Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.39501 del 13/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29540-2020 proposto da:

BIAGIOLI CARSERVICE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 36, presso lo studio dell’Avvocato PAOLO SEVERO CIABATTI, rappresentata e difesa dall’Avvocato ELISABETTA FANTINI;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio dell’Avvocato FRANCESCO BALDI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 860/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

RITENUTO IN FATTO

– che la società Biagioli Carservice S.r.l. (d’ora in poi, “Biagioli”) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 860/20, del 5 febbraio 2020, della Corte di Appello di Roma, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 22336/13, dell’8 novembre 2013, del Tribunale di Roma – ha confermato il rigetto della domanda proposta dall’odierna ricorrente nei confronti della società Unipolsai Assicurazioni S.p.a. (già UGF Assicurazioni S.p.a. e Aurora Assicurazioni S.p.a.), di condanna al pagamento dell’indennizzo assicurativo di cui alla polizza corrente con la società Makesoccer S.r.l.;

– che, in punto di fatto, l’odierna ricorrente riferisce di essere stata incaricata della riparazione di un autoveicolo di proprietà della predetta società Makesoccer, dopo che lo stesso – oggetto di furto perpetrato il 15 agosto 2009 – veniva rinvenuto incidentato, quello stesso giorno, dalla Polizia Municipale di Roma, che ne accertava il coinvolgimento in un sinistro stradale;

– che essendosi Biagioli resa cessionaria dei crediti spettanti alla proprietaria del veicolo, e risultando questo assicurato contro il furto o la rapina, l’odierna ricorrente richiedeva alla compagnia assicuratrice il pagamento dell’indennizzo;

– che messa a disposizione la vettura al perito dell’assicurazione (tanto da dover procrastinare l’inizio delle riparazioni di cui era stata incaricata dalla proprietaria), e ciò affinché costui procedesse alla stima dei danni, Biagioli attendeva oltre cinque mesi, all’esito dei quali riceveva un offerta di pagamento – a mezzo assegno ad essa intestato – di Euro 10.800,00, con allegata una lettera accompagnatoria che precisava essere avvenuta la quantificazione dell’importo al netto della franchigia prevista dalla polizza;

– che successivamente Biagioli, effettuate le riparazioni (non senza avere, comunque, richiesto al perito assicurativo di recarsi nuovamente a visionare il veicolo, durante gli interventi riparatori), emetteva fattura per l’importo di Euro 29.500,00;

– che essendo rimasta la sua richiesta priva di riscontro, l’odierna ricorrente adiva il Tribunale di Roma, lamentando l’inadempimento contrattuale della società assicuratrice, ritenendo di essere creditrice della somma residua di Euro 15.750,00, calcolata detraendo dall’importo di Euro 29.500,00 dapprima il 10% a titolo di franchigia e poi l’offerta di Euro 10.800;

– che all’esito del giudizio, svoltosi con la resistenza di UGF alla domanda (senza, però, la convenuta contestare, assume l’odierna ricorrente, “la copertura assicurativa relativa all’azione giudiziaria su cui il credito si fonda, ossia la copertura del rischio relativo al furto dei veicoli”), il giudice di prime cure rigettava la stessa;

– che a tale esito il Tribunale perveniva sul rilievo che non gli fossero stati forniti “elementi concreti sia in termini di allegazione sia in termini di documentazione per comprendere il titolo in base al quale spetterebbe la somma richiesta”, parlandosi “di furto, di ritrovamento del veicolo, di incidente stradale, di danni al veicolo”, ma avendo l’attrice, tuttavia, solo “prodotto il mero frontespizio della polizza” e “il certificato assicurativo in copia”;

– che esperito gravame dall’attrice soccombente, il giudice di appello – dopo che nel corso del giudizio era stato disposto, diversamente da quanto era accaduto in primo grado, lo svolgimento di una CTU, finalizzata a descrivere i danni alla vettura, “quantificando i costi per le riparazioni e il tempo necessario ad eseguirli” – lo rigettava;

