Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.38733 del 06/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8160/2015 R.G. proposto da:

V.G., e M.L., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza del Fante n. 2, presso lo studio dell’Avvocato Giovanni Palmeri, che li rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Gabriele Dara, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banca Popolare Sant’Angelo soc. coop. p.a., già s.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Savorelli n. 11, presso lo studio dell’Avvocato Anna Chiozza, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giuseppe Peritore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

UnipolSai Assicurazioni s.p.a., già denominata Fondiaria-SAI s.p.a., quale incorporante di Unipol Assicurazioni s.p.a., Compagnia di Assicurazioni Milano s.p.a., Premafin Finanziaria s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Aureliana n. 2, presso lo studio dell’Avvocato Elettra Bruno, rappresentata e difesa dall’Avvocato Santo Spagnolo, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Fallimento ***** s.p.a.;

– intimato –

e contro

Carige Assicurazioni s.p.a., ora Amissima Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via della Croce n. 44, presso lo studio dell’Avvocato Ernesto Grandinetti, che la rappresenta e difende giusta procura speciale di partecipazione all’udienza di discussione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 148/2014 della Corte d’appello di Palermo, depositata il 4/2/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/10/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Agrigento, con sentenza n. 911/2008, dichiarava la responsabilità solidale di S.C. e B.G., amministratori di ***** s.p.a., di Br.Li., V.G. e M.L., componenti del collegio sindacale della società, e di Banca Popolare S. Angelo s.c.r.l. (chiamata in causa dai sindaci in garanzia propria) per le distrazioni perpetrate dal B. in danno della società amministrata e li condannava al pagamento in favore del Fallimento di ***** s.p.a. di Euro 12.111.59, somma pari alla differenza tra quanto indebitamente incassato dal B. e quanto da questi utilizzato, stando agli accertamenti del C.T.U., per pagare debiti di pertinenza della società.

Accoglieva inoltre la domanda di manleva proposta da V.G. nei confronti di Carige Assicurazioni s.p.a., condannando la compagnia a tenere indenne il sindaco, nei limiti di polizza, da quanto dovuto alla curatela, mentre rigettava l’analoga domanda avanzata dallo stesso V. contro Milano Assicurazioni s.p.a..

2. La Corte d’appello di Palermo, investita delle impugnazioni proposte contro la sentenza, in via principale dai sindaci di ***** s.p.a. e in via incidentale da tutte le altre parti, riformava parzialmente la decisione: in accoglimento dell’appello incidentale del Fallimento, riteneva che difettasse la prova che la somma di Lire 102.791.000, di cui B. si era appropriato, fosse rientrata nella disponibilità di ***** s.p.a. perché utilizzata per il soddisfo di suoi creditori, e rideterminava di conseguenza il pregiudizio subito dalla compagine poi fallita in Euro 65.198,71; in accoglimento dell’appello incidentale di Carige Assicurazioni s.p.a., rigettava la domanda di garanzia proposta da V.G. nei confronti della compagnia, dichiarando l’annullamento del contratto di assicurazione stipulato fra le parti in data 5 aprile 2002, poiché l’assicurato, nel sottoscrivere la polizza, non aveva comunicato l’intervenuto fallimento della società di cui era stato sindaco; in accoglimento dell’appello incidentale di Milano Ass.ni, condannava il V. a rifondere alla stessa le spese del giudizio di primo grado; rigettava, invece, l’appello principale dei sindaci e gli appelli incidentali degli amministratori e della Banca Popolare di S. Angelo, osservando in particolare, per quanto qui di interesse: che i primi, pur non potendo impedire gli accrediti delle somme di pertinenza della società sul conto corrente del B., certamente, nell’esercizio dei loro poteri di controllo e verifica, avrebbero dovuto e potuto accorgersi in seguito del mancato accredito di tali somme in favore di ***** s.p.a. e contestare il fatto all’amministratore, invitandolo alla tempestiva restituzione delle stesse; che andava condiviso l’accertamento del primo giudice in ordine alla responsabilità solidale della banca nella produzione dell’evento dannoso, in quanto le condotte distrattive del B. potevano essersi realizzate solo per grave negligenza, se non attraverso la vera e propria “collaborazione”, dei dipendenti dell’istituto di credito.

3. Per la cassazione della sentenza, pubblicata in data 4 febbraio 2014, hanno proposto ricorso V.G. e M.L., prospettando quattro motivi di doglianza; Unipol Sai Assicurazioni s.p.a. (già Milano Assicurazioni) e Banca Popolare di Sant’Angelo s.c.p.a. (già Banca Popolare S. Angelo s.c.r.l.) hanno resistito con controricorso; quest’ultima, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale.

