Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.524 del 15/01/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14019-2018 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 278, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA CANNIZZARO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO SANASI;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI TARANTO, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MIRELLA TRISOLINI;

– controricorrente –

e contro

AR.DO., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, ALLIANZ ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 116/2017 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. di TARANTO, depositata il 27/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2019 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

RILEVATO IN FATTO

1.La Corte d’Appello di Lecce con sentenza n. 116/2017 – in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dalla Provincia di Taranto nei confronti di Ar.Do., A.S., Unipolsai s.p.a. (già Fondiaria Sai s.p.a.) e Allianz s.p.a. (già RAS s.p.a.) quale impresa designata alla gestione per la Puglia dei sinistri in carico al Fondo Garanzia Vittime della Strada – ha parzialmente riformato la sentenza n. 56/2014 del Tribunale di Taranto; e, per l’effetto, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dall’ Ar. e dall’ A. in relazione all’incidente occorso in data 23/12/2003.

2.Era accaduto che nel 2004 l’ Ar. aveva convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Taranto l’ A. e la RAS s.p.a. nella suddetta qualità per ottenere la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti in occasione del sinistro.

A fondamento della domanda aveva dedotto che, in data *****, stava percorrendo la strada provinciale *****, in direzione di quest’ultima località, alla guida della sua vettura Citroen Xara targata *****, quando la Fiat Brava targata ***** proveniente dal senso opposto di marcia condotta dall’ A. e non assicurata per la r.c.a. – era sbandata ed aveva invaso la sua corsia di pertinenza, provocando l’urto violento tra i due mezzi. A seguito del sinistro la sua vettura si era totalmente incendiata.

Nel giudizio si era costituita soltanto la RAS s.p.a. contestando la fondatezza delle pretese attoree.

Successivamente, a seguito di accertamento tecnico preventivo, l’ A., in relazione allo stesso sinistro, aveva convenuto davanti allo stesso Tribunale la Provincia di Taranto per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, a sua volta subiti sul presupposto che l’incidente era stato causato da una ampia e profonda pozzanghera presente sulla strada provinciale, per la quale aveva perso il controllo della sua vettura.

In detto secondo giudizio si era costituita la Provincia di Taranto, che aveva contestato la fondatezza della pretesa dell’ A..

Successivamente la Provincia di Taranto aveva a sua volta convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Taranto, a titolo di garanzia ed in virtù di polizza assicurativa, la Fondiaria Sai per essere da questa manlevata in caso di soccombenza nei confronti dell’ A..

In detto terzo giudizio si era costituita la Fondiaria, contestando la domanda risarcitoria proposta dall’ A. e la domanda di garanzia proposta dalla Provincia.

I giudizi erano stati riuniti e l’ Ar. aveva esteso la sua domanda risarcitoria nei confronti della Provincia.

Il Tribunale di Taranto, espletata l’istruttoria, aveva accolto le domande dell’ Ar. e dell’ A. nei confronti della Provincia di Taranto, che aveva ritenuta “unica” responsabile del sinistro ex art. 2051 c.c., rigettando esplicitamente la domanda di garanzia avanzata dalla Provincia di Taranto nei confronti della Fondiaria SAI s.p.a. (e rigettando implicitamente la domanda dell’ Ar. nei confronti dell’ A. e del Fondo di Garanzia).

Avverso la sentenza del Tribunale di Taranto aveva proposto appello la Provincia di Taranto, articolando due motivi. Con il primo aveva dedotto la falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in cui sarebbe incorso il Tribunale: a) per aver ritenuto sussistere il nesso causale tra la situazione della strada provinciale su cui era avvenuto il sinistro e il verificarsi dell’incidente, nonostante l’ Ar. avesse attribuito la responsabilità del sinistro all’ A. e quest’ultimo non avesse provato che la perdita del controllo della sua vettura era stata in effetti causata dalla presenza della pozzanghera (come dallo stesso allegato in citazione), dato che nessuno dei testi escussi aveva assistito al sinistro e i Carabinieri nel loro rapporto avevano soltanto avanzato un’ipotesi sulla dinamica del sinistro essendo “intervenuti in loco dopo lo evento”; b) per aver altresì omesso di considerare che la responsabilità del sinistro sarebbe comunque dell’ A. in quanto l’ora diurna in cui era avvenuto l’incidente, la natura rettilinea del tratto di strada ove era avvenuto e il limite di velocità di 50 km/h ivi previsto avrebbero consentito di scorgere ed evitare la pozzanghera e la situazione di pericolo. Con il secondo deduceva che il giudice di primo grado era incorso in errore di valutazione laddove aveva escluso la copertura assicurativa sulla base dell’art. 17, comma 13, delle condizioni generali di contratto (che per l’appunto escludeva dalla garanzia i rischi provocati da acqua piovana e da agenti atmosferici in genere).

