituivano nè gli eredi dell’ingegner Z. nè il Curatore del Fallimento *****;

che il tribunale di Roma rigettava le domande attoree;

che la sentenza di primo grado veniva appellata dal Condominio (e da dodici dei condomini che avevano agito in primo grado), nei soli confronti del Consorzio A.I.C., della C.M.B. e dell’architetto G. (oltre che della U.S.P.I., che nel giudizio di secondo grado non si costituiva); gli appellanti precisavano di rinunciare alla domanda nei confronti gli eredi dell’ingegner Z. e del Fallimento *****;

che la corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del tribunale, condannava la società C.M.B. e l’architetto G. al risarcimento del danno in favore del condominio, liquidandolo in Euro 283.225,77 oltre interessi dalla data della sentenza e spese di lite;

che, a fondamento della decisione, la corte territoriale sviluppava le argomentazioni di seguito sintetizzate:

– le imprese subentrate nei lavori di finitura e completamento dei fabbricati avrebbero dovuto rilevare il mancato collaudo delle parti dell’edifico oggetto dei denunciati cedimenti e dissesti; con la conseguenza che esse – non avendo fatto rilevare la mancanza di detto collaudo prima di procedere con i lavori di completamento loro affidati – dovevano rispondere dei difetti delle opere;

– in particolare, il collaudo dei muri di sostengo perimetrali doveva essere “indefettibilmente eseguito prima di dare luogo ai lavori di completamento, avendo le imprese C.M.B. ed ***** sottoscritto un contratto di appalto che prevedeva il collaudo preventivo con esito positivo delle opere strutturali” (sent. impugnata pag. 11, ultimo rigo);

– doveva pertanto riconoscersi “la responsabilità dell’arch. G. che non rilevò tale omissione e delle imprese C.M.B. ed ***** che non eccepirono nulla omettendo in proposito di dichiarare ciascuna, per esonerarsi dalla responsabilità, che le opere venivano eseguite come nudus minister” (sent. impugnata pag. 12, ultimo capoverso);

– andava esclusa la decadenza dall’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c., giacchè, ai fini della denuncia prevista da quest’ultima disposizione, era necessario acquisire dati sulla gravità dei danni e sul nesso di causalità rispetto alle opere eseguite dalle imprese convenute; la corte territoriale sottolinea, al riguardo, che dopo la perizia redatta dall’architetto P., su incarico del Condominio, nel 1991, gli attori non erano rimasti inerti ma avevano disposto una campagna di livellazione di precisione nell’arco temporale di sette anni tra il ‘90 e ‘97; sempre sul punto della decadenza, la corte capitolina argomenta: “pare inoltre che sarebbe stato proposto ricorso innanzi al pretore di Roma in data 12/10/92, per accertamento tecnico preventivo, anche se detto ricorso che risulterebbe prodotto in allegato all’atto di appello non è materialmente presente agli atti del fascicolo di parte”(sent. impugnata pag. 16, righi 3 e segg.);

che la sentenza della corte d’appello di Roma è stata impugnata per cassazione dall’arch. G.L. nonchè, con ricorso successivo, dalla C.M.B. e, ancora, con ricorso incidentale proposto nel controricorso, dal Condominio; la C.M.B. ha depositato tanto controricorso (adesivo) al ricorso dell’architetto G. quanto controricorso al ricorso incidentale del Condominio; anche l’architetto G. e il Consorzio A.I.C. hanno a loro volta depositato controricorso a ricorso incidentale della Condominio;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio del 10 maggio 2019, per la quale hanno depositato memorie l’architetto G., la C.M.B. ed il Condominio;

ritenuto:

he il ricorso dell’architetto G. e il ricorso successivo della società C.M.B. vanno trattati congiuntamente perchè sviluppano sostanzialmente doglianze del tutto analoghe;

che, in particolare, il ricorso dell’architetto G. censura, con entrambi i motivi in cui si articola, la statuizione con cui la corte d’appello ha rigettato l’eccezione di decadenza del Condominio, per tardività della denuncia dei difetti dell’opera, dall’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c.;

