Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.414 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29207-2019 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell’Avvocato MAURIZIO BRIZZOLARI, rappresentata e difesa dall’Avvocato MASSIMILIANO PACE;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, P.U.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 440/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO), depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME GUIZZI STEFANO.

RITENUTO IN FATTO

– che I.A. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 440/19, del 5 marzo 2019, della Corte di Appello di Palermo, che – accogliendo il gravame esperito dalla società Unipolsai Assicurazioni S.p.a. (già Fondiaria Sai S.p.a., quale incorporante la società Unipol Assicurazioni S.p.a.) contro la sentenza n. 4582/14, del 25 settembre 2014, del Tribunale di Palermo – ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta dall’odierna ricorrente nei confronti di P.U. e della sua compagnia assicuratrice per la “RCA”, in relazione ad un sinistro stradale occorsole in Cinisi, il 31 agosto 2010;

– che, in punto di fatto, la ricorrente riferisce di aver adito l’autorità giudiziaria lamentando di aver subito, nelle circostanze di tempo e di luogo sopra meglio precisate, gravi lesioni personali;

– che, in particolare, nel discendere dall’autovettura di proprietà e condotta del P., sulla quale era trasportata, ella cadeva rovinosamente al suolo a causa della manovra del conducente, il quale, non avvedendosi che la lacopelli non aveva completato la fuoriuscita dall’abitacolo, rilasciava il pedale del freno (il veicolo era a guida automatica) e con essa la ripartenza del mezzo, determinando, così, la perdita di equilibrio della donna;

– che ritenendo il P. e il suo assicuratore responsabili in solido dei danni cagionati, stimati in misura di 96.719,22, la I. ne chiedeva la condanna al risarcimento;

– che il giudice di prime cure, ritenuta applicabile alla presente fattispecie la previsione normativa di cui al cod. assicurazioni, art. 141, condannava solidalmente i due convenuti a risarcire i danni lamentati da parte attrice, quantificati in Euro 81.216,10, con decisione, tuttavia, riformata dal giudice di appello, che accoglieva il gravame esperito dalla società assicuratrice e ordinava alla I. la restituzione di quanto ricevuto in esecuzione della sentenza pronunciata dal primo giudice;

– che avverso la sentenza della Corte panormita ricorre per Cassazione la I., sulla base – come detto – di quattro motivi;

– che il primo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 141, per avere la Corte territoriale gravato l’odierna ricorrente di un onere probatorio non richiesto dalla norma suddetta, giacchè la sentenza impugnata afferma che la I. era tenuta a “dimostrare il fatto storico, la propria qualità di trasportato sul mezzo assicurato, il pregiudizio risentito e il nesso eziologico tra questo e la circolazione del veicolo”;

– che, in questo modo, sarebbe stato disatteso quanto affermato dalla giurisprudenza sia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (che ha enunciato il principio “vulneratus ante omnia rdiciendus”), che di questa Corte (sono citate Cass. Sez. 3, sent. 30 luglio 2015, n. 16181 e Cass. Sez. 3, ord. 5 luglio 2017, n. 16477, Rv. 644953-01);

– che in base a tale indirizzo giurisprudenziale, l’accoglimento dell’azione ex art. 141 cod. assicurazioni – non a caso qualificata dalla Corte costituzionale come uno strumento “aggiuntivo” di tutela per il terzo trasportato (Corte Cost., ord. 9 giugno 2008, n. 205 e 15 dicembre 2008, n. 440) – è subordinata unicamente alla prova dell’evento storico del sinistro e della presenza del trasportato sul veicolo coinvolto nell’incidente, essendo costui sollevato) dall’onere di dimostrare la responsabilità del conducente;

– che il secondo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – violazione o falsa applicazione di legge, per avere il giudice di appello disapplicato le regole ermeneutiche di cui agli artt. 2697,2730 e 2733 c.c., nonchè dell’art. 228 c.p.c., per aver omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;

