Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.455 del 14/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23280-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, *****, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 91, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AMODIO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A., *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

contro

C.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2485/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 10/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 2485 pubblicata il 10.1.2018, ha respinto l’appello proposto da Equitalia Sud s.p.a., confermando la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione di C.R. avverso l’intimazione di pagamento n. ***** e dichiarato prescritti i crediti contributivi per il decorso del termine quinquennale;

2. la Corte territoriale ha rilevato che la cartella di pagamento era stata notificata il 10.2.2004 e che alla data di notifica dell’intimazione di pagamento (25.5.12), in assenza di atti interruttivi, era decorso il termine quinquennale applicabile, in conformità alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 23397 del 2016, e doveva quindi ritenersi prescritto il credito contributivo;

3. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate Riscossioni, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso l’Inps, anche quale mandatario di SCCI s.p.a.; la sig.ra C. è rimasta intimata;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

5. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, e degli artt. 2934 e 2946 c.c., nella parte in cui non ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non opposte dal debitore;

6. ha rilevato come la Corte di merito avesse condiviso la decisione delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, secondo cui il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, “è norma chiaramente applicabile soltanto alla riscossione fiscale”, senza considerare che nel testo del citato art. 20, come modificato dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 683, fosse stata eliminata ogni distinzione tra entrate tributarie ed altre entrate, con conseguente applicabilità della prescrizione decennale a tutte le entrate iscritte a ruolo, comprese quelle di natura previdenziale;

7. le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, poichè sui punti contestati la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi nuovi rispetto all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (Cass. n. 7155 del 2017);

8. occorre richiamare il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 2016), secondo il quale: “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10), in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)”;

9. in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c., (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”;

10. allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999, nel testo novellato nel 2014, nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 2016, Cass. n. 31352 del 2018);

11. per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

12. la regolazione delle spese nei confronti dell’Inps segue la soccombenza, con liquidazione come in dispositivo; non luogo a provvedere sulle spese nei confronti della C. rimasta intimata;

13. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’Inps che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020

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