che, nel dettaglio, con il primo motivo, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’architetto G. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. (nel testo, vigente alla data dell’appello, antecedente alle modifiche recate dalla L. n. 69 del 2009), nonchè il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa nel fare riferimento, per respingere l’eccezione di decadenza ex art. 1669 c.c., ad un ricorso per accertamento preventivo asseritamente presentato dal Condominio al pretore di Roma del 1992; ricorso la cui copia non esisteva nel fascicolo degli appellanti e che, deduce il ricorrente, se anche fosse stata prodotta in secondo grado, sarebbe stata comunque inutilizzabile per non essere stata tempestivamente prodotta in primo grado;

che, con il secondo motivo, anch’esso riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’architetto G. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2697 c.c. e artt. 113,115 e 116 c.p.c., nonchè il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa fondando la propria decisione, per un verso, su un documento inesistente in atti (il menzionato ricorso del Condominio per accertamento preventivo del 1992) e, per altro verso, su documenti (la relazione tecnica dell’architetto P. e il verbale dell’assemblea condominiale in cui tale relazione fu discussa) da cui risultava che l’esistenza dei difetti era già stata accertata dall’architetto P., tanto che, sulla scorta della relazione di quest’ultimo, l’assemblea condominiale aveva deliberato di esercitare una azione legale nei confronti della cooperativa edificatrice Lega CEIAS;

che il ricorso della società C.M.B. attinge anch’esso, con i primi tre motivi dei quattro in cui si articola, la statuizione di rigetto dell’eccezione di decadenza del Condominio dall’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c.;

che, in particolare, con il primo motivo, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, la società C.M.B. denuncia la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè il vizio di omesso esame di fatto decisivo, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa, per un verso, negando l’intervenuta decadenza del Condominio su un assunto che non era mai stata dedotto dagli attori (vale a dire, l’asserita necessità, ai fini della scoperta dei difetti dell’edificio, di indagini ulteriori rispetto alla perizia dell’architetto P., da sviluppare mediante una campagna settennale di livellazione di precisione) e, per altro verso, trascurando la circostanza che nella stessa citazione introduttiva del giudizio il Condominio aveva dato atto del fatto che gli edifici presentavano “dissesti di varia natura e consistenza dettagliatamente indicati nella relazione tecnica dell’architetto P.L.”;

che con il secondo motivo, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la società C.M.B. denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c. (nel testo, vigente alla data dell’appello, antecedente alle modifiche recate dalla L. n. 69 del 2009) e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 1669 c.c., comma 1, nonchè il vizio di omesso esame di fatto decisivo, svolgendo una doglianza del tutto sovrapponibile a quella proposta nel primo mezzo di ricorso dell’architetto G.;

che con il terzo motivo, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la società C.M.B. denuncia la violazione dell’art. 1669 c.c., comma 1, nonchè il vizio di omesso esame di fatto decisivo, svolgendo una doglianza del tutto sovrapponibile a quella proposta nel secondo mezzo di ricorso dell’architetto G.;

che con il quarto motivo, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la società C.M.B. denuncia la violazione dell’art. 1669, nonchè il vizio di omesso esame di fatto decisivo, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ascrivendole la responsabilità per fatti pacificamente imputabili all’impresa che aveva realizzato i lavori strutturali, alla quale la medesima C.M.B. era subentrata solo per il completamento e la finitura delle opere;

che il secondo mezzo del ricorso G. e il terzo mezzo del ricorso C.M.B., sostanzialmente sovrapponibili, sono fondati, come fondato è il primo mezzo del ricorso C.M.B.;

che tutti tali motivi attingono la statuizione di rigetto dell’eccezione di decadenza del Condominio dall’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c. e, per la loro intima connessione, possono essere trattati congiuntamente;

