Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.581 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 333/2016 R.G. proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in Roma, Circonvallazione Clodia 165, presso l’avv. Adriano Vecchiarelli, giusta delega in calce al ricorso, e l’avv. SABRINA SIFO che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via F. Denza 50/A, presso l’avv. Fabio Maria Ferrari, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Regionale della Campania (Napoli), Sez. 47, n. 5031/47/15 del 15 maggio 2015, depositata il 27 maggio 2015, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 novembre 2019 dal Consigliere Raffaele Botta.

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica per maggiore imposta dovuta relativo a ICI 2008 in ragione di variazione del classamento (unilateralmente da parte del Comune ai sensi della L. n. 662 del 1996, ex art. 3, comma 58) di un immobile di proprietà del contribuente non portata a conoscenza ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74. Il ricorrente lamentava l’omessa notifica dell’avviso di accertamento catastale e chiedeva la riunione del procedimento con quello istaurato con l’impugnazione dell’avviso, del quale era venuto a conoscenza a seguito della notifica della rettifica, assumendo l’inefficacia, in assenza della notifica, della nuova rendita attribuita ai fini della determinazione dell’imposta;

2. Il ricorso era respinto in primo grado e la decisione era confermata in appello (nel quale, tuttavia, non era reiterata l’istanza di riunione avanzata in primo grado) con la sentenza in epigrafe avverso la quale il contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi. Resiste il Comune di Napoli con controricorso;

3. Con il primo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. anche per mancata esibizione dei titoli originari in ordine alla “esistenza” della rettifica impugnata;

4. Il motivo non è fondato e non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata la quale afferma che secondo la stessa prospettazione del contribuente nel caso ci si troverebbe di fronte ad una ipotesi di nullità e non di inesistenza della notifica, nullità sanata ex art. 156 c.p.c. con l’impugnazione dell’atto. In verità anche nel motivo di ricorso in esame, oltre a non prospettare alcune delle possibili condizioni di “inesistenza” (peraltro ragionevolmente da escludere nella fattispecie) il contribuente continua ad esporre le ragioni della ritenuta nullità della notifica, senza nulla dire in ordine alla avvenuta sanatoria della nullità per impugnazione dell’atto. Peraltro si deve osservare che secondo il consolidato orientamento di questa Corte: “In tema di ICI, ai fini del computo della base imponibile, il provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il 1 gennaio 2000 a seguito della denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente, è utilizzabile, a norma della L. n. 342 del 2000, art. 74, anche con riferimento ai periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione del provvedimento, purchè successivi alla denuncia di variazione. Il legislatore, infatti, stabilendo con il cit. art. 74 che, dal 1 gennaio 2000, gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali siano efficaci soltanto a decorrere dalla loro notificazione, non ha voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita e il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere l’efficacia della modifica della rendita catastale – coincidente con la notificazione dell’atto – con la sua applicabilità, che va riferita invece all’epoca della variazione materiale che ha portato alla modifica” (Cass. n. 22653 del 2019);

5. Con il secondo motivo si denuncia la “nullità dell’accertamento per difetto di motivazione”;

6. Il motivo è inammissibile trattandosi di censura diretta avverso l’atto impositivo e non nei confronti della sentenza impugnata dalla quale nemmeno emerge che il tema sia stato affrontato nel giudizio di merito per cui essa si prospetta anche come eccezione nuova, come tale ancora una volta inammissibile sotto un diverso aspetto;

7. Con il terzo motivo si eccepisce “disconoscimento documentazione prodotta in copia ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, ex artt. 28 e 20, nonchè art. 2719 c.p.c. e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26”;

8. Si tratta di una eccezione inammissibile (oltre che errata, perchè l’art. 2719 appartiene al codice civile e non al codice di rito): non è una censura alla sentenza impugnata e non è questa la sede in cui essa può essere sollevata in quanto il disconoscimento della conformità all’originale, della copia fotostatica di scrittura privata che, se non contestata, acquista, ai sensi dell’art. 2719 c.c., la stessa efficacia probatoria dell’originale – è soggetto alle modalità e ai termini fissati dagli artt. 214 e 215 c.p.c.: pertanto, deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, in modo formale e specifico, cioè mediante una esplicita dichiarazione di chiaro contenuto ovverosia con espressioni inequivoche. Ciò non risulta sia avvenuto nè è allegato e dimostrato che lo sia stato. Peraltro va ricordato che nemmeno risulta che la contestazione sia stata operata, come è richiesto dall’orientamento di questa Corte, “a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” (Cass. n. 29993 del 2017);

9. Il ricorso deve essere pertanto respinto con condanna alle spese di questa fase del giudizio della parte ricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese di questa fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 1.400,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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