LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26723/2017 proposto da:
SCAUZILLI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato GIANLUCA PESCOLLA.
– ricorrente –
contro
S.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato TERESA DISCENZA.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 179/2017 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 08/08/2017 R.G.N. 151/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/10/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
Che:
1. Il Tribunale di Campobasso ha accolto, con pronuncia del 14.4.2014, la domanda di S.A. il quale, indennizzato dall’INAIL a seguito di infortunio sul lavoro svolto alle dipendenze della Scauzilli srl con la somma di Euro 17.500,00 previo accertamento giudiziale di invalidità al 15%, aveva richiesto al datore di lavoro il risarcimento del danno differenziale, a tal fine deducendo di essere stato dichiarato inidoneo, a seguito di prolungata malattia, a proseguire l’attività lavorativa sin lì svolta e di essere stato licenziato per superamento del periodo di comporto. Lo stesso Tribunale ha determinato in complessivi Euro 78.934,00 la liquidazione del danno biologico patito dallo S. in ragione della lesione alla salute (quantificata dal CTU nella misura del 22%) precisando che da detto importo avrebbe dovuto essere detratto l’indennizzo già erogato dall’INAIL e che la parte residua avrebbe dovuto essere devalutata sino alla data dell’infortunio (*****) per poi essere annualmente rivalutata ex art. 151 disp. att. c.p.c., oltre ulteriori accessori.
2. La Corte di appello di Campobasso, con la sentenza n. 179 del 2017, ha rigettato il gravame proposto dalla società, considerando corretta la rilevata responsabilità dell’infortunio in capo alla Scauzilli srl e ritenendo conforme ai principi di legittimità, affermatisi in materia, sia la individuazione, da parte del primo giudice, della nozione di danno differenziale e del suo ambito applicativo, sia la sua determinazione.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la Scauzilli srl affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso S.A..
4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.
5. La società ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la società denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2043,2087,2946 e 2947 c.c., per avere la impugnata sentenza qualificato l’azione risarcitoria proposta dallo S. quale domanda di risarcimento del danno per illecito contrattuale e non già, come invece sarebbe dovuto avvenire in base alla prospettazione del ricorrente nel proprio atto introduttivo ex art. 414 c.p.c., quale domanda di risarcimento per responsabilità extracontrattuale, con ogni conseguenza in tema di errata determinazione del termine di prescrizione per la proposizione dell’azione e di ripartizione dell’onere della prova.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2087 c.c., per avere erroneamente la sentenza, attraverso la accertata ricostruzione dei fatti, addossato ad essa società il rischio elettivo cui si era esposto il lavoratore, ponendo in essere una azione contraria alle disposizioni aziendali ricevute e priva di ogni senso per la esecuzione delle proprie mansioni.
4. Con il terzo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, della violazione dell’art. 112 c.p.c. e della nullità della sentenza per avere questa omesso di pronunciarsi sul motivo specifico di appello con il quale essa appellante aveva rilevato che il giudice di primo grado ebbe a riconoscere allo S. una tutela maggiore di quella richiesta.
5. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 Cost. e del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, nonchè la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 1, 4, 10 e 38 e la violazione e falsa applicazione dell’art. 1882 c.c., per erronea applicazione dell’istituto del danno differenziale, che secondo la tesi della società, poteva coprire solo i pregiudizi non indennizzabili dall’INAIL e non già quelli indennizzabili ma materialmente non erogati in quanto il lavoratore aveva accettato una determinata percentuale di invalidità permanente nel proprio rapporto con l’Istituto.
6. Con il quinto motivo la società lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 2056 c.c., per averle la sentenza impugnata accollato l’onere risarcitorio per danni alla salute del lavoratore che erano indipendenti e precedenti l’infortunio sul lavoro.
7. Il primo motivo è infondato.
8. L’interpretazione della domanda giudiziale, consistendo in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legittimità e, pertanto, la Corte di Cassazione è abilitata allo espletamento di verifiche dirette al riguardo soltanto allorchè il giudice di merito abbia omesso l’indagine interpretativa della domanda stessa, ma non se l’abbia compiuta ed abbia motivatamente espresso il suo convincimento in ordine all’esito della indagine (Cass. n. 5876 del 2011; Cass. n. 17109 del 2009).