che, infatti, la statuizione con cui la sentenza gravata ha disatteso l’eccezione di decadenza degli attori dall’azione di cui all’art. 1669 c.c., si fonda su due argomenti:

a) il primo, che, dopo la perizia P., il Condominio non era rimasto inerte, ma aveva disposto una campagna di livellazione di precisione destinata a svilupparsi in un arco temporale di sette anni;

b) il secondo, che il Condominio pareva aver proposto un ricorso per accertamento tecnico preventivo già nel 1992;

che detto apparato argomentativo incorre nei vizi di violazione di legge e di insufficienza motivazionale denunciati nel secondo mezzo del ricorso G. e nel primo e terzo mezzo del ricorso C.M.B. (l’appello del Condominio risale al 2008, cosicchè nel presente giudizio trova applicazione l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo anteriore alla novella del 2012);

che l’argomento sub a) risulta in contrasto sia con il disposto dell’art. 1669 c.c., come dedotto nel secondo mezzo del ricorso G. e nel terzo mezzo del ricorso C.M.B., sia con il disposto dell’art. 115 c.p.c., come dedotto ancora nel secondo mezzo del ricorso G., nonchè nel primo mezzo del ricorso C.M.B.;

che, infatti, quanto al disposto dell’art. 1669 c.c., va rilevato che, ai fini del superamento dell’eccezione di decadenza ex art. 1669 c.c., è irrilevante che il Condominio non fosse “rimasto inerte” dopo la relazione dell’arch. P. e avesse disposto una “campagna di livellazione di precisione nell’arco temporale di 7 anni tra il ‘90 e ‘97” (pag. 16 sent.); la corte di appello avrebbe dovuto spiegare (e a tale omissione non possono supplire le deduzioni svolte dal Condominio nelle pagg. 9/12 del proprio controricorso) perchè la relazione dell’arch. P. – che il tribunale aveva collocato cronologicamente nel 1991 e aveva giudicato idonea a far prendere consapevolezza agli attori dei vizi – non bastasse a dare contezza dei difetti del fabbricato, nonostante che proprio sulla base di tale relazione l’arch. P. avesse rappresentato all’assemblea condominiale, convocata il 19.9.91, la necessità di lavori di consolidamento delle strutture e la medesima assemblea avesse deliberato l’avvio di un’azione legale nei confronti della cooperativa edificatrice Lega Ceias (si veda il verbale dell’assemblea condominiale del 19.9.91, trascritto a pag. 31 del ricorso C.B.M., con indicazione della sede della relativa produzione nel giudizio di merito);

che per quanto poi riguarda il disposto dell’art. 115 c.p.c., è sufficiente rilevare che nella citazione introduttiva (e già nel ricorso per ATP del febbraio 1993) gli attori (Condominio e condomini) avavano affermato che i “dissesti di varia natura e consistenza degli edifici del Condominio” erano stati “dettagliatamente indicati” con la relazione P.; la circostanza non era stata contestata dai convenuti ed era stata recepita dal tribunale, il quale aveva giudicato tardiva la denuncia, identificandola nel ricorso per ATP del 1993 e collocando cronologicamente la relazione P. nel 1991; gli attori poi, appellando la sentenza del tribunale, non hanno messo in discussione che i difetti del fabbricato fossero stati portati a loro conoscenza con la relazione P., ma hanno allegato (senza provarla) l’esistenza di un atto di denuncia (il ricorso per ATP al pretore di Roma del 12.10.92) anteriore rispetto a quello considerato dal tribunale; la corte di appello quindi, è incorsa nella violazione dell’art. 115 c.p.c., non considerando che il fatto che la scoperta dei difetti risalisse al 1991 doveva ritenersi non controverso;