– la ricorrente assume che le dichiarazioni rese – sia in sede stragiudiziale che di interrogatorio formale – dal conducente del veicolo, circa le modalità di verificazione del sinistro, hanno assunto valore di confessione giudiziale non soltanto nei confronti del confitente, ma anche del proprio assicuratore, stante la loro condizione di litisconsorti necessari, contestando, così, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la dichiarazione del P. “non assurge al rango di prova legale”, non risultando “neppure corroborata da ulteriori elementi di riscontro”, avendo, al riguardo, la Corte territoriale omesso di considerare le risultanze della CTU medico-legale, che ha, invece, “espresso un giudizio positivo sulla sussistenza del nesso di causalità tra le lesioni lamentate ed il sinistro”;

– che il terzo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale pronunciato oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, giacchè essa, nell’ordinare la restituzione alla società Unipolsai Assicurazioni di quanto dalla stessa corrisposto alla lacopelli in esecuzione della condanna di primo grado, sarebbe andata “ultra penta”, visto che l’appellante si era limitata, nel proprio atto di gravame, a richiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, formulando solo nella comparsa conclusionale la richiesta di restituzione;

– che, infine, il quarto motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., rilevando che la Corte territoriale, ove avesse respinto il gravame (senza commettere gli errori denunciati con i precedenti motivi di ricorso), non avrebbe posto le spese del giudizio di appello a carico dell’appellata;

– che sono rimasti solo intimati il P. e la società Upolsai Assicurazioni;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alla ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 15 ottobre 2020;

– che la ricorrente ha depositata memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni, contestando quanto affermato nella proposta del consigliere relatore e dichiarando, infine, di rinunciare ai motivi terzo e quarto di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è manifestamente infondato;

– che il primo motivo non è fondato;

– che il collegio non ignora l’interpretazione che questa Corte, sull’onda della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (cfr., in particolare, sent. l dicembre 2011, Churchill Insurance vs. Wilkinson), ha dato dell’art. 141 cod. assicurazioni, valorizzando l’esigenza sottesa a tale norma di assicurare la più ampia operatività al principio “vulneratus ante omnia reficiendus”, in forza del quale “il proprietario trasportato ha diritto, nei confronti del suo assicuratore, al risarcimento del danno alla persona causato dalla circolazione non illegale del mezzo, essendo irrilevante ogni vicenda normativa interna e nullo ogni patto che condizioni la copertura del trasportato all’identità del conducente” (Cass. Sez. 3, sent. 30 luglio 2015, n. 16181, Rv. 636047-01);

– che tale principio, tuttavia, non può che operare entro la “cornice” delineata dalla norma di legge suddetta, ovvero in presenza dei presupposti (e nei limiti) da essa stabiliti;

– che, sotto questo profilo, deve preliminarmente constatarsi come questa Corte, con un recente arresto, abbia escluso) che l’art. 141 cod. assicurazioni sia “destinato ad operare in casi, come quello oggetto di giudizio, in cui un solo veicolo risulti coinvolto nel sinistro”, ritenendo, infatti, che “il coinvolgimento di (almeno) due veicoli sia il presupposto) per l’operatività della norma, non richiedendosi, invece, necessariamente, la loro collisione, essendo, così, la stessa destinata ad operare anche con riferimento a quella vasta tipologia di sinistri rispetto) ai quali non vi è spazio per l’applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2”, quali, esemplificativamente, quelli “in cui un mezzo tagli la strada a un altro e il conducente di quest’ultimo, per evitare la collisione, esca fuori strada, cagionando danni al trasportato; oppure il caso di un mezzo che si immetta in autostrada contromano, costringendo gli altri veicoli a manovre improvvise ad alta velocità con conseguente impatto contro il guard-rail (ed altre ancora)” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 8 ottobre 2019, n. 25033, Rv. 65517601);

– che, infatti, “è la stessa formulazione testuale dell’art. 141 cod. assicurazioni” – sempre secondo il qui citato arresto – a suggerire tale lettura che esige il “coinvolgimento” di (almeno) due veicoli, soprattutto nel suo riferimento espresso (comma 1) alla possibilità di esercizio dell’azione “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” (così Cass. Sez. 3, sent. n. 25033 del 2019);

che, sempre secondo il menzionato) arresto, “la previsione normativa in esame”, ovvero del cod. assicurazioni, art. 141, comma 1, “risulta quella – o meglio, la sola – che non lascia adito ad alcun dubbio sulla necessità del coinvolgimento di più veicoli, diversamente dalle disposizioni contenute del medesimo articolo, commi 3 e 4, le quali, rispettivamente, stabiliscono che la “impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo” (a bordo del quale viaggiava il trasportato), “riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”, ovvero, che “l’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile”” (cfr., nuovamente. Cass. Sez. 3, sent. n. 25033 del 2019, cit.);