Gli intimati Br.Li., Fallimento di ***** s.p.a., S.C. e B.G. non hanno svolto difese.

Unipol Sai Assicurazioni s.p.a. e Banca Popolare di Sant’Angelo s.c.p.a. hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Amissima Assicurazioni s.p.a. (già Carige Assicurazioni s.p.a.) si è costituita al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. depositando anch’essa una memoria conclusiva.

CONSIDERATO

che:

4. Preliminarmente, va dichiarato inammissibile l’atto di costituzione tardiva di Amissima Assicurazioni s.p.a..

Non può quindi tenersi conto delle difese svolte dalla società nella memoria depositata 5. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 2043 e 2407 c.c., perché la Corte territoriale ha dato per assunta l’esistenza del danno, “e quindi l’irrecuperabilità delle somme distratte”, senza darsi carico di verificare l’effettivo ricorrere di una simile circostanza.

6. Il motivo non è fondato.

In tesi di parte ricorrente la responsabilità dei sindaci per gli atti distrattivi compiuti dall’amministratore poteva essere acclarata soltanto una volta che fosse stato accertato che le somme erano “definitivamente perse” e non più recuperabili.

In altri termini, i ricorrenti intendono sostenere che l’accertamento della loro responsabilità sottendeva una verifica dell’impossibilità per il Fallimento di ottenere in via diretta dall’autore materiale dell’illecito il pagamento delle somme sottratte alla società, e che quindi B. dovesse essere inutilmente escusso, o risultare non escutibile, perché la pretesa risarcitoria potesse poi essere rivolta nei loro confronti.

Un simile assunto, tuttavia, contrasta con la disciplina propria della responsabilità degli odierni ricorrenti, i quali sono stati condannati in qualità di componenti del collegio sindacale per il negligente “esercizio dei poteri di controllo e verifica” e, quindi, per violazione dei doveri dell’art. 2403 c.c..

Questa responsabilità, avendo carattere solidale con quella degli amministratori, nel senso previsto dall’art. 2407 c.c., comma 2, ben poteva essere fatta valere, in applicazione dell’art. 1292 c.c., comma 1, anche solo nei confronti di un solo sindaco, quale obbligato in solido (come questa Corte ha già avuto modo di precisare, osservando che “la responsabilità dei sindaci di una società, prevista dall’art. 2407 c.c., comma 2, per omessa vigilanza sull’operato degli amministratori, ha carattere solidale tanto nei rapporti con questi ultimi, quanto in quelli fra i primi, sicché l’azione rivolta a farla valere non va proposta necessariamente contro tutti i sindaci e gli amministratori, ma può essere intrapresa contro uno solo od alcuni di essi, senza che insorga l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, in considerazione dell’autonomia e scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido”; Cass. 25178/2015).

Va invece escluso che l’esperibilità dell’azione risarcitoria sia subordinata alla prova dell’impossidenza di chi materialmente ha provocato il danno, dato che il diritto del danneggiato sorge solo a seguito (e proprio in ragione) dell’accertamento dell’esistenza del fatto dannoso e della sua imputabilità alla parte convenuta come danneggiante.

7. Il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c. e art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, pur avendo dato atto dell’indispensabile partecipazione della Banca Popolare S. Angelo al compimento degli atti distrattivi, ha omesso di trarne la logica conseguenza della responsabilità esclusiva della stessa, quanto meno nell’ambito dei rapporti fra i convenuti; in questo modo la Corte di merito avrebbe omesso di pronunziare sulla domanda di garanzia propria che i ricorrenti avevano proposto nei confronti della banca, per l’appunto indicandola come unica responsabile del danno, rendendo peraltro sul punto una motivazione di tenore contraddittorio, stante l’insanabile contrasto esistente fra il riconoscimento della sussistenza di una grave negligenza della terza chiamata e l’implicito rigetto della domanda in questione.

8. Il motivo non è fondato.

La Corte di merito ha ritenuto (a pag. 13) che i sindaci, anche se “non avrebbero potuto impedire gli accrediti delle somme sul conto corrente del B., certamente – nell’esercizio dei poteri di controllo e verifica – avrebbero dovuto e potuto accorgersi successivamente del mancato accredito a favore di ***** e contestare il fatto all’amministratore, invitandolo al tempestivo recupero delle somme”.

Il giudice d’appello ha dunque accertato che il danno subito dalla società poi fallita era stato provocato da più soggetti, per l’inadempimento di rapporti diversi intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, con condotte distinte e successive, senza che il prioritario inadempimento della banca avesse reso irrilevante l’inadempimento, posteriore, del collegio sindacale.