Nel giudizio di appello si erano costituiti l’ Ar. e l’ A., contestando l’impugnazione, della quale avevano chiesto il rigetto con conferma della sentenza impugnata.

Si era costituita anche l’Allianz s.p.a. (già RAS s.p.a.), quale impresa designata, la quale: in via principale, aveva chiesto il rigetto dell’appello e, in via subordinata, in caso di accoglimento, la condanna dell’ A. in suo favore a titolo di regresso.

Si era costituita anche la Unipolsai, già Fondiaria – Sai, aderendo ai motivi di appello della Provincia, con esclusione di quelli relativi al capo della sentenza in cui era stata affermata la mancanza della copertura assicurativa per l’evento dannoso.

La Corte territoriale, con la sentenza impugnata, come sopra rilevato, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, in quanto, accogliendo il primo motivo dell’appello della Provincia e ritenendo assorbito il secondo, ha escluso la responsabilità della Provincia, ma, in difetto di appello incidentale, ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui era stata implicitamente rigettata la domanda proposta dall’ Ar. nei confronti dell’ A. e del Fondo di Garanzia.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso a questa Corte A.S., che con decreto 19/3/2018 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto è stato ammesso al beneficio del gratuito patrocinio.

Ha resistito con controricorso la Provincia di Taranto, che, in via subordinata, ha chiesto: affermarsi quanto meno la responsabilità concorsuale dell’ A. nella verificazione del sinistro, con riduzione dell’ammontare dei danni da risarcire nella misura non inferiore al 50%; e comunque dichiararsi che la Fondiaria Sai (alla quale aveva notificato atto di chiamata in garanzia sia nel procedimento di a.t.p. che nel giudizio di primo grado) era tenuta a mantenerla indenne dei danni, essendosi il sinistro verificato a causa (non dell’acqua piovana, come dedotto in primo grado dalla Fondiaria Sai, ma) di difetto strutturale della strada.

RITENUTO IN DIRITTO

1. A.S. censura la sentenza impugnata per quattro motivi.

1.1. Con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia violazione, falsa applicazione ed errore di interpretazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha erratamente statuito un’inversione dell’onere della prova a carico del danneggiato in presenza di una contestazione dell’ente Provincia di Taranto di attribuzione di responsabilità alla sua condotta di guida imprudente, atteso che in tali fattispecie l’onere ricade in capo all’ente. Sostiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte, dall’espletata attività istruttoria (e in particolare dal verbale dei c.c. intervenuti subito dopo il sinistro, nonchè dalla relazione del consulente tecnico nominato nella procedura di a.t.p.) era risultato provato che la strada da lui percorsa era dissestata e, in quanto presentava una depressione ricolma d’acqua, era pericolosa, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere ritenuto provato anche il nesso di causalità tra lo stato dei luoghi ed il danno.

1.2. Con il secondo motivo, sempre articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha erroneamente escluso la prova del nesso causale perchè non vi sarebbe stata una prova “diretta” tra l’evento e la pozzanghera, trascurando che tale prova poteva derivare dalle norme in materia di presunzione. Sostiene che dalle circostanze, riportate nel rapporto dei c.c., la Corte di merito avrebbe potuto ricavare, applicando le norme in tema di presunzione, il fatto ignoto del nesso causale.

1.3. Con il terzo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, denuncia vizio di motivazione, nella parte in cui la corte territoriale, giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti, ha violato l’art. 115 c.p.c. e l’art. 132 disp. att. c.p.c.. Sostiene che la corte di merito ha erroneamente attribuito a lui l’esclusiva responsabilità del sinistro per non aver adeguato la propria condotta alle condizioni del momento e per non aver tenuto conto della strada bagnata, della pioggia e del (in realtà inesistente) limite di velocità. Si lamenta che la corte aveva affermato la presenza del limite di velocità, in quanto detto limite era stato richiamato dalla Provincia, senza tener conto delle altre risultanze di causa (fra le quali, in primo luogo, il verbale dei Carabinieri redatto in occasione del sinistro ed i rilievi effettuati dal CTU in sede di ATP) risultava esattamente il contrario (e cioè che nel tratto di strada, interessato dal sinistro, non vi era alcun segnale di pericolo, compresa la velocità). Sostiene che tale erroneo presupposto aveva indotto la corte di merito a ritenere che lui non aveva tenuto una condotta di guida adeguata alla situazione dei luoghi; e che le prove raccolte nulla avevano rilevato sulla violazione della velocità di marcia ed, anzi, avevano evidenziato che non esistevano segnali di pericolo sul tratto di strada da lui percorso.