– che, infatti, come già in passato chiarito da questa Corte, in tale “ottica ricostruttiva, il riferimento, contenuto nell’art. 141 (…) a due diversi enti assicurativi va letto come semplicemente descrittivo della normalità dei casi”, tanto da non essere “preclusivo della domanda qualora nel sinistro sia coinvolto un veicolo non identificato o non coperto da copertura assicurativa” (Cass. Sez. 3, ord. 5 luglio 2017, n. 16477, Rv. 644953-01), ovvero quando, come nell’interpretazione qui proposta, il coinvolgimento dei veicoli non si sia sostanziato nella loro collisione;

– che, peraltro, siffatta interpretazione non si pone in contrasto con le precedenti pronunce di questa Corte, richiamate anche dall’odierna ricorrente nel proprio atto di impugnazione (ovvero, la già citate Cass. Sez. 3, sent. 30 luglio 2015, n. 16181 e Cass. Sez. 3, ord. 5 luglio 2017, n. 16477);

– che questa Corte, nella prima delle sentenze appena citate, ha infatti affermato che “scopo della norma è quello di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela” (rispetto all’art. 2054 c.c.), “al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell’impresa assicuratrice” (del vettore), “risparmiandogli l’onere di dimostrare l’effettiva distribuzione della responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. n. 16181 del 2015, cit.);

– che è, pertanto, entro tale cornice – ovvero della necessità del coinvolgimento di (almeno) due veicoli nel sinistro – che questa Corte ha ritenuto che avesse “errato il giudice di appello nel rigettare la domanda sul rilievo che l’attrice non (avesse fornito la prova delle modalità con cui si era svolto l’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti” (Cass. Sez. 3, sera. n. 16181 del 2015, cit.);

– che il presupposto per l’operatività della norma “de qua” sia, pur sempre, un sinistro stradale che coinvolga (quantomeno) due veicoli, risulta confermato anche dalla pronuncia di questa Corte che ha enunciato il principio secondo cui “la persona trasportata su un veicolo a motore, che abbia subito danni in conseguenza di un sinistro stradale, può invocare la responsabilità dell’assicuratore del vettore, ai sensi dell’art. 141 cod. ass. anche se il sinistro sia determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo non assicurato o non identificato” (diverso, evidentemente, da quello a bordo del quale il trasportato viaggiava), atteso che l’esigenza di una più intensa tutela del trasportato ha portato la Corte a concludere che “la formula normativa” di cui alla norma citata “presuppone soltanto la sussistenza di un sinistro, e di un danno subito dal terzo trasportato, che non sia dovuto a caso fortuito, ma non esige affatto, per la integrazione della sua fattispecie, che lo stesso si sia verificato a seguito di uno scontro tra due o più automezzi” (Cass. Sez. 3, ord. n. 16477 del 2017, tit.);

– che, inoltre, l’opzione ermeneutica qui illustrata, che presuppone la presenza di almeno due veicoli, trova conforto anche in un argomento di natura “teleologica”, visto che è proprio in un caso siffatto “che la ricostruzione della dinamica” dello stesso (e, soprattutto, “delle, eventualmente differenti, responsabilità dei conducenti”) rischia “di ritardare il soddisfacimento della pretesa risarcitoria del trasportato e, dunque, di pregiudicare il principio solidaristico “vulneratus ante omnia reficiendus” (Cass. Sez. 3, cent. n. 25033 del 2019, cit.);

– che, dunque, già alla luce delle considerazioni che precedono (non formulate, tuttavia, nell’impugnata sentenza della Corte territoriale), la pretesa dell’odierna ricorrente di ricondurre il sinistro di cui fu vittima alla previsione di cui all’art. 141 cod. assicurazioni appare destituita di fondamento;