9. Nel caso in esame, la Corte di merito – conformemente al giudice di primo grado – ha ritenuto, sulla base del petitum e della causa petendi prospettati nell’atto introduttivo, con motivazione logica e congrua, che la pretesa del ricorrente – che aveva già avuto un riconoscimento giudiziale di invalidità del 15% – era finalizzata ad ottenere, nei confronti di parte datoriale, il pagamento del danno ulteriore rispetto a quello coperto dall’INAIL e, perciò, differenziale.
10. E nei suddetti termini si è articolato, poi, il giudizio di primo grado ove era stata dedotta la responsabilità contrattuale del datore di lavoro per la violazione di norme antinfortunistiche in ordine alla omessa informazione del lavoratore e alla omessa predisposizione di sistemi di sicurezza per la tutela delle condizioni di lavoro del dipendente: omissioni per le quali il legale rappresentante della società era stato sottoposto anche a procedimento penale.
11. Correttamente, quindi, sia l’eccezione di prescrizione che l’onere della prova sono stati modulati in relazione alla norma di cui all’art. 2087 c.c., ritenendo, da un lato, l’applicazione del termine prescrizionale decennale e, dall’altro, la necessità che il datore di lavoro – a fronte degli oneri incombenti sul lavoratore circa l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, la sussistenza del danno e del nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione – provi la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di avere adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.
12. Il secondo motivo è parimenti infondato.
13. Invero, le denunciate violazioni di legge sono insussistenti in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici ella fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. n. 16038 del 2013, Cass. n. 3010 del 2012).
14. In realtà, il motivo scrutinato è inteso essenzialmente alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e alla contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito (Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6288 del 2011).
15. E ciò per la corretta ed esauriente argomentazione, senza alcun vizio logico nel ragionamento decisorio, delle ragioni con cui è stato escluso che la condotta del lavoratore (che si era collocato sotto il nastro trasportatore aiutandosi con una pala nel riempimento/pulizia di una cassaforma per manufatto in calcestruzzo (stampo) e, prima ancora, aveva regolato al “limite” il perno di registrazione del nastro suddetto) fosse totalmente avulsa dal procedimento lavorativo, contesto dell’infortunio, e fosse caratterizzata dall’esecuzione di atti abnormi solo in presenza dei quali avrebbe potuto dirsi interrotto il nesso causale tra obblighi e condotta datoriale, da un lato, ed evento infortunistico, dall’altro.
16. Il terzo motivo è, invece, meritevole di accoglimento.
17. Si ha omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., quando l’omesso esame concerne direttamente una domanda o una eccezione introdotta in causa e, quindi, nel caso di motivo di appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda di appello” (Cass. n. 25761 del 2014; Cass. n. 1539 del 2018).
18. Nel caso di specie, dalla piana lettura dell’atto di appello, riportato testualmente – nella parte che rileva – nel ricorso per cassazione, risulta che la società aveva formulato anche censure su un dedotto vizio di ultra-petizione, in cui sarebbe incorso il Tribunale, per avere riconosciuto al lavoratore una invalidità del 22%, mai richiesta, così ammettendo titoli risarcitori di importi che non costituivano oggetto della originaria pretesa, fondata su una dedotta invalidità del 15%.
19. Tale doglianza, pacificamente, non è stata esaminata dai giudici di seconde cure (e di ciò ne dà atto anche il controricorrente allorquando afferma che il vizio era talmente infondato che la Corte di merito aveva ritenuto opportuno “soprassedere”) e ciò comporta, pertanto, l’erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto di non esaminare la censura formulata in appello, che costituiva, invece, oggetto del gravame.
20. Il motivo deve essere, pertanto, accolto e la trattazione del quarto e quinto motivo, logicamente connessi ad esso, resta assorbita.
21. La sentenza va cassata, quindi, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Campobasso che procederà all’esame della doglianza omessa e alle eventuali conseguenti determinazioni, provvedendo, altresì, alla statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, rigettati il primo ed il secondo ed assorbiti il quarto ed il quinto. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Campobasso, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 27 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021
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