Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.38544 del 06/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2179/2017 proposto da:

CARROZZERIA STYLE CAR s.n.c. di P.P. & C., in persona del socio amministratore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avv. GIANCARLO FERRARA, patrocinante in Cassazione con domicilio eletto presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, fax 031/268500 pec. gferrara.certamail-cnf.it;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. GIOVANNI CALABRESE, LUIGI OTTAVI, e MASSIMO OTTAVI, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in ROMA, Via degli SCIALOJA 6;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 823/2016 del TRIBUNALE di COMO pubblicata il 9/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/09/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

CENNI DEL FATTO La CARROZZERIA STYLE CAR s.n.c. di P.P. & C., nella sua qualità di cessionaria di crediti vantati da soggetti terzi assicurati, conveniva in giudizio avanti al Giudice di Pace AXA ASS.NI s.p.a. con quattro separati atti di citazione per ottenere il pagamento degli importi residui dovuti a saldo delle riparazioni eseguite su quattro distinte autovetture. Affermava di aver concordato con i periti fiduciari della Compagnia il numero delle ore di manodopera e del materiale di consumo per ciascuna riparazione. Al momento del pagamento la Compagnia assicuratrice, contestando il costo orario di manodopera e il costo del materiale di consumo applicati dal riparatore ed esposti nelle fatture azionate, effettuava pagamenti parziali. Style Car s.n.c. chiedeva quindi la condanna della Axa Ass.ni al pagamento della differenza ancora dovuta.

Si costituiva nei quattro giudizi la Axa Ass.ni s.p.a. chiedendo la riunione dei procedimenti ed eccependo la nullità dei contratti di cessione in quanto costituenti esercizio abusivo dell’attività finanziaria, con conseguente carenza di legittimazione attiva di Style Car; nel merito, eccepiva l’incongruità dei costi orari esposti da Style Car nelle fatture e chiedeva l’ammissione di CTU.

Con sentenza n. 249/2013, depositata in data 13.12.2013, il Giudice di Pace di Erba, riuniti i procedimenti e rigettate le istanze istruttorie, condannava la Axa Ass.ni s.p.a. al pagamento della somma di Euro 4.831,49, oltre interessi dalle singole fatture al saldo e al rimborso delle spese di lite. In particolare, il Giudice di Pace affermava di aver già trattato la questione in numerosi altri procedimenti e di aver già disposto in uno di essi tra le stesse parti una CTU volta a valutare i costi aziendali e le tariffe vigenti; riteneva, quindi, di poter utilizzare i dati forniti dalla CTU.

Avverso la sentenza proponeva appello la Axa Ass.ni contestando il rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva e, nel merito, la decisione del Giudice di porre a fondamento della pronuncia la CTU espletata in un diverso giudizio, seppure tra le stesse parti.

Si costituiva la Style Car s.n.c. contestando l’ammissibilità e fondatezza dell’appello.

Con sentenza n. 823/2016, depositata in data 9.6.2016, il Tribunale di Como rigettava la domanda di condanna formulata da Style Car s.n.c. condannando quest’ultima alla restituzione delle somme corrisposte da Axa Ass.ni s.p.a. in esecuzione della sentenza di primo grado; condannava la Style Car s.n.c. al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la Carrozzeria Style Car s.n.c. di P.P. & C. in base a tre motivi. Resiste la Axa Assicurazioni s.p.a. con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, quanto alla dedotta inammissibilità del ricorso per inesistenza e/o nullità della procura in calce ad esso, se ne rileva la infondatezza, là dove la cattiva apposizione nella procura speciale della firma dell’amministratore e legale rappresentante pro tempore, non fa venir meno la capacità di ricondurre agevolmente l’atto alle persone dell’amministratore e del professionista incaricato.

1.2. – Sempre preliminarmente, il Tribunale, giudice del gravame, sottolinea di avere redatto la sentenza facendo applicazione del principio della “ragione più liquida” a mente del quale la domanda giudiziale può essere analizzata sulla base di una questione assorbente pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre, essendo ciò suggerito dal principio di economia processuale e da esigenze di celerità anche costituzionalmente protette (Cass. n. 11356 del 2006; ex multis Cass. n. 363 del 2019; Cass. n. 10839 del 2019; Cass. n. 11458 del 2018; Cass. n. 17214 del 2016). La causa, infatti, può essere decisa sulla base della questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte: a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità di giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c. (Cass. n. 11458 del 2018, cit.).