– che, peraltro, corretta è la decisione della Corte territoriale di escludere l’applicazione dell’art. 141 cod. assicurazioni in difetto di prova che il danno abbia trovato “causa” nel trasporto, e non semplice “occasione” nello stesso;

– che deve, infatti, escludersi, per le ragioni che si illustreranno appena di seguito, che la sentenza impugnata abbia sia violato l’art. 2697 c.c. (evenienza pure astrattamente ipotizzabile qualora “il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni”; così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01), sia falsamente applicato l’art. 141 cod. assicurazioni, ipotesi ravvisabile in astratto – in ciò risultando corretti, quantunque non fondati, i rilievi svolti dalla ricorrente nella propria memoria difensiva – allorchè il giudice di merito, dopo avere individuato e ricostruito la ” quaestio factz”, cioè “i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio, procede a ricondurre quest’ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un’altra cui sarebbe in realtà riconducibile oppure si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe stata riconducibile o ad una qualunque fattispecie giuridica astratta, mentre ve ne sarebbe stata una cui avrebbe potuto essere ricondotta, in tal modo incorrendo in errore” (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772, Rv. 655084-01);

– che, infatti, non possono esservi dubbi sul fatto che l’art. 141 cod. assicurazioni esoneri il trasportato dalla prova della “responsabilità” del vettore, ma non pure da quella della eziologia del danno, o meglio, della sua riconducibilità, sul piano causale, all’avvenuto trasporto;

– che, invero, come già affermato da questa Corte, “scopo della norma è quello di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell’impresa assicuratrice” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, cent. n. 16181 del 2015, cit.), legittimandolo, così, “ad agire direttamente anche nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso” (Corte Cost., ord. 15 dicembre 2008, n. 440), sicchè, trattandosi di strumento, appunto, “aggiuntivo” rispetto a quelli di cui agli artt. 2043 e 2054 c.c. al pari di essi non può prescindere dalla prova che il danno, o meglio l’evento dannoso, trovi “causa” nel trasporto, e non semplice “occasione” di verificazione;

– che, difatti, la prova del nesso causale, nel sistema della responsabilità civile, è sempre a carico del soggetto danneggiato, sia che operi la Generalklausel di cui all’art. 2043 c.c. che la previsione di cui all’art. 2051 c.c., comma 1, norma anch’essa ritenuta applicabile, al pari di quella di cui al medesimo articolo, comma 2, “a tutti i soggetti” che dalla circolazione di veicoli “comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito” (cfr. Cass. Sei. 3, sent. 26 ottobre 1998, n. 10629, Rv. 520101-01; in senso conforme, tra le più recenti, Cass. Sez. 3, sent. 30 gennaio 2006, n. 1873, Rv. 59067601; Cass. Sez. 3, sent. 1 giugno 2006, n. 13130, Rv. 590621-01; Cass. Sei.. 3, sent. 23 giugno 2009, n. 14644, Rv. 608619-01; Cass. Sez. 3, sera. 11 giugno 2010, n. 14068, Rv. 613575-01);

– che ricorrendo, difatti, tale seconda ipotesi trova applicazione il principio secondo cui, “in tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità posta dall’art. 1681 c.c. e art. 2054 c.c. a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l’attività del vettore in esecuzione del trasporto” (Cass. Sez. 3, sent. 23 febbraio 2009, n. 43443, Rv. 606725-01; in senso conforme Cass. Sez. 3, sent. 25 settembre 2009, n. 4482, Rv. 606999-01; Cass. Sez. 3, sent. 1 giugno 2010, n. 14068, Rv. 613576-01), sicchè non fa eccezione a tale principio neppure la fattispecie di cui all’art. 141 cod. assicurazioni, come conferma il fatto, ben evidenziato dalla sentenza impugnata, che la norma fa comunque “salva l’ipotesi del caso fortuito”, a dimostrazione che essa non ha inteso prevedere un modello “stocastico” di imputazione della responsabilità;