che l’argomento sopra richiamato sub b) risulta in contrasto con il disposto dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., come dedotto nel secondo mezzo del ricorso G. (cfr. pag. 26, in principio, di tale ricorso) e, con riferimento al solo art. 115 c.p.c., nel terzo mezzo del ricorso C.M.B. (cfr. pag. 20, ultimo capoverso, di tale ricorso), non potendo il giudice decidere sulla base di un documento che esso stesso riconosce non essere reperibile in atti e della cui avvenuta produzione non è certo (“pare inoltre che sarebbe stato proposto ricorso al pretore… anche se detto ricorso… non è materialmente presente agli atti del fascicolo di parte…”, pag. 16, in principio, della sentenza);

che l’accoglimento dei suddetti mezzi di ricorso implica l’assorbimento del primo motivo del ricorso G. e del secondo motivo del ricorso C.M.B., entrambi relativi alla dedotta violazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè del quarto motivo del ricorso C.M.B., giacchè la cassazione della statuizione sulla decadenza travolge la statuizione sul merito;

che il ricorso incidentale del Condominio si articola in due motivi;

che il primo motivo (condizionato, da esaminare in ragione dell’accoglimento dei ricorsi dell’arch. G. e della C.M.B.), deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e l’omesso esame di fatti controversi e decisivi del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; la doglianza censura la mancata pronuncia da parte della corte territoriale sulla domanda di riconoscimento di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., proposta dal Condominio nei confronti dell’arch. G. e della C.M.B.;

che con il secondo motivo (non condizionato), riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, il Condominio denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; il Condominio sostanzialmente lamenta l’omessa pronuncia sul primo motivo di appello, con il quale la sentenza di primo grado era stata censurata per avere escluso la responsabilità del Consorzio A.I.C.; Ricorso incidentale Condominio;

che ai fini dello scrutinio dei due mezzi di ricorso incidentale del Condominio è opportuno premettere che, come le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito con la sentenza n. 2284/14, l’art. 1669 c.c. è norma speciale rispetto all’art. 2043 c.c., cosicchè entrambe le norme sono astrattamente applicabili onde, una volta che la norma speciale non possa essere in concreto applicata, permane l’applicabilità della norma generale;

che, tanto premesso, il primo motivo va giudicato infondato, perchè la sentenza gravata, avendo accolto il petitum risarcitorio fondato sulla norma speciale (art. 1669 c.c.), non aveva ragione di esaminare la causa petendi ancorata alla norma generale (art. 2043 c.c.); l’omesso esame del primo motivo di appello non determina, quindi, alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè tale motivo di appello risultava assorbito, in relazione alla società C.M.B. ed all’arch. G., dall’accoglimento della domanda ex 1669 c.c. proposta nei loro confronti dagli appellanti (cfr. Cass. 1360/16: “il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza”);

che il secondo motivo va pur esso giudicato infondato, perchè la sentenza non aveva ragione di esaminare la domanda risarcitoria degli attori contro il Consorzio A.I.C. in relazione alla causa petendi ancorata all’art. 2043 c.c., in quanto proprio con riferimento a tale domanda (e non con riferimento alla domanda ex art. 1669 c.c., che era stata rigettata per la ritenuta decadenza degli attori) il tribunale aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Consorzio A.I.C.; tale statuizione del primo giudice non era stata specificamente impugnata con l’appello e quindi, contrariamente a quanto argomentato nell’ultima pagina della memoria depositata dal Condominio ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., deve ritenersi coperata dal giudicato;

che quindi, in definitiva, il ricorso dell’architetto G. va accolto con riferimento al secondo motivo e quello della società C.M.B. va accolto con riferimento al primo e terzo motivo, con assorbimento degli altri motivi di entrambi detti ricorsi, mentre il ricorso incidentale del Condominio va rigettato;

che l’impugnata sentenza va cassata, in relazione ai motivi accolti dei ricorsi G. e C.M.B., con rinvio alla corte di appello di Roma, in altra composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di cassazione;

che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Condominio, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte accoglie i ricorsi dell’architetto G., con riferimento al secondo motivo, e della società C.M.B., con riferimento al primo e terzo motivo, con assorbimento degli altri motivi di tali ricorsi; rigetta il ricorso incidentale del Condominio; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Roma, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Condominio ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020

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