Con la conseguenza che tali soggetti dovevano essere considerati – a giudizio della Corte di merito – corresponsabili in solido, in applicazione del principio secondo cui, anche in tema di responsabilità contrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell’obbligo risarcitorio è sufficiente, in base ai principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell’evento, che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo (Cass. 24405/2021, Cass. 7618/2010).

Non possono quindi essere predicate né un’omessa pronuncia, né una contraddittorietà della motivazione, in presenza di un accertamento non rivedibile in fatto in questa sede di legittimità – del concorso di più cause efficienti nella produzione dell’evento dannoso.

Non risulta, d’altro canto, che i ricorrenti abbiano formulato espressa domanda al fine di ottenere l’accertamento che, nei rapporti interni, l’obbligazione non potesse presumersi divisa in parti uguali, e che pertanto la banca fosse tenuta a risponderne per una quota diversa, e maggiore, di quella posta a loro carico.

9. Il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione dell’art. 112 e dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa pronunzia su un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’appello incidentale della curatela”, assume che la Corte di merito abbia completamente omesso di motivare sulle deduzioni dei ricorrenti, contenute all’interno della comparsa conclusionale in appello, secondo cui non si era verificato alcun danno, dato che il B. risultava creditore di ***** s.p.a. per 841 milioni di lire.

10. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, nel lamentare un vizio di omessa pronunzia non su una domanda, ma su un fatto decisivo, risulta proposta in una forma ibrida che combina il canone di critica previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con quello contemplato al numero successivo.

Una simile doglianza contiene una mescolanza non scindibile e una sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, e concernenti l’uno una violazione di legge, l’altro un vizio motivazionale, malgrado non sia consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (v. Cass. 26874/2018, Cass. 19443/2011).

Il che rende superfluo rilevare che la comparsa conclusionale (al cui interno era contenuta, in tesi, il fatto non delibato) ha la sola funzione di illustrare le domande ed eccezioni già ritualmente proposte e non può contenerne di nuove che costituiscano un ampliamento del thema decidendum, sicché il giudice non incorre nel vizio di omessa pronunzia ove non esamini una questione proposta per la prima volta in tale atto (Cass. 13165/2004).

11. Il quarto motivo di ricorso prospetta la violazione dell’art. 1892 c.c.: la Corte d’appello – in tesi di parte ricorrente – ha erroneamente dichiarato la nullità del contratto di assicurazione stipulato da V. con Carige Ass.ni in ragione del silenzio serbato dal primo sull’avvenuta dichiarazione di fallimento di *****, valorizzando una circostanza in realtà irrilevante ai fini dell’annullamento del contratto, dato che il rischio assicurato, correlato all’omissione o alla negligenza del sindaco nell’esercizio della sua attività di controllo, non sarebbe stato più grave nel caso in cui fosse già stata dichiarata l’insolvenza della società.

La Corte di merito avrebbe piuttosto dovuto preoccuparsi di verificare se Carige Assicurazioni, su cui incombeva l’onere probatorio, avesse dimostrato che il V. fosse a conoscenza delle pretese della curatela nel momento in cui stipulò il contratto e che non avrebbe stipulato la polizza se avesse saputo dell’intervenuto fallimento.

12. Il motivo, che (stante il difetto di interesse al suo accoglimento di M.L., estranea al contratto di assicurazione) deve intendersi proposto unicamente da V.G., è fondato.

La doglianza adduce, a ben vedere, anche un vizio di motivazione rispetto al ricorrere dei presupposti per dichiarare l’annullamento del contratto ex art. 1892 c.c..

Secondo la giurisprudenza di questa Corte la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento del contratto allorché si verifichino simultaneamente tre condizioni, che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell’inoperatività della garanzia assicurativa e il cui onere probatorio ricade sull’assicuratore: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore (Cass. 11115/2020, Cass. 7245/2006).

Sotto quest’ultimo profilo la Corte distrettuale si è limitata ad osservare (a pag. 15) che il fallimento della società di cui l’assicurato era sindaco, “considerate le conseguenze connesse a tale evento”, costituiva “un fatto rilevante”.

Ora, se la rilevanza va apprezzata tenendo conto dell’incidenza della reticenza dell’assicurato sulla reale rappresentazione del rischio ad opera dell’assicuratore al momento della stipulazione della polizza, una simile osservazione, di tenore del tutto generico, non è affatto idonea (v. Cass., Sez. U., 22232/2016) a rendere comprensibile il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento in ordine al rilievo determinante assunto nel caso di specie dalla reticenza sull’intervenuta dichiarazione di fallimento (soprattutto ove si consideri che la responsabilità per mala gestio di amministratori e sindaci sorge per effetto non del fallimento, ma dell’inesatto svolgimento della loro attività).