– che, pertanto, la sentenza impugnata non ha errato nell’escludere l’applicazione dell’art. 141 cod. assicurazione, in difetto di prova del nesso causale tra trasporto ed evento dannoso, attribuendo rilievo, in tal senso, all’accertamento fattuale operato dal Tribunale (sebbene vi abbia ricollegato conseguenza giuridiche opposte rispetto a quelle tratte dal primo giudice), concludendo nel senso che la trasportata “è evidentemente inciampata – ossia ha perso l’equilibrio – scendendo dall’auto”;

– che, d’altra parte, neppure fondato è il secondo motivo di ricorso che tende a mettere in discussione proprio tale accertamento, sulla scorta delle risultanze delle dichiarazioni rese dal conducente/vettore, sia in sede stragiudiziale, sia, soprattutto, nella prova per interpello, nonchè delle risultanze dell’espletata CTU;

– che le censure formulate con tale motivo, sebbene ammissibili, non sono però fondate;

– che quanto alle dichiarazioni rese dal P. in sede stragiudiziale, ed alla loro efficacia verso l’assicuratore per la “RCA”, deve darsi seguito al principio ripetutamente enunciato da questa Corte – sulla scorta di un arresto delle Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un., cent. 5 maggio 2006, n. 10311, Rv. 588600-01) – secondo cui la dichiarazione confessoria “resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, in applicazione dell’art. 2733 c.c., comma 3” (da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 14 ottobre 2019, n. 25770, Rv. 655374-01);

– che quanto, invece, alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale, deve qui ribadirsi che “in caso di litisconsorzio necessario, la confessione se può avere rilevanza nei confronti di chi l’abbia effettuata e di chi l’abbia provocata, non può acquistare valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione in ordine a situazioni giuridiche, che fanno capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale” (Cass. Sez. 2, sent. 10 gennaio 1972, n. 65, Rv. 355755-01);

– che, dunque, ai fini della decisione sull’azione ex art. 141 cod. assicurazioni, bene ha fatto la Corte territoriale ad apprezzare liberamente le dichiarazioni rese, in sede stragiudiziale come giudiziale, dal P.;

– che, d’altra parte, non fondata è anche la censura che imputa alla Corte territoriale il mancato esame delle risultanze della consulenza medico-legale;

– che, difatti, se tale omissione, astrattamente, integra “un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 7 settembre 2020, n. 18598, Rv. 659088-01; in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3, sent. 31 maggio 2018, n. 13770, Rv. 649151-01; Cass. Sez. 3, sent. 29 maggio 2018, n. 13399, R.V. 649038-01), nondimeno, la possibilità di ravvisare tale vizio resta subordinata alla necessità che l’omissione investa un fatto “decisivo”, ovvero, “idoneo a determinare un esito diverso della controversia” (cfr. Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 646308-01; Cass. Sez. Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16703, Rv. 649316-01; Cass. Sez. 2, ord. 28 ottobre 2018, n. 27415, Rv. 651028-01);

– che, nella specie, è proprio il requisito della “decisività”, nel senso appena chiarito, quello che manca, giacchè, nella stessa prospettazione della ricorrente, la relazione tecnica avrebbe “espresso un giudizio positivo sulla sussistenza del nesso di causalità tra le lesioni lamentate ed il sinistro”, ovvero, tra l’evento dannoso e le conseguenze risarcibili, senza, però, nulla riferire sulla eziologia del primo;

– che in relazione, infine, ai motivi terzo e quarto di impugnazione è intervenuta rinuncia, da parte del difensore della ricorrente, nella memoria depositata ex art. 380-bis c.p.c.;

– che, pertanto, si reputa di dover dare seguito al principio -sebbene non del tutto univoco, nella giurisprudenza di questa Corte -secondo cui la “rinuncia ad uno o più motivi di ricorso, che rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure, è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. per la rinuncia al ricorso” (da ultimo, Cass. Sez. 1, sent. 3 novembre 2016, n. 22269, Rv. 642643-01; Cass. Sez. 1, sent. 9 giugno 2011, n. 12638, Rv. 618314-01; Cass. Sez. 5, sent. 15 maggio 2006, n. 11154; Rv. 590029-01);

– che il ricorso va, dunque, rigettato;

– che nulla è dovuto quanto alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo rimasto solo intimati la società Unipolsai Assicurazioni e P.U.;

– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello stabilito per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello stabilito per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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