– che la decisione era motivata osservando che l’appellante “non produce condizioni di polizza” e che la “copia del certificato assicurativo versato in atti è barrata per le voci di “furto” e di “sinistro stradale””, mentre “la fattispecie portata in giudizio non rientra, pacificamente, né nell’uno né nell’altro con la conseguenza che gli obblighi contrattuali a carico della impresa di assicurazione non sono adeguatamente provati”, in quanto detta fattispecie “rientra nella diversa categoria “ritrovamento dopo il furto di auto danneggiata” che deve essere oggetto di specifica previsione di polizza e prova”, ritenendosi, pertanto, che, essendo “mancata prova della specifica previsione di polizza”, la violazione degli obblighi contrattualmente assunti dall’assicuratrice non potesse essere affermata;

– che avverso la sentenza della Corte capitolina ricorre per cassazione la società Biagioli, sulla base di due motivi;

– che il primo motivo denuncia “error in iudicando per mancato esame e violazione o falsa applicazione di norme di diritto e elementi di fatto decisivi e risultanti dagli atti processuali” e “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c.”;

– che la ricorrente si duole del fatto che “la copertura assicurativa che costituisce l’oggetto della domanda non è mai stata contestata dalla parte convenuta”, sicché la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata già solo per questa ragione;

– che, inoltre, “l’eventuale pattuizione di esclusione della copertura assicurativa doveva essere eccepita dalla controparte al momento della sua costituzione in giudizio”, anche perché, essendo quello di assicurazione un contratto per il quale “la forma scritta è prescritta “ad probationem, l’eccezione in ordine alla validità dello stesso non è rilevabile d’ufficio, ma deve essere sollevata dalla parte”;

– che, poi, “in materia contrattuale, se l’attore contesta l’inadempimento, o meglio, il “non esatto adempimento” della prestazione e la controparte non contesta l’esistenza del contratto, ma solo l’esosità delle altrui richieste, non può essere il giudice a sindacare l’esistenza e la validità del titolo, fonte dell’obbligazione medesima”;

– che il secondo motivo denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti sulla prova della copertura e sul valore confessorio in merito alla stessa”;

– che il rigetto dell’appello – evidenzia l’odierna ricorrente – “si fonda sul presupposto che non sarebbe stata data prova della copertura relativa ai “danni da circolazione stradale conseguenti al furto con ritrovamento del veicolo rubato”;

– che, per contro, “la prova della copertura viene fornita dalla polizza versata in atti dalla quale si evince che sia coperto il rischio del furto e della rapina per il valore di 26.800,00”, sicché tale “produzione è pacifica e non può essere messa in discussione”;

– che, poi, la Corte territoriale, “nelle motivazioni del rigetto, sostiene che il pagamento e la formulazione dell’offerta” (di Euro 10.800,00) “di per sé non costituiscano riconoscimento di debito ed ammissione della copertura”, ma siffatta argomentazione “può avere un valore in ambito risarcitorio ex art. 2054 c.c. e/o art. 2043 c.c., non certo in ambito contrattuale”;

– che valore “confessorio” deve riconoscersi “anche a tutti gli atti difensivi della convenuta nei quali viene ammessa in tutti i gradi di giudizio la copertura dell’evento in questione”, sicché, nell’ipotesi in esame, “non si tratta solo di una mancata contestazione” (che, peraltro, “sarebbe di per sé sufficiente a provare la copertura in questione”), bensì “di una vera e propria confessione”;

– che Unipolsai ha resistito, con controricorso, alla proposta impugnazione, chiedendo che essa sia dichiarata inammissibile o comunque rigettata;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 14 settembre 2021;

– che entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni, nonché, la ricorrente, replicando ai rilievi espressi nella proposta del consigliere relatore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è inammissibile, tali risultando – ancorché per ragioni diverse – entrambi i motivi in cui lo stesso si articola;

– che gli argomenti utilizzati dalla ricorrente nella memoria depositata in vista dell’adunanza camerale non valgono – secondo questo collegio – a superare i rilievi espressi dal consigliere relatore nella sua proposta, dovendo, anzi, costatarsi (rispetto a quanto già prospettato) la presenza di ulteriori profili di criticità, sempre sul piano dell’ammissibilità delle censure formulate;