2.1. – Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “Nullità della sentenza e del procedimento – Vizio in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione degli artt. 99-101, 112 e 345 c.p.c.. Omessa motivazione – Nullità della sentenza (art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c. – Artt. 112 e 132 c.p.c.”, là dove il Tribunale di Como avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., nonché il principio del contraddittorio in quanto, contrariamente a quanto acclarato in sentenza, l’oggetto della contestazione verteva unicamente sul costo orario della manodopera e sul costo dei pezzi di consumo, essendo pacifico che tra i periti dell’assicurazione e la carrozzeria fosse stato concordato il numero di ore e i pezzi di ricambio per ogni riparazione.

2.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la “Violazione e falsa applicazione di norme – artt. 2697,2729,2730 e 2735 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Omesso esame fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5)”. Il Giudice d’appello si è soffermato solo sulle fatture versate in atti negando loro portata probatoria in merito all’effettività degli interventi ivi esposti. Il Tribunale avrebbe dovuto invece porre le stesse alla base della decisione unicamente come verifica della congruità dell’importo esposto in relazione all’accertato congruo costo unitario. La ricorrente ha ottemperato al proprio onere probatorio versando in atti le fatture ed allegando che, in seguito ad apposito studio atto a identificare la propria struttura aziendale, aveva depositato presso la Camera di Commercio di Como la propria tariffa oraria e la propria percentuale di smaltimento rifiuti denotando di rientrare perfettamente nella forbice indicata dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media Impresa.

2.3. – Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la “Violazione e falsa applicazione di norme – artt. 2697,2729,2730 e 2735 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Omesso esame fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). Si sottolinea che il Tribunale erroneamente ometteva di pronunciarsi sull’utilizzazione e sulla decisiva portata probatoria della perizia già disposta dal Giudice di Pace di Erba in uno dei numerosi procedimenti tra le stesse parti in cui aveva già trattato la quaestio facti e già disposto una CTU volta a valutare i costi aziendali e le tariffe vigenti.

3. – Alla luce del menzionato principio, il Tribunale di appello affermava come, ai fini della risoluzione della controversia, era assorbente considerare come non vi fosse prova, “il cui onere gravava sulla Carrozzeria ai sensi dell’art. 2697 c.c., dell’esatto ammontare del credito risarcitorio eventualmente voluto”. Infatti, la ricorrente si era limitata ad allegare in giudizio alcune ricevute fiscali e a dedurre la presunta congruità dei valori esposti richiamando le tariffe medie della Confartigianato.

D’altronde, questa Corte di legittimità aveva avuto già modo di chiarire che la fattura non costituisce, di per sé, prova del danno e dell’effettiva riparazione, tanto più nella specie, ove non era accompagnata da una quietanza o da un’accettazione e proveniva dalla stessa parte che intendeva utilizzarla, per di più nella qualità di cessionaria del credito (Cass. n. 15176/2015; Cass. n. 15832 del 2011). Laddove, correttamente, il giudice di appello non poteva sollevare la Carrozzeria, attrice in primo grado, dall’onere probatorio su di essa incombente, attraverso indagini peritali di natura inammissibilmente esplorativa e comunque finalizzate ad accertare genericamente la presumibile congruità dei prezzi esposti, senza la prova rigorosa in ordine alla effettività delle lavorazioni ivi indicate (sentenza impugnata pag. 5).

3.1. – Nonostante quanto affermato dal ricorrente, il Tribunale neppure era incorso in alcuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto i motivi di appello formulati da Axa Ass.ni andavano al di là della contestazione circa la ritenuta congruità, da parte del Giudice di Pace, del costo orario di manodopera e/o del costo del materiale di consumo. Nella sentenza impugnata non vi è riferimento alla mancata prova della riparazione, bensì alla mancata prova dell’effettività delle lavorazioni indicate e del quantum.

4. – Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2021

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