1.4. Con il quarto ed ultimo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c., nonchè nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art. 132 c.p.c.. Sostiene che la corte territoriale ha errato nella parte in cui, pur ritenendo sussistente una sua negligenza, l’ha ritenuta, con motivazione meramente apparente, causa esclusiva, in quanto tale, del fatto dannoso, nella totale mancanza di ogni verifica circa l’adempimento dell’onere probatorio del custode relativamente alla esclusione di ogni collegamento tra la pacifica pericolosità del tratto di strada percorso e l’evento dannoso. Il tutto con totale esclusione di ogni possibilità di concorso di colpa della Provincia.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Per comprenderne la ragione, occorre ripercorrere brevemente l’iter motivazionale della sentenza impugnata.

La Corte territoriale – dopo aver premesso che in via generale la presunzione di responsabilità per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali è astrattamente applicabile alla Pubblica Amministrazione; e dopo aver richiamato giurisprudenza di legittimità per la quale: a) per l’applicazione di tale presunzione, occorre verificare in concreto se, per le caratteristiche del bene demaniale e per tutte le altre circostanze, si possa su di esso esercitare o meno la custodia; b) è comunque onere del danneggiato, secondo i principi generali sull’onere della prova, provare il nesso di causalità tra l’evento lesivo e la cosa in custodia – ha ritenuto che:

– i danneggiati, poichè la Provincia aveva contestato in primo grado ogni sua responsabilità e il nesso causale tra la cosa in custodia e il sinistro (per essere stato questo causato – a suo dire dalla condotta di guida imprudente dell’ A.), avrebbero dovuto provare la dinamica del sinistro. Tale onere non era stato assolto, in quanto tutti i testi, e gli stessi c.c., non erano presenti al sinistro, ma erano ad esso sopraggiunti. Pertanto, non poteva affermarsi in alcun modo che l’ A. avesse perso il controllo della vettura per la presenza e a causa di una pozzanghera. A diversa conclusione non potevano portare le valutazioni del perito d’ufficio nell’accertamento tecnico preventivo, in quanto detto accertamento era stato espletato dopo alcuni mesi dall’accaduto e le condizioni della strada, da cui il perito aveva tratto le sue conclusioni, non implicavano sul piano logico che il sinistro si fosse in effetti verificato secondo la dinamica allegata dall’ A.. Pertanto, secondo la Corte, il perito aveva avanzato una mera ipotesi, che non aveva trovato riscontro in un alcun elemento di prova;

– comunque, pur a voler ammettere che l’ A. avesse perso il controllo della vettura per la pozzanghera, il verificarsi del sinistro stradale era da attribuirsi sotto il profilo causale alla condotta di guida dello stesso A.; ciò in quanto il dovere di solidarietà sociale, su cui si fonda la convivenza civile, si esprime nell’art. 1227 c.c., comma 2 (che, come è noto, esclude la risarcibilità dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza) e guida l’interpretazione dell’art. 2051 c.c., con la conseguenza che la condotta imprudente del danneggiato può finire con il divenire un fattore causale eccezionale ed imprevedibile, che integra il caso fortuito, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell’ente ed il danno. Tanto era avvenuto nel caso di specie nel quale: da un lato, la strada bagnata, la pioggia ed il limite di velocità avrebbero dovuto indurre l’ A. a tenere la massima prudenza nella guida della vettura; e, dall’altro, la natura rettilinea del tratto di strada, il limite di velocità ivi previsto e l’ora notturna avrebbero allo stesso consentito (se avesse tenuto una condotta di guida adeguata alla situazione dei luoghi) di scorgere la situazione di pericolo e di evitarla.

2.2. Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, la sent. n. 7931/2013 delle Sezioni Unite), qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”.

Tanto si verifica nel caso di specie, in quanto – avendo la Corte territoriale posto due distinte rationes decidendi a fondamento del rigetto della domanda risarcitoria proposta dall’ A. nei confronti della Provincia (il fatto che non era stata provata l’esatta dinamica del sinistro: p. 7; e comunque il fatto che la condotta di guida tenuta dall’ A. era stata gravemente imprudente e, quindi, idonea ad interrompere il nesso causale: p. 8 e p. 11) – il ricorrente avrebbe dovuto impugnare entrambe le suddette rationes, mentre nella specie ha censurato soltanto la seconda.

Sotto altro profilo, il ricorrente, attraverso le censure critiche articolate con i motivi in esame, si è inammissibilmente spinto a prospettare la rinnovazione, in questa sede di legittimità, del riesame nel merito della vicenda oggetto di lite, come tale sottratto alle prerogative della Corte di cassazione. Invero, al di là del formale richiamo, contenuto nell’esposizione dei motivi, ai vizi denunciati, le censure sollevate in ricorso sono tutte dirette a denunciare la congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti.

3. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla compagnia resistente e liquidate come dispositivo. Tenuto conto del fatto che il ricorrente è stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non sussistono i presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della compagnia resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472