– che il primo motivo di ricorso – che, nella sostanza, investe la sentenza impugnata (come conferma il riferimento all’art. 115 c.p.c. e all’art. 2697 c.c.) in quanto, a fronte della asserita “non contestazione”, da parte della convenuta, dell’esistenza della copertura assicurativa, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere provata la stessa, atteso che l’effetto della “non contestazione” consiste nella cd. “relevatio ab onere probandi” – appare inammissibile sotto vari profili;

– che, in primo luogo, deve qui ribadirsi che la “operatività del principio di non contestazione, con conseguente “relevatio” dell’avversario dall’onere probatorio, postula che la parte dalla quale è invocato abbia per prima ottemperato all’onere processuale, posto a suo carico, di provvedere ad una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione” (da ultimo, Cass. Sez. 2, cent. 29 settembre 2020, n. 20525, Rv. 659198-02);

– che già sotto questo profilo, dunque, la censura della ricorrente esibisce vistosi aspetti di criticità, se è vero che persino il primo giudice rilevava – come si rammenta nello stesso ricorso – la mancata presenza di “elementi concreti sia in termini di allegazione sia in termini di documentazione per comprendere il titolo in base al quale spetterebbe la somma richiesta”, parlandosi “di furto, di ritrovamento del veicolo, di incidente stradale, di danni al veicolo”, ma avendo l’attrice, tuttavia, solo “prodotto il mero frontespizio della polizza” e “il certificato assicurativo in copia”;

– che, in secondo luogo, questa Corte non può esimersi dal rilevare come la sentenza impugnata abbia rigettato la domanda sul rilievo che “la fattispecie portata in giudizio” non fosse “né “furto” né “sinistro stradale””, invece rientrando “nella diversa categoria “ritrovamento dopo il furto di auto danneggiata” che deve essere oggetto di specifica previsione di polizza e prova”;

– che a fronte di una simile affermazione si legge, invece, nel ricorso (in particolare, a pag. 3), nonché si ribadisce nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, (a propria volta, pag. 3), che l’assicuratore, nel costituirsi in giudizio, si sarebbe limitato a contestare genericamente “l’ammontare dei danni e l’esosità della fattura di riparazione prodotta in atti, nonché il nesso causale tra questi e il sinistro in questione, senza però essa contestare la copertura assicurativa relativa all’azione giudiziaria su cui il credito si fonda, ossia la copertura del rischio relativo al furto dei veicoli”;

– che, dunque, nella stessa ricostruzione proposta – “ex ore suo” – dalla ricorrente, la “non contestazione” avrebbe riguardato la “copertura del rischio relativo al furto dei veicoli”, per giunta indicata come quella “relativa all’azione giudiziaria su cui il credito si fonda”, mentre il “decisum” della Corte capitolina – a contrastare il quale la ricorrente invoca la mancata applicazione del principio di “non contestazione”, e dunque la violazione dell’art. 115 c.p.c. – si fonda, viceversa, sulla mancata prova della (diversa) fattispecie “del ritrovamento dopo il furto di auto danneggiata” e sulla constatazione che, nella specie, non viene in rilievo l’ipotesi del furto (né quella del sinistro stradale);

– che, del resto, altrettanto significativamente – come si dirà nell’illustrare il secondo motivo di ricorso – la ricorrente assume che la “prova della copertura viene fornita dalla polizza versata in atti dalla quale si evince che sia coperto il rischio del furto e della rapina”, ancora una volta, così, non confrontandosi con la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, che è la riconducibilità della fattispecie oggetto di giudizio del “ritrovamento dopo il furto di auto danneggiata”, in relazione alla quale si assume carente la prova della “specifica previsione di polizza”;

– che anche sotto questo profilo, dunque, si conferma l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, in applicazione (pure) del principio secondo cui “la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4), con conseguente inammissibilità del ricorso rilevabile anche d’ufficio” (cfr. Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01);