Ne’ è possibile ritenere che l’apodittica motivazione offerta dai giudici di merito abbia inteso far implicito riferimento, nell’evocare “le conseguenze connesse a tale evento”, alle iniziative risarcitorie che il curatore aveva assunto (o aveva in animo di intraprendere) nei confronti dell’ex sindaco, dato che la stessa Corte distrettuale, dopo aver accertato che l’art. 34 del contratto imponeva all’assicurato di dichiarare di non essere a conoscenza di elementi che potessero far supporre il sorgere di un obbligo risarcitorio per danno a lui imputabile, ha escluso che vi fosse prova che alla data di stipula della polizza il V. fosse già a conoscenza dei fatti addebitatigli dal curatore.

13. Il motivo di ricorso incidentale proposto dalla Banca Popolare di Sant’Angelo s.c.p.a. denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, perché la Corte di merito ha omesso di esaminare le domande e le eccezioni formulate nel merito dall’istituto di credito e così ha trascurato di considerare che tutte le somme accreditate sul conto del B., stando all’ampia documentazione prodotta, erano state comunque utilizzate per pagare debiti sociali.

Mancava, quindi, un qualsiasi pregiudizio per la società e per i creditori della stessa e, comunque, un qualsiasi eventuale minimo danno, malamente quantificato dalla Corte di merito, non poteva essere imputato all’istituto di credito.

14. Il motivo è inammissibile.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel suo attuale testo riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nozione da intendersi come riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e non ricomprendente questioni o argomentazioni, dovendosi di conseguenza ritenere inammissibili le censure irritualmente formulate che estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (v. Cass. 21152/2014, Cass. 14802/2017).

Non risulta perciò censurabile sotto il profilo dedotto l’asserita omessa considerazione delle ragioni espresse dalla banca in secondo grado.

Quanto poi all’omesso esame dei documenti da cui, in tesi, risulterebbe che le somme erroneamente accreditate sul conto corrente del B. vennero tutte impiegate per pagare debiti della fallita è sufficiente rilevare la genericità del profilo di censura, che non richiama con la necessaria puntualità, in termini di contenuto e collocazione, i documenti da cui dovrebbe emergere la prova del fatto non considerato (in merito all’autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di riferimento a documenti o atti processuali, i quali non solo devono essere specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti che sono oggetto di doglianza ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto si vedano Cass. 5478/2018, Cass. 16900/2015, Cass. 14784/2015, Cass. 4980/2014 e Cass. 8569/2013).

D’altra parte la censura intende dolersi, più che di un omesso esame della documentazione prodotta, di un esame “non condivisibile”, cioè non conforme alle aspettative della banca, della valutazione compiuta dalla Corte di merito in punto di esistenza e consistenza del danno e in questo modo si pone al di fuori dei limiti propri del canone di critica utilizzato, che riguarda il tralasciato esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non si estende all’esame inappagante per la parte di tale fatto, che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito.

15. In conclusione, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione all’unico motivo del ricorso principale accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra enunciati e liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità per la parte ancora non definita, concernente la domanda di garanzia proposta da V.G. nei confronti di Carige Assicurazioni (ora Amissima Assicurazioni s.p.a.).

16. La completa definizione della res controversa rispetto ai profili non rinviati all’esame della Corte di merito impone di procedere alla regolazione delle spese di lite fra i ricorrenti principali e l’istituto di credito controricorrente e ricorrente incidentale, che vanno integralmente compensate in ragione della reciproca soccombenza.

Nessuna soccombenza che giustifichi la liquidazione delle spese può invece essere ravvisata in capo al V. nei confronti di Unipol Sai Assicurazioni s.p.a. (già Milano Assicurazioni).

Sulle statuizioni afferenti il rapporto di garanzia fra il V. e la Milano Assicurazioni non c’e’ stata, infatti, alcuna impugnazione, dovendosi di conseguenza ritenere che la compagnia, che sarebbe risultata in ogni caso estranea a qualsiasi esito del presente giudizio, sia stata coinvolta in termini di mera litis denuntiatio (cfr. Cass. 5508/2016, Cass. 2208/2012).

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale, rigetta il primo e il secondo motivo e dichiara inammissibile il terzo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità limitatamente al rapporto processuale fra V.G. e Carige Assicurazioni (ora Amissima Assicurazioni s.p.a.).

Compensa integralmente le spese processuali fra V.G. e M.L., da una parte, e Banca Popolare di Sant’Angelo s.c.p.a., dall’altra.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di M.L. e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2021

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