Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.848 del 17/01/2020

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Acquisto dei frutti, natura, debito di valore e di valuta

L'art. 1148 c.c. è norma regolatrice sia dei frutti civili che dei frutti naturali, venendo in rilievo, nel primo caso un debito di valuta e, nel secondo, un debito di valore.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 07585/2018 proposto da:

So Ge Ca. Petroli S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma, Via Bernabei n. 5 presso lo studio dell’AVVOCATO CESIDIO GUALTIERI che lo rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO ROBERTO UZZAU;

– ricorrente –

contro

Marina Di Portisco S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma, alla via Antonio Musa, n. 21 presso lo studio dell’AVVOCATO GIUSEPPE MANDARA che lo rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO PIERPAOLO SOGGIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 326/2017 della CORTE d’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 30/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2019 da Cristiano Valle.

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 00326 del 2017 ha rigettato l’impugnazione proposta dalla So. Ge. Ca. Petroli S.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania (sezione distaccata Olbia) che l’aveva condannata alla corresponsione dei frutti derivanti dalla gestione di azienda di distribuzione di carburante.

Deduceva la ricorrente che la controversia nasceva da risalente contenzioso derivante dalla concessione in uso gratuito di suolo demaniale da parte della Marina di Portisco S.p.a., che successivamente aveva agito in giudizio al fine della dichiarazione di nullità del contratto, in quanto avente ad oggetto un bene demaniale in assenza di autorizzazione alla cessione da parte della competente P.A. (processo che al momento dell’instaurazione del presente procedimento di legittimità era ancora pendente in questa stessa Corte, a seguito di una prima pronuncia di cassazione con rinvio) e aveva, quindi, instaurato ulteriore giudizio per la restituzione dei frutti, concluso nella fase di merito dalla sentenza oggetto del ricorso di legittimità in scrutinio.

Avverso la sentenza d’appello ricorrente con tre motivi di ricorso la So. Ge. Ca. Petroli S.r.l..

Resiste con controricorso la Marina di Portisco S.p.a..

Non sono state depositate memorie.

Il P.G. non ha formulato conclusioni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ opportuno premettere che il contenzioso relativo alla dichiarazione di nullità della concessione in uso gratuito di bene demaniale è stato, nelle more di questo procedimento, definito con ordinanza n. 25749 del 2018 della Sez. 6-3 di questa Corte con conseguente passaggio in giudicato della pronuncia di merito relativa alla detta nullità.

La verifica è stata condotta di ufficio, potendo la decisione della controversia sopra richiamata esplicare effetti, quantomeno in termini di eventuale sospensione, del procedimento di legittimità in oggetto Il primo motivo di ricorso assume violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 1148 e 2041 cod. civ. e censura la sentenza di merito per mancata applicazione delle norme in materia di indebito oggettivo.

Il secondo mezzo, in via subordinata, propone violazione o falsa applicazione degli artt. 820,1148 c.c., avendo la Corte territoriale ritenuto frutti civili quelli derivanti dall’esercizio di attività imprenditoriale connessa alla gestione dell’azienda.

Il terzo motivo è incentrato su violazione e falsa applicazione dell’art. 1148 cod. civ. per mancato scomputo dal dovuto dei costi di produzione dei frutti.

I primi due motivi di ricorso sono incentrati sulla nozione di frutti civili.

Essi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi.

I motivi assumono che la Corte di Appello di Cagliari (sezione distaccata di Sassari) abbia erroneamente applicato l’art. 1148 c.c., ritenendo che esso si riferisca anche ai frutti civili, e non solo ai frutti naturali.

L’assunto è infondato, in quanto l’art. 1148 c.c. è ritenuto, dalla risalente giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non si ravvisano per opinare diversamente, norma regolatrice sia dei frutti civili che dei frutti naturali (Cass. n. 12362 del 19/11/1992 (Rv. 479610 – 01), mutando le conseguenze dell’una o dell’ultra categoria in termini di considerazione quale debito di valuta (per i frutti civili) o di valore (per quelli naturali).

Sul punto la giurisprudenza è costante: (in termini si veda Cass. n. 01783 del 12/02/1993): “In tema di restituzione dei frutti della cosa da parte del possessore in favore del proprietario, ed indipendentemente dalla buona fede o meno del primo, ha carattere di debito di valore l’obbligo relativo ai frutti naturali, mentre realizza debito di valuta – soggetto al principio nominalistico – l’obbligo relativo ai frutti civili, costituenti il corrispettivo del godimento della cosa (quali le somme riscosse a titolo di pigione)”.

Il secondo motivo, per la parte relativa alla circostanza che sarebbero stati ritenuti frutti civili i guadagni “eventualmente ricavati dalla SO. GE. CA. non tramite la concessione a terzi del godimento dell’azienda cedutale o in base a contratto nullo, ma con l’esercizio dell’attività imprenditoriale connessa alla gestione di tale azienda” non coglie comunque nel segno, posto che in ogni caso, anche a volere accedere alla prospettazione di parte ricorrente, che pure richiama risalente dottrina, quelli derivanti dall’attività imprenditoriale avente ad oggetto l’azienda di rifornimento di carburate sono in ogni caso frutti civili, in quanto “oggetto di un credito, cosicchè il titolare non può conseguirli senza l’adempimento del debitore” (testualmente il penultimo paragrafo del secondo motivo di ricorso, laddove richiama la detta dottrina) Il terzo motivo, sebbene correttamente formulato in diritto (Cass. n. 16700 del 11/08/2015 (Rv. 636399 – 01): “Ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 821 c.c., comma 2 e art. 1149 c.c., il diritto alla restituzione dei frutti nasce limitato dalle spese sostenute per la relativa produzione, sicchè il restituente può dedurle senza necessità di proporre apposita domanda giudiziale.”) è infondato, in quanto effettivamente non risultano documentati costi, nè è esattamente prospettato in ricorso di legittimità ove gli stessi siano stati dedotti e documentati nelle fasi di merito e comunque il consulente tecnico di ufficio nel merito ha tenuto conto in via presuntiva dei costi sostenuti dalla So. Ge. Ca. S.r.l..

Il ricorso è, pertanto, infondato Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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