– che è solo, dunque, in terzo luogo che il motivo risulta inammissibile – come prospettato nella proposta del consigliere relatore – a norma dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), per essersi la ricorrente sottratta l’onere di “indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto” (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 22 maggio 2017, n. 12840, Rv. 644383-01), dal momento che la dedotta carenza di contestazione, da parte della convenuta, resta una mera asserzione della ricorrente non documentata attraverso la riproduzione di stralci degli scritti defensionali avversari;

– che, al riguardo, non pertinenti appaiono i rilievi espressi dalla ricorrente nella propria memoria, secondo cui essa non sarebbe stata in condizione di provare “un fatto negativo”, non potendo “dare la dimostrazione di un “non accadimento”” (quale sarebbe, a suo dire, la “non contestazione”);

– che, difatti, qui non si tratta di questione che possa essere affrontata alla stregua del principio “negativa non sunt probandd’, ma solo di dare ottemperanza ad una norma – quella dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) – che fa carico al ricorrente, “quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione”, di predisporre l’atto di impugnazione in modo tale sia da “indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese”, sia di “contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi” merce’ “la riproduzione degli atti del giudizio nella misura necessaria” (Cass. Sez. 3, sent. 9 agosto 2016, n. 16655, Rv. 641486-01);

– che il secondo motivo è anch’esso inammissibile visto che l’appello, già esperito dall’odierna ricorrente, ha investito una sentenza pubblicata in data 8 novembre 2013, sicché il gravame risulta, per definizione, proposto con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione posteriormente all’11 settembre 2012;

– che siffatta circostanza determina l’applicazione “ratione temporis” dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., (cfr. Cass. Sez. 5, sent. 18 settembre 2014, n. 26860, Rv. 633817-01; in senso conforme, Cass. Sez. ord. 9 dicembre 2015, n. 24909, Rv. 638185-01, nonché Cass. Sez. 6-5, ord. 11 maggio 2018, n. 11439, Rv. 648075-01), norma che preclude, in un caso – qual è quello presente – di c.d. “doppia conforme di merito”, la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), salvo che la parte ricorrente non soddisfi l’onere “di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. Sez. 1, sent. 22 dicembre 2016, n. 26774, Rv. 643244-03; Cass. Sez. Lav., sent. 6 agosto 2019, n. 20994, Rv. 654646-01);

– che nel caso che occupa, infatti, tale onere non può ritenersi soddisfatto, non potendo bastare – come, invece, mostra di ritenere la ricorrente, secondo quanto sostiene nella propria memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, – la mera riproduzione, in ricorso, del contenuto delle due sentenze, essendo, come detto, a carico di chi impugni per cassazione la pronuncia di appello conforme a quella resa in prime cure fornire la dimostrazione della loro diversità;

– che, in ogni caso, la censura di omesso esame risulta inammissibile anche per un’altra ragione, ovvero per difetto di decisività del “fatto” che il giudice di appello avrebbe omesso di esaminare;

– che, difatti, secondo la ricorrente l’omissione riguarderebbe il fatto che – come emerge “dalla polizza versata in atti” – fosse coperto il rischio del furto e della rapina”, mentre la sentenza impugnata ha ritenuto che la copertura dovesse riguardare la diversa fattispecie del “ritrovamento dopo il furto di auto danneggiata”;

– che, pertanto, alla stregua di tali considerazioni deve dubitarsi che il fatto (asseritamente) omesso fosse decisivo, se è vero che il carattere della “decisività” ricorre quando un fatto, “se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia” (da ultimo, tra le molte, Cass. Sez. 2, ord. 29 ottobre 2018, n. 27415, Rv. 651028-01), ovvero risulti tale “da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidenc13" risulti priva di fondamento” (così Cass. Sez. 3, ord. 20 giugno 2018, n. 16812, Rv. 649421-01, relativa, specificamente, all’omesso esame di un fatto risultante da un documento, ma con affermazione dotata di valenza generale);

– che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

– che in ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto secondo accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la società Biagioli Carservice S.r.l. a rifondere, alle società Unipolsai Assicurazioni S.p.a., le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali più accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2021

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